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Il faro della Guardia tra vecchi sogni, dura realtà e incerto futuro

di Enzo Di Fazio

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Certo che, quando nel 2012 ci impegnammo nella campagna FAI di quell’anno per proporre il faro della Guardia come Luogo del cuore da recuperare e salvaguardare, non immaginavamo di trovare, agli inizi del 2020, dopo quasi 8 anni, quel faro più disastrato di come l’avevamo conosciuto.
Si ricorderà che il sogno che ci sosteneva, alimentato dall’impegno dei tanti che vi credevano, ci fece raccogliere 31.123 firme portando il faro, a fine campagna, al 6° posto della classifica nazionale, con il risultato successivo di vederlo far parte dei siti da tutelare, selezionati dal FAI.

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All’epoca vivemmo, ma mano che trascorrevano i mesi, momenti di entusiasmo, come quelli legati alla notizia dell’inserimento del faro della Guardia nell’elenco dei 19 luoghi che, sulla base dei criteri di selezione definiti dal FAI, erano da salvare in quanto patrimonio della collettività per il valore storico-culturale e per l’elevato interesse paesaggistico (leggi Il faro della Guardia ce l’ha fatta [3] e Intervento al Faro della Guardia – Il Comunicato della Delegazione FAI di Lt” [4] ) a momenti di sconforto, come quelli legati alla notizia del rifiuto del Ministero della Difesa alla richiesta del Comune di attribuzione del bene a titolo non oneroso per poter meglio gestire la fase successiva (leggi Il NIET del Ministero della Difesa sul faro della Guardia [5] ). La risposta da parte del Ministero, nella circostanza, fu secca e laconica:  Il bene in questione è necessario per lo svolgimento di attività istituzionali del Demanio.
Al rifiuto fece anche seguito, l’intervento di due deputati con un’interpellanza parlamentare che non approdò a nulla (leggi Il Ministero della Difesa non cede il Faro della Guardia. Due deputati chiedono spiegazioni [6] ).

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Nel 2015 un piccolo passo avanti con la richiesta del FAI al Ministero dei beni Culturali di rilascio di una dichiarazione di interesse culturale ai sensi dell’art. 13 della legge 42/2004. Doveva servire per meglio tutelare il faro, ai sensi dell’art. 9 della Costituzione, per il valore storico, artistico e ambientale che gli veniva riconosciuto (leggi C’è una buona notizia per il faro della Guardia [8]).
Alla fine dello stesso 2015 la grande novità messa in piedi dall’Agenzia del Demanio in collaborazione con il Ministero della Difesa e quello dei Beni Culturali: il progetto Valore Paese-Fari
Nell’ambito di tale iniziativa che prevedeva il recupero e la valorizzazione dei numerosi beni demaniali in stato di degrado e di abbandono, ci fu il trasferimento del faro alla Difesa Servizi spa, per il successivo inserimento tra i beni da offrire in concessione, senza alienarli, a privati, istituzioni o società, attraverso degli specifici bandi.
Per il faro, inserito nel secondo bando di Valore Paese-Fari, ci furono, si ricorderà, 4 offerte ma solo tre furono ammesse alla selezione e, alla verifica dei requisiti richiesti dal bando, la scelta cadde sulla New Fari srl, società di Cagliari facente capo all’imprenditore Alessio Raggio già noto per aver magnificamente ristrutturato e fatto rinascere il faro di capo Spartivento (leggi L’assegnazione del faro della Guardia.  Uno sguardo al comunicato dell’Agenzia del Demanio [9]  e Ogni tanto penso al faro della Guardia… [10])

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il Faro della Guardia

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il Faro di Capo Spartivento

Sembrava, per il faro della Guardia, che si stesse per voltare pagina. Quantunque fosse svanita la speranza che diventasse patrimonio di tutti come eravamo abituati a “vederlo” quando era presidiato dai fanalisti sempre ospitali con i visitatori, rimaneva pur sempre la possibilità di una fruizione pubblica, seppure limitata, resa obbligatoria dalle condizioni del bando. Bastevole per sperare nel recupero e nella conservazione di un bene simbolo per la nostra isola, depositario di tanta storia e legato alle vicende di tante famiglie.

Ma, ahimè, la speranza di vedere il faro entrare nella fase della ristrutturazione sta andando via via dileguandosi mentre non si è mai arrestato il degrado né sono mancati gli atti di vandalismo. Come le continue azioni di manomissione al cancello di ferro posto a valle, all’ingresso del tunnel, in una sorta di braccio di ferro con i guardiani che continuamente intervengono per ripararlo.

