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Considerazioni sull’epidemia “cinese”

segnalato da Sandro Russo

 

Nell’elenco (incompleto) delle insidie globali delle ultime settimane, ogni grosso problema appare rimosso alla nostra attenzione dal successivo; così l’emergenza climatica (gli incendi in Australia), l’attentato in Iran (con la minaccia di una terza guerra mondiale); ora l’epidemia cinese da virus, che ancora non sappiamo come evolverà.
Per farsi una ragione e in qualche modo relativizzare gli eventi che quotidianamente ci angosciano, può essere utile leggere l’opinione di Michele Serra dalla sua quotidiana rubrica su la Repubblica.

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 La cinese e la spagnola
di Michele Serra

Per capire a che punto siamo, lungo l’impervio cammino della civilizzazione, proviamo a immaginare gli effetti che avrebbe avuto, nella Cina di cento anni fa, un’epidemia come quella in corso. Quali fossero, in quell’immenso Paese, l’igiene domestica e l’igiene personale; lo stato degli ospedali; le conoscenze mediche e farmacologiche. Lo stesso concetto di “allarme sanitario”, con misure pubbliche severe ed estese, eserciti di addetti mobilitati, città vuote, scuole chiuse, visione globale dell’emergenza (l’Organizzazione mondiale della sanità muove i primi passi nel 1948) era impensabile. E non solo in Cina.

Esattamente cento anni fa la “spagnola” uccise circa il tre per cento dell’umanità. È come se oggi morissero di influenza più di duecento milioni di persone. In Europa vigeva la censura di guerra, le notizie sulla virulenza dell’epidemia circolarono poco. Altro che “allarme sanitario”, altro che telegiornali di tutto il mondo che diffondono il bollettino dei morti e dei contagiati, e gli aggiornamenti sulle cautele da prendere. Le autorità cinesi (espressione di una dittatura) sono più loquaci e collaborative di quanto furono le democrazie europee, che si odiavano l’un l’altra, negli anni Dieci del secolo scorso.

Il Novecento, con le sue guerre e i suoi genocidi, nella sua seconda metà è stato anche il secolo del Progresso, ovvero di un miglioramento delle condizioni di vita mai visto prima, e del Welfare, ovvero della gestione sociale della povertà e della malattia.

La quantità di tutele e di cure che ci paiono naturali, dovute, sono una conquista delle ultime tre o quattro generazioni. Se vogliamo migliorare, non dobbiamo mai dimenticare quanto siamo migliorati.

[Da la Repubblica di oggi, 29 gennaio 2020]

Ma a compensare l’ottimismo di queste pur giuste considerazioni, ecco apparire sui giornali le notizie di episodi di xenofobia e intolleranza, come le offese lanciate su un campo di calcio nei confronti di un giovane giocatore dai lineamenti asiatici in un incontro tra ragazzi (devi morire di virus!) e gli epiteti in treno ad una ricercatrice universitaria cinese (tornatene al tuo paese!).
Altro che rimboccarsi le maniche dal momento che siamo tutti sulla stessa barca!
Pare che la messa a punto di un vaccino – contro il virus e contro gli haters – sia ancora lontana!