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Munaciell’, janara… E ‘a bella ‘mbriana?proposto da Sandro Russo
I viaggi, si sa, allargano gli orizzonti e stimolano la curiosità, anche senza andare troppo lontano. Stavolta da una gita con amici a Pompei e dintorni abbiamo confermato l’impressione positiva che la zona del napoletano ci sta riservando negli ultimi anni. Ottima ospitalità, servizi efficienti, pulizia. Siti archeologici curati magnificamente. ‘A bella ‘mbriana! Chi sarà costei? La domanda viene posta dagli amici direttamente a me, quale esperto di dialetto, ma stavolta non so rispondere. La bella ‘mbriana è sfuggente e se osservata si trasforma in geco o farfalla Questa spiegazione proprio perché ricca ed esauriente, brucia ancora di più e suscita altre domande. Perché fuori da Ponza ‘a bella ‘mbriana ha avuto una adeguata celebrazione, nelle tradizioni popolari e in letteratura; non ultimi un album (del 1982) e una canzone di Pino Daniele, che qui richiamiamo: . . Ulteriore gap tra napoletano e ponzese (o mio limite nella conoscenza del dialetto) il termine jacuèra, che dopo molto chiedere in giro solo Giuseppe Mazzella mi ha saputo chiarire come “confusione di persone inconcludenti che parlano tutte insieme”. Sarà un altro segno che i ponzesi, come discendenti di gruppi (di Ischia e di Torre del Greco) che già avevano introiettato e elaborato il dialetto napoletano, se ne sono ulteriormente allontanati… Comunque, chi conosce più cose sulla bella ‘mbriana, per favore lasci un Commento.
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Caro Sandro,
che bello questo tuo articolo. Mi ha ricordato la tanto amata Anna Maria Ortese, non credo che abbia parlato della bella ‘mbriana ma i suoi racconti e i suoi romanzi sono pieni di creaturine e figurette simili. Un raccordo sicuro è in uno dei suoi primi racconti Il Monaciello di Napoli, ambientato nell’anno 1840. Trascrivo dalla presentazione del racconto:
“Nella cultura napoletana, i Monacielli sono degli spiriti dalla natura selvaggia e indisponente. Additati come pericolosi dalla Santa Chiesa, furono definiti spiritelli diabolici, che s’insediano nelle famiglie, e con la loro condotta irreligiosa corrompono la gioventù. Essi vagano per la città facendo dispetti e cantando cantiche spesso scortesi, infastidendo le persone del luogo, sebbene non siano, alla fin fine, delle creature cattive”.
E poi è Pasqua e mi sia permesso di esagerare un pò, ma il tuo incipit con la visita a Pompei che trapassa nella passeggiata davanti alla pizzeria mi ha ricordato le prime pagine de Il Giardino dei Finzi Contini con il narratore che va a vedere le tombe etrusche e da quella gita nella sua mente torna il ricordo del giardino, di Micol, dell’amore… Vedi tu quanti viaggi fa la testa…