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Ricordiamo Predrag Matvejević a due anni dalla morte (2). Predrag Matvejević (Mostar, 1932 – Zagabria, 2 febbr. 2017) è stato uno scrittore e accademico jugoslavo con cittadinanza croata naturalizzato italiano. Docente di letterature alle università di Zagabria, Parigi e Roma, è conosciuto per il saggio del 1987 Breviario mediterraneo, lavoro fondativo della storia culturale della regione del Mediterraneo, che è stato tradotto in oltre venti lingue (da Wikipedia). Il ricordo del grande studioso in un articolo di Antonio De Luca su www.h24notizie.com del 2 febbraio 2018 (nell’articolo precedente: leggi qui) e in una intervista di Alessandro Stillo dell’estate 2010 pubblicata nell’aprile 2017 (a qualche mese dalla morte dello scrittore) su www.lindiceonline.com/geografie/villaggio-globale/in quest’articolo. Il Mediterraneo, le sue rive, l’Europa: conversazione con Predrag Matvejevič Uno spazio che produce più storia di quanta possa consumarne Nell’estate del 2010 trascorsi un periodo di vacanza a Koločep, isoletta croata di fronte a Dubrovnik, dove ebbi la fortuna di incontrare Predrag Matvejevič, che già avevo conosciuto nei miei viaggi a Sarajevo. Con Matvejevič facevo lunghe passeggiate e alla fine della vacanza gli chiesi un’intervista. Lui, con semplicità e calore, mi disse: “Scrivi le cose che ci siamo detti in questi giorni, andranno benissimo”. Così feci, mandandogli l’intervista per approvazione. È possibile parlare oggi di una visione unitaria del Mediterraneo: che cosa è la mediterraneità, se esiste, ci sono tratti comuni, al di là degli stereotipi, oppure dietro si nascondono concezioni differenti? Il dislivello tra nord e sud sta aumentando sempre di più con la crisi e ai nostri giorni le rive del Mediterraneo non hanno in comune che le loro insoddisfazioni: ci sono non uno ma tanti Mediterranei, con qualità comuni, purtroppo non tutte positive. La centralità del Mediterraneo nella modernità è destinata a ridimensionarsi in quanto questione regionale oppure riconquisterà una centralità? Il ruolo del Mediterraneo è di diventare sempre di più un’area di interesse regionale, perché al suo interno ognuno pensa come uscire dalla crisi, che è globale ma in cui ognuno ha le sue specificità e i suoi problemi. Così la parte più dura della crisi in Europa è nel gruppo cosiddetto PIGS, che comprende tre paesi mediterranei, Grecia, Spagna, Portogallo, oltre all’Irlanda. Il dialogo euro-mediterraneo e il ruolo della Unione europea sono soddisfacenti? L’Unione europea si è sviluppata, sino a poco tempo fa, senza tenere conto del Mediterraneo: è nata un’Europa separata dalla “culla dell’Europa”, come fosse un ragazzo che non ha avuto un’infanzia. I parametri con cui al nord si osservano il presente e l’avvenire del Mediterraneo non concordano con quelli del sud, le griglie di lettura sono diverse: la costa settentrionale del Mare Interno ha una percezione e una coscienza differenti da quelle della costa che sta di fronte. In seguito all’esperienza nel Gruppo di saggi l’Unione europea ha prodotto la Fondazione euromediterranea per il dialogo interculturale, intitolata ad Anna Lindh, il suo primo ministro assassinato, e dopo mesi di tentennamenti e di attese la Svezia ha proposto la città di Alessandria d’Egitto con la biblioteca alessandrina e il centro culturale svedese come sedi della Fondazione stessa. La biblioteca però, per fare un esempio, è un luogo dove non possono essere custodite opere di chi si ritiene abbia offeso l’islam, per cui non ci sono opere di tanti autori del mondo. In questo panorama l’Italia ha vanificato l’impegno di Prodi: anche se avrebbe potuto inaugurare la Fondazione Anna Lindh durante il semestre di Presidenza italiana, ha prevalso l’interesse a non valorizzare quella esperienza. Oggi l’Unione europea non ha una politica mediterranea, perché prevale in Europa l’elemento continentale, che costituisce un centro intorno a cui ruota l’agenda politica. In questo c’è anche una colpevolezza del Mediterraneo, in cui prevale una forte identità dell’essere di fronte a una debole identità del fare: ad esempio Napoli, tipica per questo aspetto, è una città di arte, pittura, poesia in cui la spazzatura è agli angoli delle strade e la produttività industriale è crollata. Il Mediterraneo è il regno di quella che possiamo definire una identità dell’essere passiva, in cui si può godere di mare e sole ma non andare oltre ciò. Quale può essere oggi l’idea vincente di Mediterraneo per i popoli che lo abitano? Elaborare una cultura mediterranea alternativa, come alcuni propongono, non mi sembra un progetto imminente, mentre condividere una visione differenziata mi pare meno ambizioso, senza essere comunque facile da raggiungere. Qual è lo stato dei rapporti est-est, sud-sud, nord-est? Uno dei molti modi di presentare i Balcani, la riva est del Mediterraneo, è una frase di Winston Churchill, “Questo spazio (…) produce più storia di quanta possa consumarne”: essi sono diventati per alcuni la “vetrina” del nostro continente, per altri il suo “termometro”; si va dal considerarli la “culla d’Europa” all’idea che siano (e siano stati) la sua “polveriera”. Il Mediterraneo in questa regione rappresenta l’ultima preoccupazione dei governi: per fare un esempio, oggi la Croazia vuole superare la crisi svendendo i suoi cantieri navali che durante il titoismo erano tra i primi cinque nel mondo e oggi non sono neppure al sessantesimo posto. La sponda adriatica ha risentito anche del forte colonialismo italiano, prima veneziano e poi, nel secolo scorso, del fascismo. Per quanto riguarda i rapporti con la riva sud, ho avuto una esperienza per me significativa per la traduzione in arabo di Breviario Mediterraneo, che è uscito per la prima volta in Marocco tradotto a Casablanca e poi è stato ritradotto in Egitto al Cairo, perché gli egiziani non ritenevano sufficientemente comprensibile la traduzione marocchina. Se poi parliamo della riva sud, essa ha vissuto intensamente le sue difficoltà: l’arretratezza e la povertà di varie regioni, la memoria del colonialismo e la difficoltà a superane le conseguenze, il mancato rispetto dei diritti umani e dei principi democratici, la tensione dei rapporti tra paesi affini, l’aggressività dell’integralismo che in Algeria ha fatto decine di migliaia di morti, musulmani uccisi da altri musulmani. (*) – A. Stillo è organizzatore di eventi artistici e culturali [Ricordiamo Predrag Matvejević a due anni dalla morte (2) – Fine] Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
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