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Scritti politici di attualità

a cura della Redazione

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Nel fuoco di paglia delle notizie propalate dai media, troppo spesso intrise di demagogia, violenza e razzismo abbiamo pensato di proporre ai Lettori – di tanto in tanto – articoli dissonanti segnalati da qualcuno di noi, accettati e fatti propri dalla redazione tutta. Segnalandone ovviamente l’Autore e la testata di provenienza.

Analisi
Identità e ideologia per contrastare la Destra della paura

di Pietro Folena

Antonio Scurati, nel suo potente M, racconta di come, nel volgere di pochi mesi, coi soldi degli agrari e col fanatismo armato degli squadristi, al seguito del ferrarese Italo Balbo, girò il vento a Ferrara, fino ad allora culla del socialismo padano. Dalla provincia di Forlì invece veniva M.

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Tutto il fascismo, che aveva avuto una prima origine nel movimento socialista, presto sopraffatta dai filoni nazionalisti (oggi si ama dire “sovranisti”) e antisocialisti e antioperai, in queste terre tra l’Emilia e la Romagna ha trovato la sua più scatenata base organizzata.

Con sapienza comunicativa, consigliato sicuramente da menti fini, che la storia la conoscono, Matteo Salvini, il Governatore della Paura, ha cavalcato queste radici antiche, citandole, parlando a quella parte di classi dirigenti reazionarie o conservatrici che male hanno sopportato il modello socialdemocratico e riformista della sinistra locale, e a quella parte di popolo, travolta dalla crisi delle banche locali e del mondo cooperativo. Dalla piazza di Ferrara fanatizzante per il Capitano (il Capitano: trasformazione fumettistica, di segno Marvel, del Duce) al balcone del Municipio di Forlì il gioco di prestigio è riuscito.

Non voglio sottovalutare i segni di controffensiva democratica e civica, che hanno frenato l’onda leghista. Il cuore emiliano -Modena e Reggio Emilia – e la Livorno caduta appena quattro anni fa, insieme a tante altre città medie e piccole, ricominciano a disegnare un bipolarismo, ben diversi da quello di vent’anni fa, tra la Destra della Paura e un fronte democratico, ancora fragile e senza leadership. Si consolida il segnale registrato quindici giorni prima del ballottaggio, alle elezioni europee e al primo turno delle amministrative. La nuova Lega salviniana svuota i Cinque Stelle del loro elettorato di destra e apre, nel Movimento fondato da Beppe Grillo, una crisi di funzione, di identità e di ruolo drammatica. La Lega porta i pezzi del vecchio centrodestra, pur in parte refrattari alla linea oltranzista del Capitano, nell’alveo di una nuova potenziale coalizione che nel Paese ha i numeri per sbancare la maggioranza parlamentare, con l’attuale legge elettorale, nel caso di elezioni politiche anticipate.
Il vento della destra, o meglio dire i venti della destra, quello da Est, sostenuto da Vladimir Putin, e quello da Ovest, soffiato ogni giorno da Donald Trump, creano un vortice reazionario nel ventre della società italiana. Nel ventre del popolo, di quello più impoverito dalla crisi, spaventato dal dominio del mercato globale, e nel ventre di una parte della borghesia, quella oscurantista, che vede l’occasione per cancellare definitivamente conquiste e diritti dei lavoratori, dei cittadini, libertà delle donne e civili. La paura dà alla pancia della società una contrazione violenta, riduce la libertà, semina i brividi nel corpo delle classi, e ancor più delle tante piccole patrie che oggi per rassicurarsi sembrano raccogliersi dietro la nuova retorica della Nazione.

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Salvini a Varsavia nello scorso gennaio

Di una Nazione con sempre meno Stato, meno Politica -così come la intendevano padri e madri costituenti-, ma fatta di ideologia e di odio per l’Altro. In altri tempi -quelli, appunto, degli anni 20 del secolo scorso – lo sbocco di questa contrazione sarebbe stato quello bellico. Prima la ripresa dell’orgoglio coloniale, fino alla proclamazione dell’Impero, poi l’odio delle leggi razziali, degli ebrei, degli zingari, e l’alleanza col nazismo. Oggi si fa fatica a vedere uno sbocco bellico di quella portata -anche se come Francesco ricorda in un certo senso siamo in una guerra mondiale a pezzi, legata ai drammi dei cambiamenti climatici, delle povertà antiche e nuove e della privatizzazione del mondo e dei suoi beni comuni-, anche se la storia ci insegna che in certe condizioni le esplosioni della guerra possono essere improvvise. La violenza assume una forma digitale, diventa interna, si scatena nei confronti dell’Altro. Rimane l’odio per gli zingari, il disprezzo per i neri, riaffiora il pregiudizio contro gli ebrei e cresce l’ostilità verso i musulmani. Il mito che viene riproposto è quello del Maschio, Bianco, benestante, omofobo e spregiudicato, che si deve difendere da un mondo ostile e pericoloso.

