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Girovagando per la storia (3)

di Pasquale Scarpati

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Dalla fine del capitolo precedente [1]: …Praticamente Pilato scontentò tutti.

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Pertanto l’essersi fatto “intrappolare” dal Sinedrio fece diminuire molto il suo prestigio e la sua autorevolezza sia agli occhi di Roma sia agli occhi degli stessi Giudei. Così, quando ordinò la strage degli innocenti Samaritani sul monte Garizim (forse per compiacere ancora una volta il Sinedrio) e i sopravvissuti si rivolsero al princeps, immediatamente fu sospeso dal suo incarico e fu costretto a rientrare a Roma con suo grande scorno. Forse fu una strage oggi diremmo di frustrazione perché aveva già capito che il suo prestigio veniva scemando giorno dopo giorno. Fu accusato, pertanto, di imperizia se non di collusione. Sollevato dall’incarico, pare sia andato a morire in Gallia (*).

Allora perché grotte di Pilato? Sorge una domanda: è il Ponzio Pilato di cui tanto si parla?
Qualcuno obietta: “Chi era costui rimasto sconosciuto ai più per quasi tre secoli dopo la morte del Cristo? Quale memoria poteva esserci di un personaggio che per quasi trecento anni era stato sconosciuto alla maggioranza delle gente essendo stato semplicemente citato soltanto da storici locali come Giuseppe Flavio e dagli Evangelisti? (**) Quanti erano, poi, quelli che durante quegli anni avrebbero potuto conoscere i Vangeli o per meglio dire chi li avrebbe potuto leggere? Quasi nessuno, sia perché Essi ebbero una certa divulgazione soltanto dopo qualche secolo dalla morte del Cristo (già erano stati scritti parecchi anni dopo) sia perché il ceto medio-basso sapeva a stento leggere e scrivere e non tutti conoscevano il greco che è la lingua in cui furono scritti. La stragrande maggioranza della gente, infatti, non poteva dedicare molto tempo alla lettura sia perché i libri erano costosi, sia perché la vita non era agiata, sia perché il giorno era, lento, denso di lavoro e di notte la fioca luce di un lucerna non permetteva di dedicarsi alla lettura per lungo tempo. Inoltre pochi erano i cristiani anzi erano osteggiati non solo perché avevano idee, oggi diremmo, innovative ma anche perché vi erano altri interessi economici da parte delle altre religioni che vedevano sempre più diminuire i loro proventi a favore di questi “intrusi”.

Ma probabilmente sì: è il Pilato citato nei Vangeli. Com’è che si trova citato a Ponza? Forse per analogia con il nome dell’Isola? Forse è stato inviato lì? Neppure una tradizione orale che di norma sostituiva quella scritta avrebbe potuto suffragare l’ipotesi dell’abbinamento del nome al monumento, dal momento che i fatti di cui fu protagonista Pilato rimasero sconosciuti alla stragrande maggioranza della popolazione del mondo romano per moltissimi anni.

Se anche Pilato fosse stato inviato nell’Isola, per poter abbinare e lasciare nei secoli il suo nome alla località e di conseguenza anche ai murenari, era necessario che un gruppo di seguaci della nuova religione si fosse stanziato colà appena dopo la morte del Cristo e di Pilato stesso e ci fosse rimasto per sempre tramandando l’avvenimento di generazione in generazione.

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Perché quindi è rimasto il suo nome ancorato ai murenari?
Per quei collegamenti a modo di volo pindarico che molte volte succedono nella storia.

