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I modi e i tempi della scuola: le preposizioni (2)

di Pasquale Scarpati

Per la prima parte, leggi qui [1]

Si rimane insegnanti… come quella massima latina: Semel abas, sempre abas – “prete una volta, prete per sempre”, che ho sentito applicare anche ai medici, anche a quelli in pensione… Si rimane insegnanti per sempre.
Questo pensavo, quando un giorno vidi il mio nipotino alle prese con lo studio delle preposizioni.

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La “battaglia” della preposizioni
Quando ebbe finito, gli chiesi: – Vuoi sentire una storiella su alcune di quelle “cosucce” che hai studiato?
Essendo un curiosone, lui subito acconsentì.
– Devi sapere innanzitutto che esiste una parola nata tantissimi anni fa e che ancora oggi si usa: democrazia.
Poiché lui sa che esistono altre parole nate da tantissimo tempo, subito mi chiese cosa volesse dire.
– Vuol dire potere del popolo ed anche per il popolo.
– Potere del popolo – continuai – quando tutti noi andiamo a votare per chi pensiamo sia il migliore che ci possa rappresentare. Potere per il popolo quando colui che viene eletto, si prodiga per risolvere, nel migliore dei modi possibili, i problemi di tutti i cittadini anche di quelli che non lo volevano come proprio rappresentante.
– Devi sapere – aggiunsi – che certe volte le due preposizioni vanno a braccetto, si amano appassionatamente, si confondono quasi come se fosse una sola”.
Tacqui. Lui, stimolato nella sua curiosità, chiese: – Quando succede questo?
Risposi: – Quando si è all’opposizione di chi governa in quel momento e soprattutto durante la campagna elettorale. Sapessi tu come si vogliono bene! Sembrano indissolubilmente legate, avvinghiate, attaccate da una colla portentosa.
– E poi? – incalzò.
– Una volta, però, che il rappresentante ha raggiunto le famose “leve del comando” accade spesso che una delle due preposizioni sparisce”.
– Quale? – chiese.
– Il per – risposi.
– Perché succede questo?
– Perché la preposizione del agisce come i piccoli dei cuculi i quali, pur essendo abusivi nel nido, buttano fuori dal nido gli altri uccellini per potere essere soltanto loro imbeccati. Così la preposizione del dà un bel calcione al per e la fa sparire. Se qualcuno le chiede il perché di questa vile azione, risponde che lei – il del -, non è una preposizione semplice ma articolata e che quindi ha maggiori diritti rispetto all’altra”.
– Ma questo non è giusto, nonno!
– Lo so – dissi – A volte succede che qualche del, forse presa da rimorso, prende uno strofinaccio e con il pretesto di accarezzare il per, lo strofina con il cloro talmente tanto da farlo sbiadire. Se, poi, qualcuno chiede ragione di questo suo modo di fare, quella risponde che il per è molto sporco ed anche molto stanco. Pertanto deve essere necessariamente ed energicamente lavato e soprattutto deve riposare per almeno cinque anni o prima a seconda dei casi.
Rimase un po’ interdetto.

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– Ti spiego – continuai -: spesso chi governa o amministra tende a dimenticare ciò che aveva sbandierato in precedenza o si adagia e fa molto poco. Adducendo ovviamente mille pretesti. Salvo poi “riesumare o rendere più visibile, lucido, bello e luccicante” il per nella successiva campagna elettorale oppure qualora, nel frattempo, sia transitato all’opposizione oppure in qualche altra solenne occasione.
– A volte – proseguii – accade, però, che non tutti i per accettino queste situazioni. Essi, i per, pretendono il loro posto, non vogliono essere cacciati o sbiaditi, ricordano alla preposizione del i tempi felici della loro unione. Ma quella oppone resistenza per cui può succedere una gran confusione, una gran zuffa, un parapiglia, insomma una… rivoluzione. In tal caso può succedere che arriva “il cattivo”: una preposizione che cammina a passi pesanti, che marcia come un carro armato, che, come un bulldozer, e spazza via tutto.
– Qual è? – chiese con un po’ di timore.
– E’ la preposizione articolata sul. Essa fa sparire sia la preposizione del che la preposizione per, piazzandosi al loro posto con fare imperioso. Come quando un impiegato sbatte con forza un timbro su un documento, così lei si piazza e dice “hic manebimus optime” (qui staremo molto bene) come disse il centurione romano piantando la lancia nel foro distrutto.
Di conseguenza il potere non sarà più né del popolo né per il popolo che, come asserisce “il cattivo”, non sa fa altro che “casino”, ma molto più semplicemente sul popolo…

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Slam… la porta si chiuse violentemente! La sua tensione si sciolse in una risata…

Poi chiese – E le altre?
– La preposizione a corre verso qualcuno o qualcosa, mentre la preposizione da è quella che, certe volte, ama nascondersi perché venendo da qualcuno non vuole farsi notare. In è quella intima perché sta in ognuno di noi e ci invita riflettere. Ma oggi è piuttosto in disuso. Tra e fra si rassomigliano. A loro piace mescolarsi in mezzo alla gente o alle cose. Sono un po’ furbacchione perché a volte si elevano su piedistalli fissi o mobili e ridono o meglio ancora sorridono a destra e a manca anche in modo inespressivo (per finzione); a volte, invece, si celano dando pizzicotti al malcapitato che si trova per caso nelle loro vicinanze.
Un’altra preposizione importante è con. Questa si accompagna a tutti: buoni e purtroppo cattivi. Nel primo caso vuole essere messa ben in evidenza, nel secondo caso cerca di nascondersi. Diviene sorniona: fa finta di niente. Può diventare anche un po’ “ballerina” a seconda delle esigenze: ora sta con una persona, dopo un po’, per sue “incomprensibili” motivazioni, potrebbe andarsene con un’altra. Questo accade in ogni campo. Qualcuno, però, ha detto che, essendo noi “animali” sociali, è giusto che avvenga questo.

Il nipotino sorrise e mi dimostrò che aveva capito molto bene tutto quel che gli avevo spiegato: – Va bene – disse – … finora sono stato con te, ma adesso me ne vado con nonna.
Pensai: – Accidenti, Pasquale… come al solito ti sei dilungato troppo…