Attualità

Gianni Mura ha finito i suoi racconti

di Sandro Vitiello

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Era un grande giornalista sportivo, uno bravo, capace di trovare gli aggettivi giusti per raccontare l’essenza di una partita di calcio, di una tappa del Tour de France.

Gianni Mura aveva una memoria straordinaria, ricordava i dettagli di un evento, ricordava le persone; soprattutto le più umili.
Si ricordava dei gregari, di quelli che corrono e faticano più degli altri per portare al successo la squadra.

Era nato in Brianza, figlio del mitico Antonino Mura, maresciallo dei carabinieri di Cesano Maderno; il Maigret della Brianza.  Origini sarde.

Nella primavera dell’84 con mia moglie e due amici abbiamo aperto un ristorante a Seveso: l’Osteria delle Bocce.
Dopo un po’ di tempo venne a farci visita.
Era una domenica, era passato a prendere a casa la sua anziana madre e, insieme alla moglie, era venuto a pranzo da noi.
Non eravamo tanto bravi, eravamo all’inizio. Parlammo a lungo.
Perché lui e la moglie erano, già all’epoca, dalle pagine di Repubblica, un punto di riferimento nel mondo della critica gastronomica.
Gianni Mura era anche questo.

Il più bravo nel raccontare il ciclismo e il calcio, ma altrettanto bravo nell’apprezzare il lavoro di chi vuole far conoscere i piaceri della vita attraverso un buon piatto o attraverso il lavoro di chi produce specialità alimentari. E all’epoca erano pochi quelli che raccontavano con passione e competenza il cibo e il vino.

C’era Luigi Veronelli, il più bravo, un maestro in tutti i sensi.
Poi sono arrivati gli altri, ma senza Veronelli la storia sarebbe stata scritta in tutt’altro modo.
Poi sarebbe arrivato Carlo Petrini con lo Slow Food e intanto noi, ognuno alla sua maniera, partecipavamo a scrivere una bella storia.

Gianni Mura era attento e capiva gli sforzi che c’erano dietro al lavoro di un cuoco, di un corridore, di un portapalla. Lui è stato il figlio, in forma d’arte, di Giovanni Brera, il maestro per eccellenza del calcio raccontato.
Era gente della razza di Nereo Rocco, il mitico allenatore del Milan, in cui i grandi ragionamenti e le tattiche raffinate camminavano comunque sulle gambe di uomini, a volte molto semplici.
Gianni Mura è figlio e maestro di quella stagione felice.
Perché lui non era solo quello.
Lui denunciava con forza tutte le forme di razzismo che c’erano nello sport. Era presidente della giuria del premio “L’altropallone” assegnato per meriti benefici. Era tante altre cose Gianni Mura.

L’abbiamo rivisto altre volte ai tavoli di quel ristorante che non c’è più.

Eravamo diventati bravi e i ragionamenti che facevamo viaggiavano sulla stessa lunghezza d’onda.
La grande cucina è la semplicità che è difficile a farsi.

E un po’ di nostalgia arriva.

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