Ambiente e Natura

La prova. Audioracconto

di Francesco De Luca

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Propongo un racconto fatto per essere ascoltato. Anche letto, giacché la forma scritta non manca, ma espressamente per essere ascoltato. Spero che sia gradito

Audioracconto. La prova

 

Le Formiche. Col motoscafo è un attimo. Dal porto, dieci minuti scarsi e ci sei. Eppure apparivano così lontane. Forse perché si andava a remi.

La barca era l’orgoglio del padre. Si chiamava Antonio, e la figlia Giuseppina, da tutti chiamata Pina.

Quella barchetta l’aveva fatta costruire dai  ‘quattro fratelli’. Erano di sopra i Conti. Venivano chiamati così perché operavano sempre insieme. Contadini, erano contadini, ma anche muratori, ma anche operai per tutti i mestieri. Perché c’era uno dei fratelli, Vincenzo, più accorto degli altri e più intraprendente, che se li tirava dietro. Una piccola ditta. Vincenzo aveva amicizia con Antonio e si cimentò nel costruire quella lancia di legno. Poppa e prua a punta, un po’ larga nel centro. Non faceva una bella figura  a vedersi, ma era solida e… era il vanto di Antonio. Che la chiamò come sua moglie: Marietta. Pensionato dello Stato, Antonio, con i risparmi si concesse quella barchetta, pagata poco perché ‘i quattro fratelli’ non erano mastri d’ascia, ma ci provarono a diventarlo.

Gli scogli delle Formiche erano lontani. A remi. Antonio e Pina.

Il padre glielo aveva promesso: “Ti porterò a fare il bagno alle Formiche”.
Pina aveva otto anni, la giornata di luglio era propizia. Verso le dieci si imbarcarono e si diressero verso le Formiche.

Ma perché Antonio voleva farle fare il bagno proprio lì? Perché Pina aveva imparato a stare a galla nella piccola insenatura della Caletta. Protetta dalla scogliera e con una spiaggetta di sabbia. Paradiso dei bambini, ragazzi e adolescenti. Lì, con l’aiuto e lo sfottò delle amiche, Pina aveva imparato a stare in acqua, giocando dove si toccava e, man mano, guadagnando  l’acqua alta.

Ci andava con le compagne. Ogni mamma confidava sul controllo reciproco  delle altre ragazze. Tutte amiche, vicine di casa, parenti, assidue della parrocchia. Un gruppo folto, otto-nove, un’esplosione di gioia rumorosa. Specialmente quando decidevano di prendere il mare. Tutte insieme, in quel piccolo specchio d’acqua, accompagnate dalle battute dei ragazzi che, una volta in acqua, le tormentavano schizzandole e urtandole. Giochi come prove di affettività o preludi di amori.

 

Per il padre Pina era una stellina. Figlia unica, avuta in età avanzata, amatissima. “Voglio vedere se sai nuotare veramente”. Un modo ingenuo per dimostrarle la sua vicinanza.

Ora, il saper nuotare non ammette dubbi: o si sta a galla o no. Ma il padre voleva sincerarsi se la figlia sapesse affrontare l’acqua profonda. Che una qualche reazione la provoca. Eppoi… le Formiche erano scogli dove erano affondate delle navi, dove talora i pescatori di castuarielle  avevano contatti cu’ i  fere.  I delfini fra quegli scogli erano di casa.

Gli scogli: quelli che affiorano sono scuri ma il basso fondale intorno è bianco perlaceo. E infatti il bianco comparve. Antonio si portò lì dove  era alto due o tre metri. La vista del fondo chiaro rassicurava sia lui sia la figlia.

“Allora – disse il padre – sei pronta?”
Pina non aspettò l’ordine, uno scatto e dalla lancia stava in acqua. Fredda, più fredda di quella della Caletta. Il padre la guardava soddisfatto e anche un po’ invidioso perché la traversata a remi l’aveva accaldato.

S’udì il suono di una campana, Antonio girò il viso dove l’orecchio suggeriva e capì che era dalla chiesetta della Madonna della Civita sugli Scotti che partiva il rintocco. “E’ vero… oggi è il 21 luglio, sugli Scotti si festeggia la Civita, e si avverte della messa che si va a celebrare”.

Girò gli occhi al mare e Pina aveva già raggiunto uno scoglio distante. “Papà – gridò  – qui è pieno di patelle muntagnole ”.
Aspetta… aspetta a papà – rispose il padre – adesso ti porto il coltello”.
Pina con l’agilità di una bimba avvezza al mare raccolse le patelle e poi saltò a bordo. Aveva superato più di una prova. Antonio avrebbe voluto fare il bagno pure lui, ma non osò lasciare la barca. Le Formiche a quei tempi erano considerate troppo lontane dal porto e troppo infide.

Oggi Pina le ha raggiunte in poco tempo, col motoscafo di 40 cavalli. Ci sono sei uccelli marangoni con le ali spiegate ad asciugarsi. Il fondale, mano a mano che ci si avvicina agli scogli, si schiarisce per le concrezioni calcaree. La giornata è quella giusta. Lo si nota dai passaggi frequenti dei motoscafi e dei gommoni e degli yacht. Agitano scompostamente il mare e danno fastidio.

Fu lì che dimostrò a suo padre d’aver appreso a nuotare. In seguito lo convinse anche che era capace di badare a sé, di laurearsi, di diventare dirigente economico in una azienda a Milano.
Oggi non deve dimostrare niente a nessuno. Gli anni le hanno fatto superare il limite oltre il quale, se la dimostrazione fallisce, sono gli altri che la giustificano. “Che vuoi fare, hai una certa età” – dicono.

Il mare intorno brulica di barche, nel terso del cielo il sole è il padrone, e dagli Scotti nessun rumore. Oh no… il raglio di un asino si spande.

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