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Epicrisi 229. Vott’ a schiove

di Sandro Romano

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Niente da fare, il tempo non migliora, è ancora incerto, e questa estate tarda a dare i suoi primi tiepidi effetti. E’ incredibile, eppure sembra tutto collegato: la stranezza dei temporali fuori stagione, con tanto di fulmini e saette, ed il cattivo tempo che, puntualmente, si addensa nei consigli comunali. Una similitudine che apparirebbe divertente se non fosse che gli argomenti nella tempesta sono tragicamente seri. Similitudine per similitudine, un’instabilità climatica che, secondo i più esperti, prenderebbe origine dal contrasto che le correnti fredde provenienti dalle “montagne svizzere” hanno con quelle calde e temperate dei nostri mari. Diremmo un’incompatibilità climatica…

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Dal suo osservatorio politico, Vincenzo Ambrosino, nonostante il groviglio meteo-ideologico in atto, non si arrende nel cercare di imbastire teorie (spesso azzardate) ed affiancare tessere di un mosaico politico isolano [2] sempre più stravagante ed imprevedibile.

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Sicuramente centra in pieno l’obiettivo con la sua puntuale analisi del dopo elezioni [4], quando lascia percepire che il voto isolano, al di là delle capacità o meno di proporsi di ognuno, comunque risente, anche se a modo suo, delle battaglie che si combattono nei lontani palazzi del potere e nelle piazze con “i balconi”. Come dire: “Oggi prendi 314 voti sulla pelle degli immigrati che a Ponza non ci stanno e, dopodomani perdi tutto, compresa la faccia, se a Roma dovesse arrivare ‘baffone’ .

E continua lo stillicidio di parenti, amici e conoscenti che intraprendono la lunga via dell’infinito. Questa settimana sono partiti in tre: Daniele Giovanni Calisi di Cala Caparra Daniuccio e Silvia Mazzella [5], vedova D’Arco, dei Conti e Franco Calisi [6] di 51 anni, di Santa Maria. Un’annata terribile.

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Interessante è il richiamo di attenzione della nostra Rosanna sul libro del 1890 “Impressioni [8], di Gabriella Moriondo, giovane insegnante d’importazione che sposò il notaio Giovanni Coppa e fu la mamma del celeberrimo prof. Ezio Coppa. Una preziosa testimonianza del passato recuperata e ristampata grazie all’eroica libreria Il Brigantino.

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Altrettanto interessante è la recensione che sempre Rosanna ci propone per il libro “La macchina del vento” [10], un romanzo di Wu Ming 1. Ambientato a Ventotene negli ultimi anni del confino politico, fa incontrare personalità reali – come Pertini, Traquandi, Spinelli, Ravera, Maovaz, Terracini, Colorni insomma tutti quelli che conosciamo e che erano passati prima per Ponza -, personaggi inventati, ma verosimili, e divinità del mondo classico, in un contesto storicamente determinato e circostanziato, dove non manca nemmeno l’affondamento del “Santa Lucia”. Come ci tiene a precisare Rosanna, Wu Ming 1 non è un autore cinese, ma italiano. Si tratta di Alessandro Bui, questo è il suo vero nome, che nel 1999 ha fondato con altri quattro colleghi un collettivo per produrre romanzi a più mani, scegliendo di non apparire mai né in televisione né video né in foto.

Fa piacere ritrovare in una “Una canzone per la domenica”, un vecchio pezzo di Herbert Pagani [11], dimenticato dai più ma non da Sandro Russo, che ai suoi tempi contribuì a spostare un po’ più in là il comune senso del pudore.

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E anche – proposto da Silverio Guarino – un brano di Jannacci forse troppo in anticipo per i tempi in cui uscì. C’era chi vedeva in questo cantante stonato (“scumbinate” secondo il maestro Anzalone) un artista dell’Avanguardia, proprio come i pittori e scultori dell’astratto, dato che violava con disinvoltura tutte le regole del “buon canto”, aprendo così una strada musicale rivoluzionaria, proprio là dove nessuno aveva mai osato.

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Al di là della stravaganza, oggi Jannacci con il suo Giovanni telegrafista [14] farebbe meno scalpore di fronte al popolo che trasmette, dove ognuno di noi è interconnesso con l’altro senza sentire “piripiripiripiripiripippi…”, il ticchettio del telegrafo con il quale si collegava con tutto il mondo. Oggi probabilmente è più impersonale e noioso di allora il muovere le dita senza sentire nulla.

