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Non è mai troppo tardi… Il ricordo di Luciano De Crescenzo

di Enzo Di Fazio

 

Nell’epicrisi di stamani [1] ho ricordato Luciano De Crescenzo venuto a mancare appena qualche giorno fa.
Per le cose che ho amato di questo poliedrico personaggio sento di dovergli dedicare qualche riga in più.

Ho cominciato a sapere che esisteva De Crescenzo quasi quarant’anni fa.
L’occasione la colse mia moglie che, conoscendo la passione che nutrivo per la fotografia e il mio vissuto a Napoli, mi regalò La Napoli di Bellavista, un libro di 150 foto, tutte in bianco e nero, e una trentina di fattarielli descrittivi del carattere di un popolo, quello dei vicoli e dei quartieri, capace di coprire di humor il suo tragico-quotidiano e rivelare nel modo di essere una profonda malinconia.

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Ogni foto un racconto, una storia, una scena della infinita commedia napoletana.

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Lo stesso accade con un altro libro, La domenica del villaggio, sempre di foto ma questa volta a colori, pubblicato in occasione del primo scudetto vinto dal Napoli.

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Era il 1987 e Napoli si colorò di azzurro; fu un’esplosione di gioia che per un giorno fece felice tutta Napoli e fece dimenticare i guai a chi li aveva.

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E anche in questo libro De Crescenzo con la sua visione ironica della vita racconta la passione dei napoletani per il calcio e la devozione per Maradona il grande artefice di quello scudetto.
In proposito ricorda:

“Un tassista mi ha confidato in grandissimo segreto che Maradona può fare i miracoli.
– Dottò credetemi, il fenomeno sussiste: io l’ho scoperto per pura combinazione.  Avevo una causa con il mio padrone di casa, il cavaliere Imperatore, quello dei ferramenta, un fetente che non vi dico! La situazione era disperata: sfratto per morosità e  minacce verbali. Detto fra noi, io non solo non lo pagavo da un anno, ma lo avevo anche chiamato strozzino. Il mio avvocato di fiducia si era rifiutato di difendermi: “La causa è persa” mi aveva avvisato “se vuoi un consiglio cerca di metterti d’accordo e va vattenne”. Insomma io ero disperato, quando mi sorpresi ad implorare: “Maradona mio pensaci tu” . Ebbè, mi dovete credere: nel giro di pochi giorni la situazione si ribaltò da così a così: Il pretore mi dette sei mesi di proroga e il cavaliere Imperatore ebbe un piccolo infarto…

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Luciano De Crescenzo nasce in effetti ingegnere dell’Olivetti e, un po’ come Andrea Camilleri, arriva tardi a farsi conoscere e  diventare famoso.
Diventa improvvisamente scrittore pubblicando Così parlò Bellavista, uno dei maggiori successi editoriali degli anni 70.
Il libro è costruito attraverso i dialoghi tra De Crescenzo, il professor Bellavista, il “vice sostituto portiere” Salvatore, il “poeta” Luigino, il dottor Palluotto, napoletano trapiantato a Milano, ed altri personaggi tutti volti a descrivere la città di Napoli sotto i suoi aspetti più disparati. Non mancano le considerazioni filosofiche fatte in maniera semplice e accattivante da far venire la voglia di studiare la filosofia.

Dal libro venne fuori, qualche anno dopo anche un fortunato film dal titolo omonimo di cui è stato anche regista.
Di seguito una breve scena  incentrata sulla proverbiale passione dei napoletani per il gioco del lotto

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De Crescenzo amava dire “sono figlio di persone antiche…”.
Di seguito l’incipit all’introduzione del libro “La Napoli di Bellavista”

Quando sono nato io mio padre aveva cinquanta anni e mia madre quarantacinque. Ho vissuto la mia prima giovinezza a Santa Lucia, a metà strada tra il mare e il Pallonetto. La casa era immensa, o perlomeno a quell’epoca mi sembrava tale. Oltre ai miei genitori e a mia sorella, abitavano con noi anche la nonna (papà la chiamava la “genitrice”) e alcuni dei miei dieci zii materni. Tutto questo per dirvi che sono cresciuto in mezzo a un gruppo di napoletani antichi. Il loro modo di prendere la vita, di pensare, la loro lingua ufficiale, le loro abitudini alimentari, tutto apparteneva a un mondo oggi praticamente scomparso nella borghesia napoletana e tuttavia a me sempre molto caro.

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Commento di Sandro Russo del 22 luglio

Ma comme fa?
Ho un aneddoto curioso sul modo in cui mi sono trovato a “incrociare “ De Crescenzo. Naturalmente lo conoscevo, ma senza aver mai particolarmente approfondito.
In proposito avrei potuto dire come Woody Allen, quando gli chiesero di Dio:
“Io non credo in Dio, non ci ho mai creduto… – rispose – Diciamo che lo stimo”.

Senonché successe che al Corso di Cinema di qualche anno fa, di Gianni Sarro (scrive anche sul Sito), Maestro illuminato e particolarmente democratico, spesso viene data la parola a noi discenti; e tra noi, alcuni parlano molto, altri preferiscono ascoltare. Io appartengo alla seconda categoria; solo occasionalmente ho qualcosa di interessante e allora dico la mia.
Ora, una compagna del corso, Paola, ad ogni mia (rara) uscita commentava: – Ma comme fa!
Una volta, più volte… Era diventato un tormentone! …e credevo che un po’ mi sfottesse.
Interpellata direttamente, disse che no, lei era sinceramente ammirata, e mi diede De Crescenzo come bibliografia.

Nel breve filmato tratto da Youtube, la frase è ripetuta più volte, in particolare intorno al tempo 1’30’’ (è anche un piccolo cameo sul suo modo di non prendersi troppo sul serio – Da Il mistero di Bellavista, film del 1985, scritto, diretto e interpretato da Luciano De Crescenzo).

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