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Giorno dopo giorno

di Francesco De Luca

 

Sollievo
Ponza è il paradiso, lo abbiamo letto su questo Sito. L’espressione, per me eccessiva, lo devo ammettere ha una sua motivazione. O meglio, voglio credere ce l’abbia. E allora…?
Allora, da questa terra nel mare gettata, un motivo di sollievo, almeno quello, può essere inviato.
Una amena lettura e un canto….
In alto i cuori.

***

Giorno dopo giorno si allarga e si infittisce il giallo della  ‘ginestra ponziana’ (Genista thyrrena). Sta coprendo monte Pagliaro e la collina che, a Frontone, scende dal Campo Inglese fino al mare. Sono i declivi che ogni giorno mi si propongono alla vista. Ma anche gli altri clivi stanno seguendo lo stesso andamento. ‘I uastaccette’ in anticipo, come tutto il ciclo naturale pressato dalla temperatura mite, stanno fiorendo.

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E il giallo prevale sul verde, lo irretisce fino ad annullarlo. Quel giallo timido, attutito, che diventa evidente soltanto perché spazia per il dorso dell’intera collina.
Nel mare, l’aspra terra dell’isola, in questo periodo dell’anno in cui il soffio rigeneratore della natura mostra la sua vitalità in modo appariscente e vivido, diviene invitante, ospitale, appagante.
Rinnovano le piante il vestito e il vento soffia tenue e le onde paiono prive di ardore. Gli  animi degli isolani sono quieti.

Gli isolani indulgono ai lavori quotidiani con fare sereno, sicuri che la loro fatica riceverà premi dalla terra, curata dalla loro accortezza.
‘I uastaccette’  in fiore sono preludio all’insediamento corposo della primavera.

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E’ ’na zevencola”  – commenta a denti stretti Filippo. Guarda torvo la figura fluttuante di una ragazza che gli passa accanto e si dirige verso una casa. Dalla stradina bisogna prendere le scale e salire. Chi ci abita in quella casa ? Con dispetto Filippo risponde: “ci abita un tale da poco stabilitosi a Ponza”. Ha l’aspetto di un uomo di mare, di quelli che  trascorrono su una barca molto tempo. Vestito senza fronzoli, poche parole, modi sbrigativi.

La ragazza ha passo sicuro, la veste sottile si agita, le gambe bianche si mostrano. “Che ci va a fare ?”  – commenta Filippo. Lui, un isolano scorbutico per la solitudine, con un carattere pettegolo.
“Ma cosa importa a te ?”
“A me niente… mi dispiace per lei… che sta sulla bocca di tutti… farebbe bene a non frequentare quell’estraneo”.

Che sia un estraneo è risaputo. Sull’isola ci si conosce e se un uomo s’affitta una casa e vi soggiorna diviene oggetto di accurata indagine da tutta la contrada. L’uomo poi è taciturno e riservato, il che accentua la curiosità. Su una piccola isola la fantasia corre come il vento. Cerca un appiglio dove posarsi e qualsiasi novità la alimenta. Si chiama Ettore. Lo ha rivelato l’operatrice del presidio medico. L’uomo vi è dovuto ricorrere per un leggero malanno. Soffre di pressione alta ed al Pronto Soccorso lo hanno tenuto sotto osservazione. In quell’intervallo ha scambiato chiacchiere con gli infermieri. Ma è stata la signora della Ricezione a divulgare le notizie. E’ Lucia che gestisce l’Ufficio pratiche. Troppo ghiotta l’occasione per arricchire il bagaglio delle informazioni non isolane.

Si chiama Ettore, l’ho già detto, ed è uno di quegli uomini che si votano alla vita sul mare. In modo istintivo… per puro piacere. Girovagare per i mari con la propria barca.

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Un cutter, ancorato nella baia di fronte alla ‘marinella dei morti’, nove metri, bianco, con motore e vele. Cosa facesse nella vita civile non era stato scoperto. Ponza sarebbe stato un approdo temporaneo, dopo altri di analoga natura. Aveva dimorato in un’isola greca e, precedentemente, in una della Dalmazia. In cerca di qualcosa che, forse, dà il mare: i compagni che vi si incontrano, le sfide, la solitudine. Il mare suscita diverse bramosie e tacita le angosce. Con l’impegno che richiede attutisce i patemi d’animo. La vita in mare è totalizzante, non lascia spazio che alle sue incombenze. Sono le onde, l’attracco, l’approvvigionamento, ora il tragitto… in un continuo movimento fisico e mentale. Si vive in una dimensione mobile in cui tutto fluttua e l’animo come la mente stentano a stabilizzarsi sulla mobilità. Nulla di più fittizio e insicuro. Nell’assoluta mobilità fisica l’animo non ha l’agio di posarsi a riflettere. Ogni pena viene sottomessa e annullata da ciò che i sensi affermano nell’istante. I dolori mentali sono cassati dall’ansia di raggiungere un soddisfacimento immediato.