Franco De Luca ravviva la presenza dello gnomo buono della nostra mitologia isolana: ‘u munaciello [15]. Diversamente da quello campano, il nostro piccolo mago viaggia anche di giorno e va in giro per le contrade isolane spesso divertendosi a fare scherzetti soprattutto agli abitanti più increduli ed isolati.

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Checché se ne dica, ogni tanto esce dal suo pensatoio di eccezione di “Sopra la Madonna” e questa volta per andare addirittura a Le Forna, a cogliere una particolare emozione. E’ Franco De Luca che con un quadro fatto di parole, dipinge emozioni e colori, ci descrive col cuore in mano quel magnifico ed inaspettato Coro di bambini [17] delle Elementari e delle Medie preparati a Ponza da un’insegnante di musica. Egli sottolinea: “Ebbene questo Coro è una autentica novità nel chiuso della comunità ponzese. Non solo. Di una comunità rappresa, che sta implodendo stagione dopo stagione. Una novità culturale, viva, palpitante, che dà speranza a chi stabilmente trascorre la vita sull’isola”.
Sicuramente molti non sapevano: alla prossima ci sarà il tutto esaurito.

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Intanto Giuseppe Mazzella di Rurillo ci informa sul lento procedere della ricostruzione [19] che, incredibile ma, purtroppo, rientrante nel “normale” mal funzionamento della cosa pubblica, dipende dal comune di Casamicciola. Rispetterà i termini imposti dalla norma? Staremo a vedere.

Il Golfo di Napoli ha dato tanti uomini di mare che hanno solcato gli oceani e tenuta alta l’affidabilità dei Comandanti e, in generale, degli equipaggi partenopei. Uno in particolare si è distinto per volersi raccontare in un viaggio tra l’introspettivo e il reale: il capitano Antonio Mazzella, Tonino, per gli amici. Nel suo volume autobiografico, “Dal Golfo agli oceani… e ritorno [20] Tonino Mazzella affronta una tematica molto cara alle famiglie rivierasche del golfo di Napoli.

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Sandro Russo focalizza l’attenzione su “Caro Diario” [22], il bel film di Nanni Moretti, ed in particolare su “Isole”, il secondo episodio. Ciò che a me colpì molto del film è l’incredibile somiglianza che hanno gli scorci delle isole. Sembra di scorgere ovunque un pezzo del Porto, di Sopra Giancos o di Le Forna.

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E ancora Sandro ci propone l’introduzione di Erri De Luca [24] al libro fotografico di Federica Di Giovanni, perché appropriato per far capire l’essenza delle Isole, rispetto all’episodio omonimo del film Caro diario di Nanni Moretti (1993).
Dice Sandro – Vediamo se oltre alla fotografa, uno scrittore riesce a far comprendere cosa sono “le isole”.

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Comunque mi sono sempre chiesto perché il nostro caporedattore riportasse così fedelmente tutte le iniziative culturali del Comune di Cori [26]

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– Ma sei di Cori? – gli ho chiesto – hai amici, parenti lì?
– Macché! – mi ha risposto – è che invidio profondamente le loro attività, tante, e sempre originali, con bambini, ragazzi, giovani, tanta gente che vi partecipa… e ogni volta mi chiedo perché non può succedere anche a Ponza! Continuo a mettere gli articoli per dare uno stimolo, un esempio… ma niente!

Simpaticissimo e, purtroppo, molto vero è il racconto sulla propria pelle, anzi, sui propri timpani, di Silverio Guarino. Definito dai soliti “saggi” del bar un “male necessario”, lo scavare e trapanare ponziatico (neologismo para-filosofico isolano) è, probabilmente, l’unico inconveniente veramente tollerato sull’isola. Come qualcuno afferma in modo disinvolto: – Quanne s’adda fa’, s’adda fa’. E così accade che il “Dig Dig” [28] di turno da sopra Giancos arriva ad affacciarsi addirittura a Chiaia di Luna, oppure dalla zona Chiesa di le Forna spunta a Cala d’Inferno. Come affermò una vecchietta degli Scotti di Sopra: a’ vernate scavene pe’ sotte… comm’i zocchele!

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Buona domenica a tutti!