Ambiente e Natura

Quale futuro per i fari dati in concessione

a cura della Redazione

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Interessante articolo quello, a firma di Flavia Corsano di Italia Nostra pubblicato, dal quotidiano La Stampa qualche giorno fa (vedi link a fondo pagina), sui fari e sul progetto Valore Paese-Fari che ha l’obiettivo di valorizzarli e che ben conosciamo per esserne coinvolto anche il “nostro” faro della Guardia.

Ricordiamo che già quattro sono i bandi emanati dall’Agenzia del Demanio a partire dal 2015 e oltre 80 le strutture, come fari, torri ed edifici costieri, interessate.
Pochi sono comunque, finora, quegli immobili rinati e resi fruibili.
A parte le ingenti risorse finanziarie occorrenti (che evidentemente ci sono, visto le domande pervenute e i progetti presentati), in molti casi ci sono difficoltà logistiche da affrontare e problemi di natura amministrativa da risolvere.
Ne sappiamo qualcosa noi a Ponza considerato lo stallo in cui versa (almeno in base alle notizie che abbiamo) la situazione del faro della Guardia.

L’articolo de La Stampa si propone di analizzare luci e ombre di un’operazione innovativa che potrebbe influenzare le modalità delle future ingenti dismissioni stabilite dal Decreto Finanza dell’attuale governo che prevede di ricavare 950 milioni dalla vendita del patrimonio immobiliare dello stato nel 2019.

Vero è che le linee guida del progetto di valorizzazione prevedono che gli operatori possano “sviluppare un progetto dell’elevato potenziale per i territori e a beneficio di tutta la collettività e, che favorisca la messa in rete di siti di interesse storico artistico e paesaggistico, migliorando la fruizione pubblica e sviluppando un modello di accoglienza turistica intesa non solo come ricettività ma anche in relazione ad attività formative di natura sociale e culturale e di scoperta del territorio”, ma è anche vero che se si allentano le maglie dei bandi sulle condizioni da rispettare, spinti dall’esigenza di fare cassa, elevato è il rischio che tali strutture diventino solo dei resort di lusso chiusi al pubblico per le visite e inaccessibili se non disposti a prenotare una stanza al modico prezzo di 500 euro a notte.

I risultati dei bandi emanati finora ci dicono l’una e l’altra cosa.
Alcuni fari, come il faro di Punta Fenaio sull’isola del Giglio e il faro di Capo Grosso a Levanzo sono diventate residenze esclusive che poco lasciano alla possibilità di utilizzo pubblico.

Altri invece possono aspirare ad un destino diverso, come il faro di capo d’Orso a Maiori che, preso in gestione dal WWF, sarà un contenitore culturale pubblico punto di snodo di trekking sulla costiera amalfitana e i Monti Lattari con l’obiettivo di sviluppare un turismo responsabile e la fruizione di territori altrimenti abbandonati.

L’articolo contiene anche una proposta rivolta all’Agenzia del Demanio: quella di rivedere i criteri di scelta dei progetti meritevoli di concessione in modo che possono essere selezionate anche proposte per la creazione di ostelli o rifugi per i turisti, accordi con circoli velistici e la Lega Navale per centri di supporto ai diportisti, osservatori e centri di ricerca universitaria, centri sociali e musei di varia natura.

Ovviamente per quelle strutture che lo consentono.

da La Stampa del 13 maggio: La triste storia dei Fari d’Italia venduti

 

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