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Historia del Caffè Tripoli (1)

di Rita Bosso

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La storia del Caffè Tripoli può raccontarla solo lui, Luigi Di Monaco, ottantadue anni splendidamente portati, quarto e ultimo figlio dei fondatori.
Il nome del locale dà un’indicazione sulla data di apertura: la guerra di Libia scoppia nel 1911, determina l’annessione all’Italia di Cirenaica e Tripolitania, si conclude nel 1912; la campagna di Libia termina nel 1921.
Sono gli anni di Tripoli bel suol d’amore; Silverio Di Monaco e la moglie, Angelina Zinno, decidono di avviare un Caffè. Dotano il locale di arredo a chilometro zero: una zia, che vende scarpe a qualche metro di distanza, fornisce una scarpiera che servirà per l’esposizione di liquori; il fratello di Silverio, Giuseppe, che dirige la Banca Meridionale nelle stanze soprastanti il portone di Pascarella, cede il monumentale bancone del suo ufficio.

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Il bancone del Tripoli, oggi al bar Winspeare

La posizione del Caffè Tripoli è strategica: sul lato corto del foro borbonico, all’inizio del corso Principe di Piemonte (già corso Farnese, oggi corso Pisacane). Il Tripoli diventa subito il centro della movida, e non ha mai smesso di esserlo.

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 Il Caffè Tripoli in una foto del 1929

La foto che campeggia di fronte al bancone del bar è del 1929; allora come oggi, seduti ai tavolini del Tripoli si è, simultaneamente, attori e spettatori. Luigi Di Monaco indica uno ad uno i personaggi di uno spettacolo che, con poche irrilevanti varianti, va in scena ogni giorno da oltre un secolo.

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 Foto del 1929 (particolare lato sin.)

Il primo a sinistra, di spalle, con la camicia a righe, è mastu Paolo Laddomada, valente falegname con bottega a Giancos, accanto all’ex centrale elettrica. La partita a carte lo coinvolge totalmente, neanche si volta verso il fotografo.
In piedi, appoggiato alla porta, con cappello, c’è Pietro Corti; della sua famiglia hanno scritto il nipote Silverio Corvisieri e Paolo Iannuccelli. [5]
Appoggiato allo stipite di sinistra è Alfredo Tricoli, padre del compianto Peppe Barone.
I due giovanotti con coppola bianca sono Totonno Aversano (dietro) e Nicuccio; tra una quarantina d’anni Totonno diventerà suocero di Luigi; Nicuccio è il marito di ‘Mmaculata, benvoluta da tutti anche se fa un “mestiere” particolare.
Il bambino con salopette bianca è Silverio Zecca, Zecchetiello [6], che sarà un grande campione di pesca subacquea.
Appoggiato allo stipite destro è Silverio Di Monaco, proprietario del Caffè.
Davanti, abbigliato da perfetto fascista, Gildo Colonna.
A destra, appoggiato alla porta in legno, la testa coperta da un basco scuro, c’è Nunzio Vecchione.

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Foto del 1929 (particolare lato dx)

L’ultimo appoggiato alla porta, con coppola e canottiera, è Crescenzo Costanzo ‘u Matunaro.
L’uomo in tenuta bianca sportiva e occhialini è Silverio Mazzella Bancherrotta.
Alla sua sinistra, con una sciarpetta bianca, è seduto Ceccio ‘u Muto.
Chiudono la foto quattro bambini: il primo a sinistra è Salvatore Rispoli (padre di Biagio), l’ultimo è Giuseppe Costanzo Baffone.

La porta sulla sinistra, sormontata da finestra, immette nella stanza da letto della famiglia Di Monaco. “A San Silverio arrivavano i parenti da Napoli e io, che ero il più piccolo, dormivo sul biliardo” ricorda Luigi.
Ma questa è un’altra storia, più recente.
Luigi la racconterà nei prossimi giorni.

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Angelina Di Monaco, ultima a destra, con alcuni clienti del caffè

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 Filomena Di Monaco detta Mamena

Nella foto di apertura: Luigi di Monaco

[Historia del caffè Tripoli. (1) – Continua]