Il nostro Ponzio (Pilato) non è stato mai a Ponza. Innanzitutto il nome Ponzio è il nome della Gens (famiglia) perché precede il soprannome. Quindi non attinente al nome dell’Isola. Cosa può essere successo? A quella villa, semi abbandonata, forse già fatiscente, acquistata o requisita da Ottaviano era rimasta, nell’ambito popolare, il nome di villa… Ponzio. Un po’ come succede ancora oggi quando chiamiamo i palazzi col nome degli antichi proprietari o di chi li ha fatti costruire (palazzo Chigi, palazzo Madama, palazzo Venezia tanto per citarne alcuni) e non di chi li abita attualmente. Tale nome era rimasto anche a tutte le sue dipendenze, compresi i murenari che non erano distanti, come avveniva altrove, ma si collegavano direttamente alla villa. Detti murenari, poi, erano già da allora le uniche vestigia rimaste totalmente intatte.
Quando il cristianesimo si diffuse dappertutto, chi ricordava più un tal Ponzio Erennio o Ponzio Telesino e il nome dell’antica famiglia sannitica? L’unico Ponzio conosciutissimo era quello meno importante dal punto di vista storico ma più importante dal punto di vista della nuova religione (importante, a mio avviso, sotto ambedue i punti di vista): per l’appunto Ponzio detto Pilato, il “giustiziere” di Gesù. Quindi: domus Ponzio, di conseguenza grotte (murenari) di Pilato.

Ma il solito maligno, sbrigativo, a cui non piace arzigogolare ha detto: “Nulla di tutto questo bailamme: più semplicemente “domus Pontiae” (sic!) e quindi di… Pilato”. Anche lui, però, ha fatto un volo… pindarico, associando, cioè, il nome dell’Isola (anche se grammaticalmente non proprio corretto; ma la storia non bada alle sottigliezze grammaticali!) e le vestigia romane ad una persona che era divenuta nel frattempo conosciutissima!
Ma si sa: la vox populi non sempre è omogenea, anzi quasi mai…

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Veruccio mi ha sussurrato nell’orecchio queste facezie o, stando in tema, “nugae”, ma io l’ho letteralmente mandato a quel paese, perché sono… Pasquale il quale, come tanti altri, nella calura estiva, fermata l’oscillante barca nell’incavo, fruiva della frescura delle vasche e dei cunicoli scivolosi, nulla pensando né della vetustà del monumento né dell’abilità nelle costruzioni di quelli che quel mare l’avevano definito “Nostrum”.
“Nostrum!?” – bisbiglio, pensoso – “Cosa vorrà mai dire, oggi, questa parola? Mare Nostrum: da custodire e tutelare gelosamente come cosa propria: sia quello che circonda l’Isola e/o le Isole: Pontine o Ponziane!? E le altre (la plastica o altro non guardano alle “sottigliezze toponomastiche”) sia quello che circonda i Continenti!”.

Veruccio, che ha la facoltà di ascoltare distintamente persino il labiale, mi guarda tra l’incredulo ed il piacevolmente sorpreso.
Poi sorridendo: “Anche tu, ora, ti metti a fare i …voli pindarici!” E aggiunge “Ai posteri l’ardua sentenza!”.

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Note

(*) – Il governatore della Siria, Lucio Vitellio, lo destituì nell’anno 36 o 37 a causa della durezza con la quale aveva represso i Samaritani che avevano messo in atto la rivolta del monte Garizim e l’imperatore Caligola lo mandò in Gallia (37–41). Al suo ruolo di prefetto della Giudea subentrò Marcello. Eusebio di Cesarea, citando degli scritti apocrifi, afferma che Pilato non ebbe fortuna sotto il regno di Caligola e si suicidò nella città gallica di Vienne.

(**) – Nel solo Vangelo secondo Matteo, ci sono alcuni altri elementi: un intervento della moglie di Pilato, Claudia Procula, la quale gli consiglia di rilasciare Gesù, e l’episodio di Pilato che si lava le mani davanti alla folla dicendo: «Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!», a cui gli Ebrei rispondono: «Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli» (Mt 27, 24-25). Tutti questi elementi, presenti nel solo Vangelo di Matteo, non sono considerati storici – così come gli episodi matteani, relativi a Giuda, dei 30 pezzi di argento e del Campo di sangue – ma sono elementi tratti da tradizioni popolari e inseriti dall’evangelista per i suoi scopi teologici.

[Girovagando per la storia (3) – Fine]