Non si può tuttavia negare, alla Destra della Paura, la determinazione con cui afferma la propria ideologia e la capacità di cogliere pulsioni profonde, accompagnate da un menefreghismo -anch’esso con una precisa matrice storica- nei confronti dei problemi globali.
Se il voto di maggio e di giugno ci consegna un potenziale nuovo bipolarismo, tuttavia si fa fatica a vedere, contro quella Destra, una Sinistra e un’alleanza democratica forti, determinate, lucide.

Vorrei che Nicola Zingaretti, di cui conosco bene la lucidità e la prudenza, non scambiasse neppure per un attimo questi risultati come una ripresa della sinistra, destinata quasi naturalmente a crescere. Una parte dell’elettorato si è mobilitata e ha votato – solo una parte, ancora – non per merito del Partito Democratico, ma suo malgrado. Per dare un segnale, con la forza di opposizione più consistente, a Matteo Salvini e dirgli che la sua non sarà una passeggiata. Come diceva in altri tempi Indro Montanelli – quando invitava a votare la Democrazia Cristiana turandosi il naso – migliaia di elettrici e di elettori si sono turati il naso. La crisi morale del PD, confermata dal recente scandalo che ha investito il Consiglio Superiore della Magistratura, è proprio la dimostrazione di quella degenerazione della politica, di cui aveva parlato Enrico Berlinguer nel 1983 nella famosissima intervista rilasciata ad Eugenio Scalfari. Fino ad ora le parole e i gesti del PD per prendere le distanze dai responsabili politici di questi comportamenti sono state flebili e impacciate.

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Ma il nodo che il PD deve sciogliere, vista l’irrilevanza di ogni tentativo di costruire alla sua sinistra un’alternativa, è la sua identità, la sua ideologia, il suo profilo. Per contrastare quella Destra occorre una Sinistra orgogliosa, radicata nella storia, esplicitamente connessa col Socialismo e con le sue icone, ma capace di parlare il linguaggio nuovo della dignità del lavoro nel tempo digitale, della rivoluzione delle donne alla guida di una società umana, dello stop alla distruzione ambientale del pianeta. Non può esserci ad un tempo un partito ultraliberale – di matrice renziana – e una forza socialdemocratica conservatrice, molto invecchiata nel linguaggio e nelle proposte.

In questo senso non è peregrina l’idea di Carlo Calenda di dar vita ad una forza liberale alleata col PD. Ma regge, quell’idea, a condizione che il PD si ripensi e si rifondi come forza socialista, sulla scia delle scelte vincenti fatte dal socialismo spagnolo e da quello portoghese. Mi sembra che siamo ben lontani da questo scenario e che si coltivi l’idea di far convivere queste istanze nello stesso partito. Un conto è una pluralità di idee, un altro far convivere due ipotesi troppo lontane per vivere non so se in una coalizione ma sicuramente in un partito. Anche all’area nostalgica del periodo di Matteo Renzi, che enfatizza il successo dei socialdemocratici danesi vorrei dire che la posizione di rafforzamento del welfare e delle protezioni sociali espressa in quel paese ha poco a che fare con la cancellazione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, e che riguardo al l’immigrazione in quel paese va analizzato anche il successo largo delle forze alla sinistra dei socialdemocratici.

Il paradosso della situazione attuale è che le culture politiche di matrice cattolica o religiosa appaiono, nel PD e fuori da esso, più avanzate di tante di quelle che vengono dal PCI e dal PSI, tuttora abbagliate dal credo liberale. Sono più socialisti tanti cristiani che tanti ex qualcosa.
Mai come in questo momento c’è bisogno di un segnale forte e discontinuo.

Basta poco. Associarsi al Psoe di Pedro Sanchez, e con lui, coi socialisti portoghesi e con Alexis Tsipras dar vita ad un movimento di socialismo euro-mediterraneo. Aprirsi alla rete dei movimenti e del civismo. Ripartire dai sindaci e dai territori. Realizzare con Maurizio Landini e col sindacato -che lancia a se stesso una nuova sfida unitaria- un patto sistematico di consultazione. Aprirsi subito all’iniziativa di mobilitazione degli intellettuali contro la Destra della Paura promossa nei giorni scorsi da Massimo Cacciari. Cambiare il proprio statuto, per dar vita ad un vero partito.

Da: http://www.strisciarossa.it/ [4] (editoriale della Rivista Infinitimondi) del 19 giugno 2019