Alongi Riccardo

La ponzorrea

di Riccardo Alongi

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Uno spettro si aggira per l’isola di Ponza: lo spettro della ponzorrea.

Ora, da quanto tempo questa patologia si sia diffusa è difficile a dirsi. L’unico dato certo è che il 75% della popolazione isolana ne è affetta; così tanto diffusa e radicata che non ci si preoccupa più neanche di diagnosticarla, come fosse soltanto tratto distintivo e caratterizzante dell’abitante dell’isola.

Dai primi studi condotti dall’Istituto di Ricerca sulle Malattie del Pensiero-Linguaggio di Viareggio (MPLV), emerge con assoluta certezza che non si tratti di una patologia genetica. Infatti, gli indigeni che vivono sull’isola da diverse generazioni non sono gli unici a esserne affetti. Anche la popolazione non autoctona ne è colpita con una percentuale che aumenta all’aumentare del tempo di permanenza. Questo fa presupporre che la malattia sia legata a qualche agente patogeno presente nell’aria o nel terreno.

Tra i sintomi, quello più facilmente riconoscibile e misurabile, è una spiccata loquacità, continuativa e irrefrenabile, che tende a riempire ogni singolo spazio all’interno di una qualsivoglia conversazione. Se fosse questo l’unico elemento patologico riscontrabile, la ponzorrea sarebbe stata facilmente confusa con una semplice logorrea generalizzata. Tuttavia, altri sintomi riscontrabili hanno portato i ricercatori a escludere che si tratti appunto di logorrea e hanno deciso di coniare un nuovo nome per indicarla, unendo le due parole che più di tutte la caratterizzano: Ponza (luogo della diffusione) e logorrea (primo sintomo evidente).

Altro elemento discretizzante della malattia è la totale incapacità all’ascolto. Infatti, quando si prova a dialogare con chi è affetto da ponzorrea, è possibile osservare il processo che porta il soggetto a uno stato di catalessi o meglio di trance. Nel momento in cui si cerca di parlare al soggetto “ponzorroico” accadono alcune cose: lo sguardo del soggetto si alza leggermente verso l’alto, un leggero velo lattiginoso appare sulle pupille e l’iride si dilata; la bocca si dischiude e i muscoli della schiena si rilassano. A questo punto il soggetto non è più in grado di accogliere stimoli esterni. All’interrompersi dell’interlocuzione, il soggetto si ridesta e riprende la verbosità con la stessa veemenza iniziale. Niente di quello che l’interlocutore ha detto è stato ascoltato.

In alcuni casi, reazioni simili si notano anche durante la visione, da parte del soggetto, di un film o di programmi televisivi di approfondimento. Nei casi estremi, alla vista di un libro, il soggetto ha l’irrefrenabile istinto di accendere un fuoco per fare una brace e di utilizzare il libro stesso come innesco. Con un po’ d’ironia, per sdrammatizzare l’argomento fin troppo serio, potremmo dire che “a Ponza con la cultura si mangia eccome!”.

È palese che la relazione tra i primi due sintomi scateni nel soggetto colpito da ponzorrea una concatenazione di effetti che colpiscono sia la sfera cognitiva e del comportamento, sia le dinamiche sociali della vita quotidiana della comunità stessa.

Se nato e cresciuto sull’isola, il soggetto sviluppa normalmente le proprie capacità di ascolto, elaborazione e pensiero critico fino al momento del contagio, che avviene mediamente tra i 14 e i 17 anni. Tuttavia, nel 95% dei casi, i componenti della sua sfera relazionale sono già affetti da ponzorrea. Si ha, dunque, una stagnazione del linguaggio e di contenuti che influisce sul pensiero, generando un loop, un circolo vizioso info-cognitivo che inficia le capacità di giudizio e genera confusione tra realtà e narrazione.

Per esempio, il soggetto è convinto che sia possibile suddividere la popolazione ponzese per razze, che la luna abbia effetti su agricoltura e procreazione umana, che il centro del mondo (dove tutto ha un inizio e una fine) sia Ponza stessa, che tutti quelli che dissentono fanno parte della grande e variegata categoria dei “comunisti-ambientalisti-ricchioni”.

Il soggetto che approda sull’isola in età matura ha un’alta probabilità di contrarre la ponzorrea nei primi tre anni di soggiorno. Il primo stadio del contagio è caratterizzato da mutismo e senso di straniamento. Il ponzorroico forestiero inizia dunque ad acquisire la capacità di non-ascolto e pone le basi per la costruzione dello stato di trance auto indotto.

Contestualmente, sottoposto a costante logorrea generalizzata, inizia a sviluppare pensieri violenti e rancorosi assumendo atteggiamenti antidemocratici. Nella sua mente inizia a farsi largo l’idea della reale esistenza delle razze e della necessità di strumenti coercitivi per un ritorno allo stadio precedente in cui la sua “razza” era chiaramente quella egemone. Solo dopo la completa maturazione dello stadio sopra descritto, si manifesta la logorrea e quindi la completa maturazione della malattia.

A livello sociale e di vita comunitaria, la ponzorrea ha ripercussioni ancora più gravi.

La logorrea generalizzata investe con forza dirompente le dinamiche sociali e lo scambio di informazioni tra i membri della comunità. Quelle che potrebbero essere semplici conversazioni, assumono connotati grotteschi vedendo alternarsi stadi catatonici a esplosioni gutturali e di gesticolazione schizofrenica. Lasciamo libero il lettore di immaginare cosa accade nel caso di raggruppamenti di più soggetti. Per chi invece volesse approfondire gli effetti della ponzorrea sulla sfera religiosa si consiglia la lettura di Gustavi (2015) che ha condotto una ricerca rigorosa prendendo come caso studio il campanaro della chiesa di Le Forna.