Conclusosi il bando le notizie che circolano da allora sono solo frammentarie.
Dagli ultimi guardiani, Cristoforo Tagliamonte, andato in pensione lo scorso anno, e Silverio Montella, ultimo eroico fanalista rimasto in servizio, notizie vaghe  di rari incontri con i responsabili della società risultata assegnataria. Eppure – ci dicono –  che da parte di questa c’è una ferma volontà di portare avanti i progetti dichiarati.
Il faro della Guardia si trova in un posto magico ed è difficile rinunciare, per un imprenditore visionario, al sogno che ha coltivato e che l’ha indotto a partecipare ad un bando affrontando tante incognite e mettendo sul piatto della bilancia una congrua offerta.

[13]Cos’è allora che frena l’inizio della ristrutturazione e, forse anche, la firma della concessione? In effetti l’avevamo sempre supposto: i problemi dipendono essenzialmente dai divieti di accesso e dalle difficoltà di messa in sicurezza.
Pare che queste ultime interessino molti tratti del sentiero che si inerpica sul crinale del faraglione e perfino un tratto del piccolo tunnel che si trova poco prima del piazzale del faro.

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C’è una mappatura di tutti i punti su cui intervenire e il problema non è tanto quello di programmare gli interventi quanto quello di avere le necessarie autorizzazioni per farli. La concessione sembra si limiti all’utilizzo del fabbricato mentre per tutto il resto le competenze riguardano più istituzioni: Ministero della Difesa, Agenzia del Demanio, Difesa Servizi, forse anche il Comune.

A questo punto è facile capire da cosa dipenda la situazione di stallo. In un paese fortemente burocratizzato come il nostro far confluire verso una stessa direzione analisi e decisioni, quando a prenderle sono diversi soggetti, non è facile e diventa oltremodo difficile se poi a corredo delle decisioni bisogna aggiungere i finanziamenti, anche se al riguardo la società concessionaria sembra disponile a svolgere la sua parte.

Parlavo più sopra di degrado inarrestabile e di sogni.
I nostri ormai non sono più sogni, sono incubi  e una spinta in tal senso l’ha data il silenzio da tempo del faro, vale a dire il suo mancato funzionamento da oltre un mese, cioè da quando, in seguito ad una rovinosa caduta massi sulla strada che porta al faro, è stata tranciata in più punti la linea elettrica.
Una volta, quando c’erano i fanalisti, c’era il gruppo elettrogeno che entrava in funzione o, alla peggio, in mancanza di questo, c’era il provvidenziale lume a petrolio.
Oggi c’è un fanale di riserva alimentato da pannelli solari e da batterie ma anche queste hanno bisogno di manutenzione e si esauriscono se non c’è la possibilità di raggiungere il faro per troppo tempo come è avvenuto nel mese di dicembre per le pessime condizioni meteo perdurate fino alla vigilia di Natale.
Appresso al faro, mancando qualsiasi tipo di alimentazione, è venuta meno anche la luce intermittente rossa del fanaletto che, incrociandosi con quella fissa dell’altro fanaletto sistemato sul faro della Madonna,  segnala ai naviganti la presenza e il relativo pericolo degli scogli delle Formiche.
La situazione è nota ai Ministeri che hanno la competenza sul faro della Guardia tant’è che sulla specifica pagina del sito della Marina c’è scritto, in corrispondenza del faro, “non funzionante”.

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E’ incredibile che sia passato tanto tempo e che il faro non funzioni ancora.
Silverio, l’ultimo eroico fanalista, è riuscito ad andarci nei giorni scorsi e resosi conto di come stanno le cose, sta cercando di porvi rimedio alla meglio. Con dei nuovi pannelli che, da solo, ha portato su e con delle nuove batterie tenterà, grazie anche alle sue conoscenze tecniche, di riattivare in qualche modo la funzionalità,
Persistendo la mancanza di energia elettrica, si dovrà forse modificare il sistema che mette in movimento la piattaforma rotante con le ottiche, eliminandolo in quanto assorbe troppa corrente. Ciò ovviamente porterà ad un sistema diverso di illuminazione (lampade led) con la riduzione della portata dei raggi luminosi che, ricordiamo, è di 24 miglia marine.

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E ripristinare i cavi elettrici? Impresa ardua, mi dice Silverio. I massi caduti dalla Scarrupata hanno portato via, oltre la linea elettrica, anche un pezzo di strada; non è un lavoro da poco ed è indispensabile farlo in condizioni di sicurezza. Forse più che posizionare dei cavi potrebbe essere utile collocare dei pali di piccole dimensioni per sorreggerli e calarli magari con l’elicottero.

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Tante incognite, tante domande. Chissà se ai Ministeri che hanno la competenza sul faro ci stanno pensando e se se ne stanno ponendo qualcuna.
Magari la soluzione è proprio nel mandare avanti la concessione con la New fari srl che probabilmente avrà previsto nel suo progetto la possibilità di servirsi anche di energia alternativa, qual è quella solare.

Le cose più pericolose, contro cui dobbiamo combattere, sono il silenzio e l’inerzia, condizioni che oggi amplificano maledettamente l’incredibile buio, reale e metaforico, in cui sta sprofondando il faro.