Ambiente e Natura

Epicrisi 226. Ponza racconta, con Ventotene nel cuore

di Luisa Guarino

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Settimana quantitativamente vivace e qualitativamente avvincente quella che si è appena conclusa sulle pagine del nostro sito, e di cui mi piace delineare tre filoni principali: le vicende riguardanti Ponza, sotto il profilo dell’attualità e non solo; quelle che interessano Ventotene, isola sorella e importante punto di riferimento; la botanica e i giardini, con risvolti anche per la nostra isola. Ma la settimana vede anche la terza e ultima parte dell’interessantissimo scritto di Giuseppe Di Donna segnalato da Biagio Vitiello, “Torresi alla conquista del Mediterraneo“, che non solo ha permesso di aggiungere qualche tassello in più alla storia ponzese e al rapporto con la comunità di Torre del Greco che vi si è installata nel XVIII secolo, ma ha fatto crescere in tutti il desiderio di saperne di più. Nel servizio si parlava anche della pesca del corallo: ed è stato molto apprezzato il video proposto da Sandro Russo sui “lavori scomparsi” che mostrava i torresi impegnati ad Alghero a metà anni ’50.

Un tema che esula dalle argomentazioni principali indicate è invece quello della poesia dialettale napoletana di Paolo Mennuni, la cui vena negli ultimi tempi appare piuttosto malinconica. Basta leggere “Dint’ ‘o ‘spitale”, con cui ha aperto la settimana, e le tre composizioni che proprio ieri l’hanno conclusa, “L’aità c’è, ‘a malatìa pure, ma… ‘i voglio campa’ cient’anne“: si parla degli anni che avanzano, e che costringono a degenze e cure. Però un guizzo di ottimismo alla fine giunge: “Voglio arrivare al 2033” (in fondo mancano solo 14 anni – ndr) – afferma l’autore, ma non è tutto: “scrivendo… una caterva di poesie”.  Promessa o minaccia? Si chiederà qualcuno.

Sempre volutamente in bilico tra realtà isolana e nazionale sono le considerazioni di Franco De Luca, sia con i suoi “Racconti radical chic” che se guardi bene trattano la differenza tra paposcia e uallera (con un’appendice in “Uallaruso… mitte ‘a capa…“), sia con “Pure ‘a reggina...” in cui richiama tutti i ponzesi a socialità e compartecipazione, in prospettiva del bene comune. Un concetto su cui Franco torna spesso, ma a cui ritengo che i suoi compaesani, che poi sono anche i miei, continuino a fare “orecchie da mercante”.
Ponza come era un tempo affiora dal bel racconto di Silveria Aroma “Sante Liberate… Sante Liberate” attraverso le parole di nonna Emilia, classe 1920, che ricorda usi e tradizioni di una volta, a metà strada fra religiosità e superstizione.

Passando all’attualità vera e propria, appare molto illuminante sull’attuale situazione politica di Ponza l’intervista di Vincenzo Ambrosino a Danilo D’Amico in occasione dell’uscita del suo libro “#SiPuòFare”. E’ consolante verificare l’impegno di un giovane, sceso in politica determinato a fare qualcosa di concreto per la propria isola, cercando di coinvolgere i propri coetanei e non solo. Altrettanto piacere fa apprendere dalla Casa dei Ponzesi che parte dell’area dell’ex discarica di Monte Pagliaro è stata dissequestrata, e ciò potrà portare un miglioramento nella raccolta dei rifiuti.
Prima di lasciare il tema dell’attualità, ponzese e non solo, vorrei ancora una volta sottolineare la valenza e la completezza della nostra Rassegna Stampa, curata con grande impegno e solo apparente lievità da Enzo Di Fazio e Sandro Russo, nonché l’importanza dei commenti inseriti, che spesso portano o riportano all’attenzione – come nel caso della nuova scogliera a Frontone (nell’aggiornamento di un precedente articolo) – vicende che in troppi vorrebbero ignorare.

Posizione di rilevo, atipica direi, per alcune iniziative riguardanti la botanica e i giardini. Si comincia con la presentazione a Roma della guida “I giardini del Lazio“, che include anche il Giardino botanico ponziano, ricco di orchidee naturali, curato da Biagio Vitiello. Prendendo spunto dalla mostra di Cori dedicata a Leo Lionni nel ventennale della morte, Sandro Russo con “Botanica di fantasia” ricorda l’autore de “La botanica parallela”, con cenni a Borges, Calvino, Ceronetti e Baricco. Nella presentazione del numero di maggio di Ischia News & Eventi pubblicata ieri, infine, ampio spazio è riservato ai Giardini della Mortella, celebrati come “Recital di Madre Natura” nello scritto di Ciro Cenatiempo, e raffigurati in copertina.

In quanto a Ventotene, che ho lasciato per ultima in quanto è per me l’argomento più importante della settimana, ci soffermiamo sul caso del dissalatore dell’isola, in merito al quale in un servizio di oltre un mese fa il Tg1 aveva ospitato il parere unilaterale di Acqualatina; dopo di che il sindaco Gerardo Santomauro ha chiesto di esprimere il suo parere nonché quello degli utenti dell’isola. Così si è potuta conoscere finalmente la situazione reale.
Lo stesso sindaco di Ventotene passa invece da accusatore a “accusato” sui social per il progetto “Confluenze/Gli Europei“, che tra non molto vedrà le case di Piazza Castello e lo stesso palazzo comunale interessati da un intervento del noto e prestigioso artista francese Daniel Buren. Grazie ad esso sparirà il colore uniforme esistente, e le pareti saranno decorate con inserti geometrici di colore rosso, blu, verde, giallo: l’installazione è temporanea e durerà tra i 6 e i 12 mesi. La polemica per il momento va avanti.

Restiamo e chiudiamo a Ventotene, citando la terza e ultima parte del lungo, affettuoso, rispettoso, orgoglioso, ammirato, coinvolgente racconto di Tonino Impagliazzo, “Il ricordo di Beniamino Verde a vent’anni dalla sua tragica scomparsa“.
Il prossimo 15 luglio saranno vent’anni che Beniamino non c’è più, ucciso in un incidente d’auto, su una strada, lui che era tutt’uno con il mare e la sua isola. Andava a Latina per lavoro, in Prefettura: tutta l’energia, la fierezza, quello sguardo penetrante e deciso che lo faceva assomigliare al dio Nettuno, i capelli lunghi sempre al vento, tutto finito in un momento.
Ricordo che ero al giornale quando la notizia è arrivata, e ci ha annientati tutti. Più tardi, parlavo al telefono con un’amica, e piangevo: lei non capiva. Forse neanche io. Sentivo che era crollato un mondo, che si chiudeva un pezzo di storia: e non era un modo di dire.

Anche per questo da allora sono diventata una ponzese… con Ventotene nel cuore.

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