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Una canzone per la domenica (69). Grazie, Fred Bongusto

di Luisa Guarino

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Come lui nessuno ha cantato tanto e così intensamente il mare e l’estate. Ecco perché vogliamo salutare Fred Bongusto, scomparso l’altro ieri, ringraziandolo per essere stato per quasi cinquant’anni la colonna sonora di tante “stagioni” legate anche alla nostra isola e alla miriade di storie d’amore che lì sono sbocciate, sono vissute e sono anche finite.
Dagli anni ’70 la voce vellutata di questo artista ha accompagnato i ventenni e non solo. Parlando di lui in queste ore, i giornali hanno ricordato i successi, tanti e grandi, da lui inanellati in decenni di carriera. L’elenco e lunghissimo: Una rotonda sul mare, Mare non cantare, Una storia di mare, Il mare quest’estate, Balliamo, La mia estate con te, Tre settimane da raccontare, Spaghetti a Detroit, Noi innamorati d’improvviso, Guancia a guancia, Se ci sta lei, Doce doce (con la c strascicata che diventa sc), Ancora un po’ con sentimento, Amore fermati, Frida.

Ora, la celebre rotonda di Senigallia porterà il suo nome. A Ponza, così lontana dall’Adriatico anche per conformazione geografica, di rotonde non ce ne sono, ma le terrazze del Mariroc a strapiombo sul mare potevano egregiamente supplire, ospitando degnamente quelle note e quei brani; l’alternativa era negli lontani anni ’60 e ’70 il “fumoso” night club La Bussola cui la voce di velluto e le atmosfere di Bongusto si attagliavano alla perfezione.
Personalmente mi piace ricordarlo per “Tre settimane da raccontare”, e non solo perché, appena saputo della sua scomparsa, anche Fiorello venerdì sera, nella sua ultima puntata di Viva RaiPlay su Rai Uno, gliel’ha voluta dedicare.

“Tre settimane da raccontare” è un po’ l’emblema delle numerose canzoni di mare-estate che Fred ha cantato: il fatto che più delle altre essa sia inscindibile dalla “stagione” per antonomasia me la rende cara e insostituibile. Erano i tempi in cui le vacanze erano lunghe, e al ritorno in città si poteva raccontare agli amici quell’avventura durata tre settimane: destinata a finire o ad andare avanti, solo il tempo avrebbe potuto dirlo. Oggi una vacanza dura una settimana, o anche un weekend: gli amori nascono lo stesso. E come allora, durano o si concludono. Ma non avranno mai più come sottofondo la voce da “crooner” italiano del nostro Fred: un molisano dai modi romantici e gentili, dietro quella faccia scolpita, tra il pellerossa e il sudamericano.

A questo proposito, ricordiamo che Bongusto era molto popolare proprio in Sud America, dove in passato ha collaborato a lungo sia con Toquinho (anche lui di origini molisane) e Vinicious de Moraes. Importante è stata inoltre la sua attività di autore di colonne sonore per il cinema: tra i più celebri Malizia e Oh Serafina; è stato scelto e amato da registi come Risi, Lattuada, Samperi, Corbucci, Salvatores, Festa Campanile. Alla notizia della sua scomparsa, amici ed estimatori, tra i quali Pippo Baudo e Amadeus, direttore artistico del prossimo Festival di Sanremo, consapevoli del suo valore e del suo ruolo nel panorama della canzone italiana e non solo, hanno sollecitato e assicurato un omaggio al suo ricordo proprio in occasione di questo evento musicale per eccellenza che si celebra nel mese di febbraio.

Anche Fred Bongusto dunque ci ha lasciato, ma gli artisti con la loro musica non muoiono mai: ecco perché “Tre settimane da raccontare”, insieme a tanti altri suoi brani, uno più coinvolgente e accattivante dell’altro, anche a distanza di tanto tempo resterà per i ventenni degli anni ’70 non solo una canzone, ma una storia di vita vissuta, da ricordare con tenerezza e con un sorriso. Grazie Fred.

