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Quando eravamo giovani…

di Noemi D’Andrea
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“Quando eravamo giovani era diverso”… quante volte abbiamo udito questa frase, ora tocca a noi dirlo, anche se l’età anagrafica di chi pronuncia questa frase si è sensibilmente abbassata.
Mi riferisco a tutti i cambiamenti che Ponza sta subendo negli ultimi anni, tanti e troppo velocemente.

Troppa acredine, troppa falsità, troppa estraneità; ormai esiste poco il tessuto della comunità, le maglie sono slabbrate e larghe, ognuno è rinchiuso nel suo piccolo mondo, più o meno agiato, pieno di falsi valori e di isolamento.
Sembra un mondo in cui ognuno si trincera dentro il proprio guscio, con l’unica preoccupazione di vedere quel che succede e giudicare, parlare, commentare.

Non si tende più la mano a chi è in difficoltà, non esiste più il corretto confronto politico, non esiste più il guardarsi negli occhi ed incrociare qualcosa di umano.
Tutti a rincorrere il benessere economico, con le donne che ostentano l’asciugatrice più costosa, il canetto più prezioso e di razza, con i giovani inebriati non più dal vino ma da chissà quale schifezza, con gli uomini alterati e con gli occhi spenti.
Con le famiglie con i loro drammi non dichiarati e vissuti nelle quattro mura, il tutto circondato da una parvenza di benessere, inesistente.

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Non mi riconosco più in questi giochetti politici di menzogne e truffaldini, di questi rapporti gestiti da un social pieno di insulti.
Non mi ritrovo più nell’estraneità delle persone con cui sono cresciuta.
Non mi ritrovo più nel caos della giostra del villaggio turistico, dove ogni giorno si perde qualcosa, alla ricerca del facile guadagno…la maledetta stagione.
Non mi ritrovo più nei miei amici di infanzia separati da una giunta comunale, se sei con noi bene, altrimenti sei nemico.
Non mi ritrovo più e mi dispiace, eccome se mi dispiace.

E forse non ho neppure il diritto di parlare, vivo altrove, purtroppo, e non sono neppure una ponzese genetica!
Vorrei solo tornare al confronto, il sano, civile, umano confronto.
E vedere per una volta che si alzassero gli occhi da questi maledetti cellulari, per tornare a parlare.