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Che ci azzecca una scogliera bianca a Frontone?

di Dante Taddia

 

Il primo a lanciare l’allarme per la scogliera bianca che cominciava a essere costruita sul lato destro della spiaggia di Frontone – guardando dal mare – è stato Biagio Vitiello (leggi qui [1] e commenti successivi, nello stesso articolo), che anche in seguito è tornato a sollevare il problema. I lavori sono proseguiti, la scogliera, di un bianco abbacinante che ferisce la vista, è in pratica ultimata, e la parte tra essa e la spiaggia esistente è colmata. Il passaggio dunque sarà pure in sicurezza, ma il danno è fatto. Tanto che ci chiediamo: non ci dovrebbe essere una sorta di “piano del colore” anche per le costruzioni in mare, oltre che per quelle a terra? Ospitiamo oggi in merito il punto di vista di Dante Taddia, professione geologo, attento e innamorato frequentatore di Ponza, totalmente rispettoso della sua natura e addolorato per la distruzione del suo ecosistema.
La Redazione

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Ho seguito con stupore e rabbia la vicenda della “bianca scogliera di Frontone”. E la considero una vera “nota dolens” nonché un grande affronto al mare per lui stesso e per quanti ci devono vivere (flora e fauna). Lasciamo le bianche scogliere di Dover  nel luogo di loro competenza e dove Grande Madre Terra ha deciso di posizionarle  da tempi remoti. Non sentiamo certo la necessità di fare “fusion” come succede anche per la cucina. Il fatto che una roccia sia calcarea non significa che debba essere scartata a priori ma deve restare nel suo ambiente naturale calcareo parafrasando il “che ci azzecca” in un ambiente peculiarmente di rocce laviche, dove fauna e flora da millenni hanno stabilito e fatto prosperare il loro habitat.

Il suo impiego andava quindi valutato a priori e con più ampio spettro e non solo per l’aspetto meramente economico che “la roccia calcarea costa meno”.
Se non ricordo male in una divertente canzone napoletana si chiedeva ad un certo punto del testo di prendere una decisione tra pasticcino, babà o spumone. La risposta era decisa: “chelle che costa ‘i cchiù” dove ovviamente al costo dovevano essere associati qualità, sapore, soddisfacimento papillare maggiori. Altrettanto bisognava fare per la scogliera: il materiale, “chelle che costa ‘i cchiù“. E se un “danno” è già stato perpetrato per la scogliera dell’ormai defunta Caletta del Porto non vuol dire che deve essere ripetuto anche per Frontone. Errare humanum est. Perseverare è diabolico.

Non voglio disturbare l’amico Adriano Madonna, ma sono sicuro che il suo intervento vivacizzerebbe di molto un potenziale forum, poiché vorrei dare solo qualche informazione elementare (per informazioni di carattere scientifico occorre però fare riferimenti scientifici) circa la presenza di una roccia calcarea in mare e i meccanismi chimici che si sviluppano proprio per l’azione dell’acqua marina. Infatti l’azione erosiva del mare e quella chimica di attacco fanno rilasciare particelle finissime di roccia calcarea che si depositeranno sul fondo, mentre per l’aspetto chimico la quantità di calcare rilasciata in acqua dipende molto dall’acidità della stessa, misurabile come pH .

Ma cosa è il pH? Esso rappresenta la misura di quanto una sostanza sia acida o basica. Tale grandezza, che rappresenta la misura della concentrazione di ioni idrogeno in soluzione acquosa, è quantificabile su una scala che va da 0 a 14. Si è scelto di utilizzare come valore di riferimento per la neutralità il pH (*) dell’acqua pura a 25°C: è pari a 7.
Il pH in acqua di mare varia da circa 7.5 a circa 8.5. In genere, il valore negli oceani aperti è circa 8, nelle acque costiere invece varia all’interno del range indicato. Esso dipende non solo dall’ossigeno totale disciolto e dalla temperatura, ma anche dalla salinità: tali valori alcalini, cioè maggiori di 7, infatti, sono dovuti all’eccedenza di ioni carbonati e bicarbonato che si originano dalla reazione della CO2 con H2O (**). L’alcalinità, inoltre, è generata dalla reazione tra lo ione calcio con lo ione carbonato che origina carbonato di calcio (***).

Sulla roccia di tipo lavico presente a Ponza le azioni erosive – del moto ondoso (per la parte immersa) o quella eolica (per la parte emersa) – sono molto lente, e dal punto di vista dell’attività chimica il processo è limitato e non altera la trasparenza dell’acqua, come invece fa la presenza di roccia calcarea. L’importanza della luce come sorgente di energia per la fotosintesi e come uno dei fattori che controllano la distribuzione e le migrazioni degli organismi, è basilare. Una parte dell’energia incidente non penetra nell’acqua perché viene riflessa dalla superficie, in misura tanto maggiore quanto più il sole è basso all’orizzonte (in funzione della stagione e dell’ora del giorno).
Questa è la normale condizione che si riscontra nei mari, per cui le radiazioni che penetrano sotto la superficie dell’acqua vengono assorbite e diffuse dalle molecole d’acqua in modo diverso a seconda della lunghezza d’onda.
Abbiamo  due casi distinti:
a) in mare aperto la massima penetrazione si ha per le radiazioni di lunghezza d’onda 400-500 nm, cioè per le radiazioni violette e azzurre;
b) presso la costa la massima penetrazione è stata osservata per le radiazioni di lunghezza d’onda maggiore di 500 nm, cioè per quelle verdi.
La differenza è dovuta al fatto che in acque costiere è presente una maggior quantità di particelle in sospensione e di sostanze in soluzione. Cosa succede quindi  inserendo un elemento estraneo (alloctono come una roccia calcarea con rilascio di particelle e azione chimica importante come abbiamo visto) in un ambiente autoctono (roccia lavica minimamente attaccata)?

Semplice. Diminuisce la  trasparenza, in quanto si crea una torbidità che le acque di Ponza per la natura stessa delle sue rocce non conoscono (e mi auguro continuino a non conoscere). Abbiamo così favorito la creazione di un filtro selettivo alla luce e di conseguenza allo sviluppo di un micro ecosistema diverso da quello originale  in quanto, proprio data la bassa profondità del fondale, il moto ondoso porta facilmente in sospensione la parte superficiale fine del sedimento, incrementando sistematicamente la diminuzione della trasparenza e limitando quindi le fioriture algali (Posidonia). E non mi sembra cosa da poco.

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(*)  Il pH è espresso matematicamente attraverso il logaritmo negativo della concentrazione degli ioni idrogeno presenti in soluzione: pH = – log10 [H+].

(**)  CO2 + H2O < — > H2CO3 < — > HCO3  +  H+ < — >  CO3 + 2H+.

(***)  secondo la seguente reazione: Ca++ + CO3  < — > CaCO3.