Ambiente e Natura

Cuncetta ‘a tiramole e i draghetti

di Rita Bosso

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È una bella giornata di sole, sarebbe un peccato starsene in casa a filare la lana; tanto più che le case abbascio i banchine – tre stanzoni infilati uno dietro l’altro e due sole aperture, una sulla strada e l’altra dietro al Cantinone – sono fredde e umide, con alti soffitti a volta, e nessun braciere riesce a tenerle calde.

La casa di Cuncetta è la quinta da destra.
Cuncetta prende il fuso, varca la soglia e va ad occupare il suo posto al sole.
Mentre fila, tiene d’occhio la barca con cui lei e il marito Pasquale raggiungono ogni giorno Cala Inferno. I fornesi che hanno bisogno di andare al Porto per spicciare i loro affari – in Comune, alla pretura, alla posta, i negozi – preferiscono arrivarci via mare anziché attraverso la strada sterrata; i Borbone l’avevano previsto quando avviarono il ripopolamento della parte settentrionale dell’isola nel 1772, pertanto fecero scavare una scalinata nella roccia che collegava il centro del borgo al mare. Scrive in proposito Giuseppe Tricoli in Monografia delle isole Ponziane:

A comunicare con l’altro abitato, si tracciò la comoda strada, mentre per via di mare in circa due miglia, si intagliò la scalinata spaziosa a Caladinferno di 350 scaloni a partire da quella sorgiva per montare sul colle.

Ogni giorno, se il mare è calmo, i fornesi scendono a Cala Inferno e salgono sulla barca di Cuncetta e Pascale oppure su quella di Civitella e del marito Veruccio palla ‘i cannone; sono tutti abili e robusti rematori. Giunti al Porto, ormeggiano a una delle bitte in pietra, sostano per alcune ore mentre i loro clienti svolgono le commissioni, poi fanno ritorno a Cala Inferno. Due viaggi di andata e due di ritorno a remi, su gozzi carichi di passeggeri e di merce: Cuncetta, come si vede dalla foto, è un pezzo di donna, energica e ben piantata.

Cuncetta è originaria di Le Forna, figlia di un coatto calabrese che, scontata la pena, sposò una donna fornese e si stabilì nella contrada; si guadagnava da vivere facendo il cavadenti, ‘u tiramòla.
Cuncetta un cognome ce l’ha – Misiano – ma per tutti è Cuncetta ‘a tiramòla.
Tra una remata e l’altra si riposa filando la lana, ignara dell’obiettivo che la sta inquadrando.
Il fotografo, anonimo, gioca magnificamente col bianco e nero.
Giovanni Pacifico va a scavare queste chicche e le mette in rete.
Genoveffa D’Atri racconta con precisione e generosità, come sempre.
Il Porto si conferma come luogo magico, e non certo per via del recente annuncio di un attacco di draghetti.

 

 

2 Comments

2 Comments

  1. Sandro Vitiello

    11 Febbraio 2020 at 21:43

    Bella la storia di Concetta.
    C’è un dettaglio che ho sentito in qualche occasione.
    Qualcuno tra i passeggeri della barca che portava da Cala Inferno al porto poteva dare una mano remando.
    Il costo della sua corsa era dimezzato.
    Ps: la signora nella foto sulle scale di Cala Inferno è mia moglie Luciana; estate 1980.

  2. Rosanna Conte

    11 Febbraio 2020 at 22:03

    Forse è il caso di renderla ancora più romantica? Concetta Misiano conviveva col suo amato Pasquale che di cognome faceva Soreca e veniva da Mondragone dove era nato nel 1874. Nel 1918 decise di venire a vendere la frutta a Ponza. Si “divise bonariamente” con la moglie e iniziò a vivere con Concetta. Diciamo che si inserì molto bene perché, come tutti i ponzesi, non si adagiò su un unico lavoro in quanto faceva anche il calzolaio nella bottega che aveva giù alle banchine. E’ probabile che gli restasse tempo libero per aiutare la moglie a “draghettare”.

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