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Epicrisi 226. Ponza racconta, con Ventotene nel cuore

di Luisa Guarino

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Settimana quantitativamente vivace e qualitativamente avvincente quella che si è appena conclusa sulle pagine del nostro sito, e di cui mi piace delineare tre filoni principali: le vicende riguardanti Ponza, sotto il profilo dell’attualità e non solo; quelle che interessano Ventotene, isola sorella e importante punto di riferimento; la botanica e i giardini, con risvolti anche per la nostra isola. Ma la settimana vede anche la terza e ultima parte dell’interessantissimo scritto di Giuseppe Di Donna segnalato da Biagio Vitiello, “Torresi alla conquista del Mediterraneo [2]“, che non solo ha permesso di aggiungere qualche tassello in più alla storia ponzese e al rapporto con la comunità di Torre del Greco che vi si è installata nel XVIII secolo, ma ha fatto crescere in tutti il desiderio di saperne di più. Nel servizio si parlava anche della pesca del corallo: ed è stato molto apprezzato il video proposto da Sandro Russo [3] sui “lavori scomparsi” che mostrava i torresi impegnati ad Alghero a metà anni ’50.

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Un tema che esula dalle argomentazioni principali indicate è invece quello della poesia dialettale napoletana di Paolo Mennuni, la cui vena negli ultimi tempi appare piuttosto malinconica. Basta leggere “Dint’ ‘o ‘spitale” [5], con cui ha aperto la settimana, e le tre composizioni che proprio ieri l’hanno conclusa, “L’aità c’è, ‘a malatìa pure, ma… ‘i voglio campa’ cient’anne [6]“: si parla degli anni che avanzano, e che costringono a degenze e cure. Però un guizzo di ottimismo alla fine giunge: “Voglio arrivare al 2033” (in fondo mancano solo 14 anni – ndr) – afferma l’autore, ma non è tutto: “scrivendo… una caterva di poesie”.  Promessa o minaccia? Si chiederà qualcuno.

Sempre volutamente in bilico tra realtà isolana e nazionale sono le considerazioni di Franco De Luca, sia con i suoi “Racconti radical chic [7]” che se guardi bene trattano la differenza tra paposcia e uallera (con un’appendice in “Uallaruso… mitte ‘a capa… [8]“), sia con “Pure ‘a reggina.. [9].” in cui richiama tutti i ponzesi a socialità e compartecipazione, in prospettiva del bene comune. Un concetto su cui Franco torna spesso, ma a cui ritengo che i suoi compaesani, che poi sono anche i miei, continuino a fare “orecchie da mercante”.
Ponza come era un tempo affiora dal bel racconto di Silveria Aroma “Sante Liberate… Sante Liberate [10]” attraverso le parole di nonna Emilia, classe 1920, che ricorda usi e tradizioni di una volta, a metà strada fra religiosità e superstizione.

Passando all’attualità vera e propria, appare molto illuminante sull’attuale situazione politica di Ponza l’intervista di Vincenzo Ambrosino a Danilo D’Amico [11] in occasione dell’uscita del suo libro “#SiPuòFare”. E’ consolante verificare l’impegno di un giovane, sceso in politica determinato a fare qualcosa di concreto per la propria isola, cercando di coinvolgere i propri coetanei e non solo. Altrettanto piacere fa apprendere dalla Casa dei Ponzesi che parte dell’area dell’ex discarica di Monte Pagliaro [12] è stata dissequestrata, e ciò potrà portare un miglioramento nella raccolta dei rifiuti.
Prima di lasciare il tema dell’attualità, ponzese e non solo, vorrei ancora una volta sottolineare la valenza e la completezza della nostra Rassegna Stampa [13], curata con grande impegno e solo apparente lievità da Enzo Di Fazio e Sandro Russo, nonché l’importanza dei commenti inseriti, che spesso portano o riportano all’attenzione – come nel caso della nuova scogliera a Frontone [14] (nell’aggiornamento di un precedente articolo) – vicende che in troppi vorrebbero ignorare.

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Posizione di rilevo, atipica direi, per alcune iniziative riguardanti la botanica e i giardini. Si comincia con la presentazione a Roma della guida “I giardini del Lazio“, che include anche il Giardino botanico ponziano, ricco di orchidee naturali, curato da Biagio Vitiello. Prendendo spunto dalla mostra di Cori dedicata a Leo Lionni [16]nel ventennale della morte, Sandro Russo con “Botanica di fantasia [17]” ricorda l’autore de “La botanica parallela”, con cenni a Borges, Calvino, Ceronetti e Baricco. Nella presentazione del numero di maggio di Ischia News & Eventi [18]pubblicata ieri, infine, ampio spazio è riservato ai Giardini della Mortella, celebrati come “Recital di Madre Natura” nello scritto di Ciro Cenatiempo, e raffigurati in copertina.

In quanto a Ventotene, che ho lasciato per ultima in quanto è per me l’argomento più importante della settimana, ci soffermiamo sul caso del dissalatore dell’isola [19], in merito al quale in un servizio di oltre un mese fa il Tg1 aveva ospitato il parere unilaterale di Acqualatina; dopo di che il sindaco Gerardo Santomauro ha chiesto di esprimere il suo parere nonché quello degli utenti dell’isola. Così si è potuta conoscere finalmente la situazione reale.
Lo stesso sindaco di Ventotene passa invece da accusatore a “accusato” sui social per il progetto “Confluenze/Gli Europei [20]“, che tra non molto vedrà le case di Piazza Castello e lo stesso palazzo comunale interessati da un intervento del noto e prestigioso artista francese Daniel Buren. Grazie ad esso sparirà il colore uniforme esistente, e le pareti saranno decorate con inserti geometrici di colore rosso, blu, verde, giallo: l’installazione è temporanea e durerà tra i 6 e i 12 mesi. La polemica per il momento va avanti.

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Restiamo e chiudiamo a Ventotene, citando la terza e ultima parte del lungo, affettuoso, rispettoso, orgoglioso, ammirato, coinvolgente racconto di Tonino Impagliazzo, “Il ricordo di Beniamino Verde a vent’anni dalla sua tragica scomparsa [22]“.
Il prossimo 15 luglio saranno vent’anni che Beniamino non c’è più, ucciso in un incidente d’auto, su una strada, lui che era tutt’uno con il mare e la sua isola. Andava a Latina per lavoro, in Prefettura: tutta l’energia, la fierezza, quello sguardo penetrante e deciso che lo faceva assomigliare al dio Nettuno, i capelli lunghi sempre al vento, tutto finito in un momento.
Ricordo che ero al giornale quando la notizia è arrivata, e ci ha annientati tutti. Più tardi, parlavo al telefono con un’amica, e piangevo: lei non capiva. Forse neanche io. Sentivo che era crollato un mondo, che si chiudeva un pezzo di storia: e non era un modo di dire.

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Anche per questo da allora sono diventata una ponzese… con Ventotene nel cuore.