Questi uomini non nascono sulle isole. Vi approdano come fosse una meta ma i tormenti interiori sono sedati non eliminati.

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Ettore non sembrava tormentato, anzi aveva fatto amicizia e sembrava pago di tenere a bada la barca e di vivere la complicità del gioco sociale ponzese. Con una compagnia buontempona, avvicinata nei pub, e poi espansa in rapporti di circostanza. Coi pescatori si intratteneva ad acquistare il cibo del giorno, e così conobbe da chi comprare il vino sopra i Conti, con chi fermarsi a cenare insieme. Di politica diceva di non capirne niente mentre era affascinato dalle manifestazioni religiose popolari. Quasi non si capacitava che si potesse attendere da un volto stampato su carta il sollievo per una tosse, la proroga per il pagamento di una tassa, la pioggia dal cielo. E poi le donne. Le paesane di una certa età le considerava reperti storici e ne rispettava le scelte, i modi, i pensieri. Delle giovani lo interessava la sfrontatezza. Non la bellezza ma la libertà d’espressione. Qualcuna, nei pub sulla banchina Di Fazio l’aveva trovata. Ragazze in attesa che l’età maggiore le avrebbe liberare dalla catena della famiglia.

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Eeeh… Dora ?
E chi è Dora? Dora è la ragazza che ha attirato l’attenzione e i rimproveri di Filippo. Adesso si sta recando nella casa abitata da Ettore.

“Dora è ’na zevengola” – ripete torvo Filippo. Il suo giudizio è incattivito. L’uomo si è chiuso in una gabbia di acidità verso tutti e non c’è verso che ne esca. Se lo facesse darebbe credito a Dora, alla sua volontà di riscatto, al suo coraggio di sfidare i pregiudizi paesani. Ne apprezzerebbe la determinazione.

Ha lasciato la famiglia ed ora vive sola a Ponza mentre la famiglia è a Crystal City. Suo padre abbandonò agli inizi degli anni ’60 il mestiere di pescatore e si trasferì negli U.S.A. dove i cognati gestivano con successo una ditta per i lavori stradali. Dora ha studiato lì, poi, al momento di dover scegliere cosa fare da grande ha lasciato i suoi ed è tornata a Ponza. Qui c’era la nonna. La casa sopra Giancos aveva un terreno intorno, due galline, i conigli. Con i vicini si salutavano ogni mattino e quando la pioggia a vento impediva di uscire si giocava a carte fino al momento di mettere sul fuoco la pentola per il pranzo; e con loro si sparlava di ciò che non sarebbe dovuto succedere eppure era successo. Ammirata quel tanto che rasentava l’invidia, disprezzata fino al limite della pietà. Ogni giorno a rispondere alle incombenze quotidiane in armonia con la terra e con la società. In armonia? Beh, il rione ha cattiverie e bisticci ma non c’è la pressione della competizione, non l’istigazione a misurarti fra quanto occorre e quanto possiedi in banca. Sopra Giancos la serenità si respira col levante.

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Dora lasciò l’affaccendarsi della vita americana e scelse Ponza. Qui la figura della nonna accanto le fu di molto aiuto nell’inserimento. Lei era abituata alla socialità vacanziera dell’estate. Che è piacevole ma non è sincera. Quella è di maniera. La vera comunanza paesana si manifesta nel restante periodo dell’anno. Quando gli isolani non si fingono accoglienti. Dora scoprì l’attesa del sabato e la solitudine della domenica, la giovialità schietta delle feste di rione, le preghiere in comune davanti all’edicola della Madonna del Carmine, la tristezza delle notti piovose.

Con la morte della nonna le venne meno il supporto vitale del vivere sull’isola e dovette guardare in faccia la consistenza della sua persona e la realtà sociale del paese, Si scoprì donna senza pregiudizi e senza legami posticci. Ogni lavoro lo affrontò con decisione fosse quello nei bar, nei ristoranti, come baby sitter o come donna delle pulizie. Con gli occhi dei giovani addosso perché era una bella ragazza, con gli occhi degli uomini addosso perché il mondo paesano è maschilista, con gli occhi dei benpensanti addosso perché per la morale sociale era un soggetto a rischio.

Ma Dora superava le prove con la disinvoltura dell’età e col coraggio di una personalità solida. Non si faceva mancare le critiche ma non rinunciava alla sua libertà.

Aveva avuto la richiesta di Ettore di pulirgli casa e lei con sicurezza vi andava.

http://www.ponzaracconta.it/wp-content/uploads/2020/03/mix-anema-e-core.mp3 [7]

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Nota dell’autore: la canzone Mix Accarezzame è cantata da I Duri, gruppo musicale ponzese dell’altro secolo.