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Cronaca di Capodanno in atmosfera napoletana

di Sandro Russo
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Capodanno a casa di amici (molti di origine napoletana… il gruppo è, per così dire, multietnico). Tutti da svariati decenni trapiantati a Roma, ma forse Napoli, più di altri posti, resta nel cuore.
A parte la festa di fine anno – inizio del nuovo, il tema dell’incontro è stato occasionale: l’editore ha proposto a Renato (Ribaud) la riedizione di un suo vecchio libro su Caruso. Così Renato ha espresso il desiderio di rivedere il film “Il grande Caruso”.

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Detto fatto; procurato il film attraverso l’eccellente rete delle “Biblioteche di Roma”, siamo tutti pronti alle 20 del 31 dicembre per la visione casalinga, in tempo utile per riempire l’attesa della mezzanotte.

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Il grande Caruso (The Great Caruso) è un film del 1951 sulla vita di Enrico Caruso (Napoli 1873 – 1921), diretto da Richard Thorpe; fortemente voluto dalla seconda moglie del cantante, Dorothy, e ispirato ai suoi ricordi.
Dorothy è interpretata dall’attrice e cantante Ann Blyth mentre il tenore Mario Lanza (Filadelfia, 1921 – Roma, 1959) interpreta il personaggio di Caruso.
Il film fu un enorme successo commerciale. Secondo i dati della Metro-Goldwyn-Mayer procurò un utile di circa 4 milioni di dollari, e costituì il più grande successo dell’anno della casa produttrice, oltre a risultare il film più visto in Gran Bretagna nel 1951.

La cosa buffa è che fino una settimana fa, Caruso e Mario Lanza io li conoscevo solo di nome; è stato l’articolo di Emilio Iodice su Lanza [4] a farmi approfondire la conoscenza. E ora mi viene proposto addirittura un film sulla vita (romanzata) di Caruso in cui Mario Lanza interpreta ventisette delle sue arie più famose, contribuendo all’Oscar (1952) per il suono attribuito al film.

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Comunque agli astanti il film piace, e stimola l’appetito per la grande cena che segue…
Tra la tante, variegate e gustose portate “svetta”, anche per originalità di citazione, un ricco piatto di mezze maniche con sugo di “soffritto napoletano”, certificato originale.

Sul “soffritto” tutti chiedono informazioni sul come e perché, presto soddisfatte…
Si tratta di un piatto “povero” della cucina napoletana, per il quale si impiegano le frattaglie di maiale (milza, cuore, polmone, fegato), utilizzando la sugna (’a ’nzogna) per soffriggere; qualcuno aggiunge anche la trachea, vale a dire tutti quei pezzi che compongono la cosiddetta coratella. Nella versione ‘rossa’ per condire la pasta, si aggiunge della passata di pomodoro. Quindi si lascia insaporire, facendo sobbollire a lungo a fiamma lentissima. Indispensabile per un risultato finale ‘da applauso’, l’aggiunta di qualche foglia di alloro (’a laura).

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Nel dopo-cena l’incontenibile mattatore Renato anima, pungola e dà libri da leggere agli amici che si esibiscono in brevi siparietti dialettali (napoletani in prevalenza, con incursioni nel romanesco di Trilussa e nel siciliano di Tano).

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Tra tutti, meritevole di essere qui citato, questa perla d’epoca tratto da Epigrammi del marchese di Caccavone e del duca di Maddaloni” (introvabile edizione di Berisio Editore del 1968), dove si narra di Taniello… il tipico guappo napoletano che una tantum si va a confessare, ma (come molti) confessa la colpa e si dà lui stesso l’assoluzione; solo che anche il prete ha qualcosa di dire…
Ecco il componimento, accolto da grandi applausi: 

’A confessione ’e Taniello

Taniello, ch’ave scrupole
mò che se vo’ ’nzura’,
piglia e da Fra’ Liborio va pe’ se cunfessa’.
« Patre – le dice – i’ roseco,
i pe nniente me ’mpesto; ma po’ dico ’o rusario…
e chello va pe’ cchesto!

Patre, ’ncuollo a li ffemmene campo
e ’ncoppa a ’nu burdello;
ma sento messe e predeche…
e chesto va pe’ chello!

Iastemmo, arrobbo… ’O prossimo
spoglio e le dongo ’o riesto;
ma po’ faccio ’a lemmosena…
e chello va pe’ cchesto!

E mo, Patre, sentitela ’st’urdema cannunata:
’a sora vosta, Briggeta, me l’aggio ’nsapunata… ».
Se vota Fra’ Liborio:
« Guaglio’, tu si’ Taniello..?
I’ me ’nsapono a mammeta…
E chesto va pe’ cchello! »

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Comunque mezzanotte arriva, fa i botti e se ne va! Mentre il 2020 rimane!
Auguri a tutti!

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L’indomani si replica in gruppo ristretto per “rimozione avanzi”.


Nota

Sul sito si può anche leggere e ascoltare Caruso [10]di Lucio Dalla. Il brano venne scritto a Sorrento, («…davanti al golfo di Surriento…»), nell’albergo in cui Caruso soggiornò prima dell’improvviso malore che gli avrebbe causato la morte qualche ora dopo. Dalla vi si trovava ospite in attesa del ricambio di un pezzo della sua imbarcazione guastatasi poco prima.

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