L’attitudine al non-ascolto aumenta l’isolamento della popolazione, già marginalizzata territorialmente. L’inconsapevole rifiuto di qualsivoglia innovazione scientifica e culturale porta la popolazione locale a considerare vere soltanto le informazioni acquisite in tenera età, tramandate dalle generazioni precedenti, contribuendo alla costruzione del “culto dei vecchi”, unici e soli detentori del sapere. Ovvie sono le ripercussioni di questo atteggiamento sulle attività e sulle tecniche produttive e, di conseguenza, sull’organizzazione del lavoro.

Fortunatamente, il MPLV ha individuato alcune zone franche sull’isola dove la malattia sembra non attecchire. Le scuole sembrano essere immuni dalla ponzorrea. Inoltre, sui soggetti ponzorroici che le frequentano, è stata riscontrata la regressione della malattia. L’istituto di ricerca ha anche individuato alcuni soggetti che, attraverso attività come il teatro e la partecipazione alla banda musicale hanno avuto discreti miglioramenti.
Da queste ultime osservazioni è arrivata l’intuizione!

Lo studio e l’impegno in una qualsiasi attività artistica sembrano essere l’unica cura contro il male che affligge l’isola di Ponza. IL MPVL si sta adoperando per convincere le istituzioni a costruire relazioni più strette con il mondo della scuola e del terzo settore che si occupa di cultura e arte. Tiepide, ad oggi, sembrano essere le reazioni. Tuttavia, i ricercatori restano fiduciosi.

Ponzesi di razza e forestieri! quindi non preoccupatevi. Se notate i sintomi della Ponzorrea su di voi o su chi vi sta vicino, leggete un libro, guardate un film, ascoltate un po’ di musica, suonate uno strumento, dipingete o scolpite. Insomma, aprite una finestra sul mondo. Ricordate che “l’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita” ma ricordate anche che “vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire”.

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Nota della Redazione
Riccardo Alongi vive da 2 anni a Ponza. Con questo articolo inizia la sua collaborazione con Ponzaracconta

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Nota dell’Autore
Ogni riferimento a cose, fatti o persone è puramente casuale. Questo articolo è frutto della mia immaginazione. La ponzorrea non esiste. l’Istituto di Ricerca sulle Malattie del Pensiero-Linguaggio di Viareggio non esiste come non esiste Gustavi. Forse, da quando abito su quest’isola, non esisto neanche io…

Spero sia chiaro ai lettori che questo è un testo ironico, per niente sarcastico. Nessuno si offenda perché non è mia intenzione. Credo che l’ironia abbia una forza performativa straordinaria, capace di generare nuovi significati e tracciare percorsi creativi per la soluzione dei conflitti, interiori e non. Un sorriso è meglio di una smorfia, sempre.
I più attenti avranno avuto l’impressione di aver già letto da qualche parte la prima e l’ultima frase di questo pezzo.

La prima è l’introduzione del “Manifesto del partito comunista”. Ho sostituito la parola Europa con la parola Ponza e comunismo con ponzorrea. Io non sono comunista e l’inizio non è un omaggio al manifesto di Marx. Tuttavia, è innegabile che io appartenga a quella eterogenea categoria di “comunisti-ambientalisti-ricchioni” che vivono sull’isola, assopita e forse anche trincerata in una postura paternalista ed elitaria, che rimugina troppo nel passato e guarda troppo poco al futuro. Al passato ci pensano i conservatori.
La seconda è la frase (di ignota attribuzione) che leggo ogni volta che guardo l’ingresso del teatro della mia città. Credo non abbia bisogno di alcun commento.

1 Comment

1 Comment

  1. silverio lamonica1

    24 Febbraio 2020 at 21:03

    Mi sono divertito un sacco a leggere il simpatico articolo “Ponzorrea”, ossia la logorrea ponzese e mi complimento con l’autore, anche per aver creato un neologismo davvero niente male.
    Ma l’amico Alongi più che all’ironia, ha fatto ricorso ad una forma molto più sottile di figura retorica. Più precisamente all’ANTIFRASI. Cioè ha descritto noi ponzesi come estremamente “loquaci”, quando siamo l’opposto, terribilmente laconici. Io stesso lo sono. L’amico Franco de Luca lo è, basta leggere i nostri scritti molto succinti e stringati.
    “Siate brevi, concisi e compendiosi”, così i nostri insegnanti (anni ’50 del secolo scorso) ci esortavano, quando frequentavamo le allora elementari e medie inferiori.
    Ma “di poche parole” sono anche i bravissimi pescatori e contadini ponzesi che hanno frequentato solo la scuola dell’obbligo. Oddio, quando si parla di caccia e pesca il dialogo si arricchisce un tantino, perché si fa a gara a chi le spara più grosse. Ma poi ciascuno si rintana nella sua riservatezza.
    Non parliamo poi del periodo estivo, specie a Pasqua e poi dal primo giugno al 30 settembre. E chi ce l’ha il tempo di chiacchierare! Siamo tutti affaccendati appresso ai turisti, per rendere il loro soggiorno il più piacevole possibile; quando ci incontriamo per strada, tutti trafelati – SEMPRE – ci facciamo appena un cenno con la mano, se abbiamo tempo, altro che chiacchierare! L’estate è breve e vige il motto atavico: “accà i pezze e accà ‘u sapone”, per dire sbrighiamoci a compiere l’opera, ché il tempo è danaro.
    Ma io credo che l’amico Riccardo abbia voluto sottolineare proprio questo aspetto del ponzese: poche parole ma fatti, anche se ciò è generalmente limitato alla sfera privata (e questo è un nostro grave limite).
    P.S. – Per chi si vuole documentare sul termine “antifrasi” segnalo il sito https://it.wikipedia.org/wiki/Antifrasi

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