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3 Comments

3 Comments

  1. Sandro Russo

    10 Novembre 2019 at 20:41

    Trovo acuto e brillante questo commento di Francesco Merlo nella sua rubrica Cucù, nell’ultima pagina de la Repubblica di ieri (9 novembre):

    “Spaghetti, pollo, insalatina, una tazzina di caffè” è l’inno (1967) non alla dieta mediterranea ma all’amore sovrappeso, ai pranzi sentimentali prima dell’apocalisse calorica: tovaglia bianca, corpi che si toccano, bicchieri che si urtano. “Lola, ho fatto le follie per te… a Detroit”.

    Godeva con Fred l’Italia pre-68: sesso, swing, cacio e pepe. Oggi crusca, mezze mele, parafarmaci omeopatici… e green tax sulle follie con Lola.

  2. Dante Taddia

    12 Novembre 2019 at 17:23

    …e non venitemi a dire che il commento a quanto scritto dalla direttora Luisa Guarino, nonché mia moglie, glielo potevo fare direttamente a voce o magari con un bel messaggino w/app con tanti emoticon. Non sarebbe stata la stessa cosa. Il mio commento è soprattutto quello di un musicista che ha vissuto “live” gli anni Sessanta, e anche qualcuno di quelli successivi, in vari e fumosi night club, beandosi e beando il pubblico delle canzoni che hanno sottolineato le estati di quegli anni per migliaia di persone, favorendo idilli, amori duraturi o semplici avventure d’una notte. E quando alla Bussola di Ponza, siamo nel 1963, abbasce ‘a Banchina le deliziose ragazze della Torre venivano a portare quella ventata di gaiezza mista alla sapiente coscienza di turbare i sonni di più d’uno d’i viecche e rattuse che sorseggiavano gli immancabili gin fizz, ci chiedevano i bis senza sosta di “Buongusto e gli altri” non occorreva aggiungere altro. Era poi la calda e suadente voce dei due chitarristi-cantanti del nostro complesso che creava il giusto meedly per non scontentare nessuna di loro e farle ancor più sognare. Forse saremo stati anche i precursori di quel tipo di lungo pezzo musicale che negli anni successivi la farà sempre più da padrone, ma era con un mio commento di sottofondo che i miei compagni cantavano, iniziando con una sussurrata “Voce ’e notte”, molto “Doce doce” alla “Frida” di turno e le chiedevano “Amore fermati” che “La gatta” sotto “Il cielo in una stanza” saltellando su caldi “Sassi” l’avrebbe condotta a “sdraiarsi vicino a me” coperta solo dal suo “Sapore di sale”. Ma sto sconfinando…
    Comunque era un trionfo. Avevamo accontentato tutti. Le “Tre settimane da raccontare” per me e Luisa però non sono iniziate nel 1973, quando il suadente Fred ce le ha proposte dal vivo con la sua inconfondibile voce, ma proprio in quell’anno lontano. E sono diventate quasi “tremila settimane da raccontare”.

  3. Silverio Guarino

    15 Novembre 2019 at 13:41

    Quando ho saputo della sua scomparsa, ho pianto.
    Sì, ebbene sì. Ho pianto.

    Poi mi sono detto, scriviamo su “Ponzaracconta”; ogni volta che muore “qualcuno” c’è “qualcuno” che lo ricorda.
    Ma non ho avuto tempo e poi, con tutta la cultura un po’ frickettona che ci circonda, ricordare un cantore “plebeo” o comunque “poco patrizio”, forse non era proprio indicato il ricordo.

    Il “carico” ce l’ha messo mia sorella Luisa e il “rubamazzo” finale, mio cognato Dante.

    A questo punto, il tempo l’ho dovuto trovare per scrivere queste mie, anzi, come Giulio Cesare, vi trascrivo ciò che in una “chat” di amici ex-oratoriani dell’Oratorio San Marco di Latina, ho scritto il giorno della sua scomparsa:

    “Fred è stato un grande.
    Ci ha fatto innamorare.
    Ci ha fatto sognare.
    Senza eccesso patrizio, ma con
    cuore semplice e plebeo; io ho cantato con il mio complesso la sua ‘Frida’ ed ho sulla coscienza più di qualche coppia di amanti.”

    Anche se la più amata è stata proprio “Tre settimane da raccontare”, e qui la genetica non è più un’opinione.

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