Ambiente e Natura

Il ricordo di Beniamino Verde a vent’anni dalla sua tragica scomparsa (3)

di Tonino Impagliazzo

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per la seconda parte (leggi qui)

La sua fu una vita ricca di esperienze che lo portarono alla difesa dei più deboli e dei mestieri del contadino e del pescatore; come politico amministrò la cosa pubblica con intensa passione, senza se e senza ma.

 

La famiglia di Beniamino Verde.
In primo piano papà Silvestro, Beniamino è il terzo guardando la foto da sinistra


L’Uomo e il Politico

Andava fiero della sua terra che paragonava ad uno scrigno colmo di valori inestimabili da condurre, giorno dopo giorno, verso scelte di grande luminosità. A quanti ebbero modo di conoscerlo e frequentarlo, manifestò una profonda gioia di vivere in un territorio circondato da un mare ricco e stupendo, pervaso da un’agricoltura di sapori eccezionali, sorretto da una cultura ed una storia di grande rilevanza. Si vantava di poter ascoltare il fruscio del vento tra le canne, il rumore della risacca del mare tra gli scogli e sentire sul proprio corpo quel bagnato di sale.

Beniamino marinaio

Un particolare di Cala nave, luogo cui Beniamino era molto legato

Possedeva una personalità piena di impulsi istintivi che manifestava con irruenza e tenacia nei confronti degli arroganti e dei sopraffattori. Ma era anche capace di pacate pause riflessive che gli consentivano di essere dolce e attento con i deboli, accorto e sensibile con gli amici, generoso e altruista con il prossimo.
Da amministratore pubblico esternò una grande attenzione nella costante ricerca della verità e della giustizia, dedicò ampia disponibilità sul fronte dell’impegno sociale e nella tutela del patrimonio storico-culturale e naturale, settori che lo videro costantemente presente.
Osava ripetere che “distruggere“ questa risorsa così fragile e così piccola avrebbe spalancato agli abitanti dell’isola la strada che conduce inesorabilmente alla povertà, alla miseria interiore e all’abbandono del territorio.

Ventotene – punta Eolo

L’uomo Beniamino, temprato dalle numerose esperienze di lavoro trascorse su questo minuscolo scoglio, acquisì quelle sensibilità che lo videro negli anni baluardo nel recuperare, custodire e valorizzare le risorse del territorio. Egli riteneva che quelle potenzialità, messe alla base di una rivoluzionaria “rinascita”, avrebbero potuto determinare un nuovo percorso capace di ridare energia e forza ad un territorio piccolo ma incredibilmente ricco.

Un percorso di vita dedicato interamente all’isola
Era stato studente, frequentando il liceo e l’università a Salerno, ma anche contadino nella terra dei propri genitori (zona Fontanelle con papà Silvestro). Aveva seguito, con la Coltivatori diretti, l’acquisto collettivo di vitelli di cui curava anche la macellazione sull’isola.

Il periodo dei bovini e della macellazione

Era stato pescatore accanto ai vecchi pescatori per apprendere l’uso dei “palangari”, delle nasse per le aragoste e la tecnica della pesca in profondità con ami per “dentici e pezzogne”.

Beniamino pescatore e la sua cianciola

Nell’età più matura aveva acquistato una piccola cianciola per la pesca locale; aveva condotto una breve esperienza alla guida del “Nuovo Pensiero”, bastimento per il commercio/trasporto di merci, che dovette, però, abbandonare a causa dei limitati spazi operativi che la concorrenza economica e la politica dominante sull’isola gli frapponevano.

Il bastimento “Nuovo Pensiero” nel porto romano

Ci furono poi le esperienze politiche ed economiche, tante battaglie e sconfitte. Lottò con tutte le energie per la chiusura dell’ex Carcere Borbonico di Santo Stefano. Sostenne con forza e occhio lungimirante tutti i tentativi che avrebbero potuto indebolire il “potere economico e politico unico sull’isola”, esaltando invece le iniziative collettive come la nascita della “Coop. Ventotene – tourist” per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico–monumentale dell’isola. Apprezzò la nascita di un camping sull’isola in località Canalone e la fondazione di una cooperativa di pesca, la ”Punta Eolo”, che, poi, dovette trasferirsi in Sardegna per ragioni tecniche e organizzative.

Politicamente si mobilitò per non consentire l’utilizzo del nosocomio di Santo Stefano come carcere per i “brigatisti” e lottò contro il Demanio dello Stato perché non svendesse ai privati l’ex Carcere di Santo Stefano, evitando una possibile speculazione edilizia sostenuta dagli interessi di pochi . Sottoscrisse con il Ministero delle Finanze, guidato all’epoca dall’On.le Formica, un documento di intenti per il trasferimento di alcuni immobili dello Stato al Comune di Ventotene.

Beniamino e l’on.le Formica

Considerò “il Manifesto di Ventotene” la nuova stella che avrebbe illuminato il futuro dell’isola e la figura di Altiero Spinelli  come il moderno timoniere che conduce la barca di Ulisse in viaggio verso l’affermazione di un “nuovo pensiero”, quello del rinnovamento e della proiezione di Ventotene nel panorama internazionale.

Il giorno in cui le ceneri di Altiero Spinelli furono portate a Ventotene.
Riconoscibili in prima fila a partire da sinistra: con gli occhiali scuri Ursula Hirschmann, il prefetto Orefice,
il Colonnello dei Carabinieri di Latina, Ada Rossi (moglie di Ernesto Rossi) e,
con il pizzetto, Luciano Bolis (anche lui confinato ai tempi di A. Spinelli e oggi seppellito a Ventotene)

La sua politica, un messaggio umano e culturale da raccogliere
Fare politica per Beniamino, uomo intellettualmente complesso ma semplice sul piano umano, significava governare i processi e non subirli, privilegiare il “bene comune” anteponendolo alle esigenze soggettive, operare scelte coerenti, efficaci e coraggiose in linea con le esigenze della comunità e del territorio.
La concentrazione del “potere economico-politico unico” restava per lui l’avversario da evitare e combattere con tutte le energie, onde scongiurare una caduta in schiavitù per un territorio di limitate dimensioni e di ridotta popolazione.

In quegli anni, la difesa del sentimento di appartenenza, l’amore per la propria terra, la custodia delle tradizioni contro possibili ingerenze esterne si intrecciarono con il bisogno di voltare pagina e la consapevolezza di condurre il popolo verso un balzo in avanti.
Il senso civico della politica che gli proveniva da una lunga esperienza pratica, lo aveva forgiato e attraversato diventando per Lui come “una corazza” contro la distruzione degli habitat marini e terrestri (A.M.P. e R.N.S.), “una bandiera” a tutela delle risorse umane e delle tradizioni, e “un faro” a sentinella del patrimonio storico-culturale.
Operare nella politica, nel solco di un messaggio continuativo, significava per Beniamino porsi in sincronia con gli usi e i costumi, le tradizioni dei luoghi della storia e della cultura, per favorire una crescita equilibrata, in armonia con le mutate condizioni economiche della “comunità” e della vita sociale degli abitanti.

Beniamino Verde, Gabriele Panizzi ed Ernesto Prudente

In definitiva il suo fu un percorso di vita condotto attraverso scelte fatte e seguite in simbiosi con questo “piccolo microcosmo” che amava e che negli anni lo ha visto così profondamente legato alla sua isola da essere paragonato ad un fiore da coltivare e raccogliere oltre la propria esistenza. Il suo operato è stato e rimane un esempio per tutti.

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Il ricordo di Beniamino Verde a vent’anni dalla sua tragica scomparsa (3) – Fine

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