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Fede, legalità, sicurezza, ordine, regole, sviluppo, famiglia

di Francesco De Luca

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Queste sono le bandiere che sventola una parte della rappresentanza politica italiana, che ha radici anche nella nostra isola.

La fede. Ciascuno ha la sua. Imporla è un esercizio che la storia ha deprecato sia moralmente che civilmente. Se poi c’è una comunità nazionale che aderisce da secoli ad una fede, per cui è permeata nel nucleo della sua cultura, non per questo acquista meriti tali da impedire altre fedi. Essendo essa (la fede) di pertinenza esclusiva dell’individuo.
Nella nostra cultura, inoltre, lo Stato è tale perché non si fonda su alcuna fede. Diversamente il suo diritto sarebbe imperniato non su un patto costituito per scelta dei singoli, bensì su precetti imposti da un organismo non scelto dagli uomini ma di origini divine.

La legalità. Riguarda il rispetto delle norme che sono state elaborate da organi rappresentativi dello stato. La forza delle leggi non sta nel potere coercitivo bensì nella capacità che esse hanno di essere fondate sulle istanze popolari, sul rispetto della persona umana, sulla democraticità delle procedure di emanazione, di esecuzione, di controllo.

La sicurezza. È un diritto di ciascun cittadino. In uno stato di diritto essa non può essere messa in discussione. Nessuno ne ha più diritto. Il minore e il povero, la donna e il disabile, il ricco e il magistrato, il viandante, il prelato, il migrante. Tutti, alla stessa maniera, si è soggetti cui è dovuta la sicurezza.

L’ordine. È retto dall’impegno di tutti. Non bastano le leggi, né le punizioni a garantire l’ordine. L’esperienza ha dimostrato che non è la divisa a portare ordine e nemmeno la toga giuridica. L’ordine è radicato nell’animo che segue l’imperativo morale. Esso può dimorare nella persona, così come può trovare accoglienza nella società. In questo caso, soltanto nel suo aspetto formale, perché la sua sostanza deve rimanere nell’intimo della persona. Pretendere che le leggi dello stato siano dotate anche di moralità per cui il rispettarle mette al riparo il soggetto da eventuali colpe, ha causato nella storia catastrofi immani. Ciascuno coltivi l’ordine per sé, dentro di sé.

Le regole. Di solito chi le invoca è uso a disattenderle. Lo ha dimostrato la storia del secolo passato. Le dittature sono apparentemente rigide e non scalfibili mentre la realtà è gravida di corruzione da parte del potere. Le regole si radicano nella società con l’esempio. Questo è più forte se le classi dominanti praticano le regole. Diversamente esse sono imposte da chi può frangerle, su chi le deve sopportare.

Lo sviluppo. E chi può essere contrario allo sviluppo? La vita di ciascuno è un continuo sviluppo. Così come il procedere delle società. Si può giungere ad una legge antropologica: non c’è cosa, animale, istituzione umana che non sia sottoposta alle dinamiche dello sviluppo. Lo sviluppo non si identifica col progresso. Lo sviluppo economico ancor meno è identificabile col progresso.

La famiglia. L’unica famiglia che è dato considerare, al di fuori delle scelte personali, è la famiglia umana. L’unica che vada salvaguardata. In ogni forma, in ogni espressione in cui si manifesta.

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Le considerazioni che ho presentato sono quelle che ciascun uomo della strada può elaborare. Non c’è nessuna presunzione di dottrina. Sono talmente generali che tutti possono convenire. Diventano o diventerebbero oggetto di distinzione e di separazione se fossero presentate come politiche. Perché? Perché la politica tende ad assolutizzare le sue affermazioni: contro quelle degli altri. Così che i propri valori sono i migliori. Per cui la fede deve essere quella cattolica, la legalità quella che tutela di preferenza la mia persona, la sicurezza quella che mi garantisce, l’ordine quello in cui mi crogiolo e che utilizzo a mio piacimento, lo sviluppo deve soddisfare prima la mia condizione, la famiglia è quella che io ho perseguito.

Altri valori sono stati elaborati dagli uomini nella Storia. Sono i valori della giustizia sociale, della solidarietà sociale, dello sviluppo progressivo per tutti, della equa giustizia fiscale, della garanzia dei diritti ai soggetti sociali minoritari.

Questi valori sono affiancabili a quelli detti sopra. Gli uni non escludono gli altri. Anzi li completano.

Una volta una linea divideva la ‘Destra’ dalla ‘Sinistra’, il soggetto individuale dalla società, il diritto dal privilegio. Ma è distinguibile (lo è ancora) chi favorisce gli interessi dei poteri economici, dei privilegiati per censo e per grado sociale; chi enfatizza i suoi diritti contro quelli degli altri.
Cosicché mi riesce difficile capire come un popolo di pescatori che nella storia di coloni ha subìto il tallone di chi comandava e lo teneva legato alla condizione subalterna… mi è difficile capire, come questo popolo (ponzese) possa propendere per la parte politica che si attribuisce tutti i diritti.

La libertà di scelta politica è inviolabile, non solo, ma anche degna di massimo rispetto, qualunque essa sia. Ma chiedere che la scelta sia ragionata, meno assoggettata agli slogan, più consapevole, meno legata agli idoli del presente, chiederlo, penso che sia nell’interesse di tutti.

 

Immagine di copertina: Eugène Delacroix (1830): La Libertà che guida il popolo (Paris, Louvre)