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L’home run di Frankie (2)

di Emilio Iodice (traduzione a cura di Alice Cutini Calisti)

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per la prima parte (leggi qui [1])

La maggior parte degli immigrati provenienti da Ponza, normalmente facevano turni regolari, anche se si trattava del massacrante lavoro dell’edilizia. Invece, la famiglia di Frankie lavorava dall’alba al tramonto, sette giorni a settimana. Altre famiglie avevano ferie, si godevano le vacanze e i fine settimana liberi. La sua non si prendeva mai una pausa, neanche a Natale, a Pasqua o nel giorno della Festa della Mamma. La sola vacanza per Frankie e la sua famiglia era il 20 giugno, la Festa di San Silverio.

Frankie e sua madre aprivano il negozio molto presto ogni mattina. Lui andava a scuola e quando tornava rimaneva lì fino alle 8 o alle 9 di sera. Faceva i compiti quando non stava servendo qualche cliente o svolgendo qualche incombenza. La sua passione era la lettura. Fortunatamente, aveva dei numeri arretrati del New York Times, inclusa l’edizione della Domenica che riportava dozzine di recensioni di libri. Era questo tipo di letture che davano a Frankie una profonda conoscenza della cultura, dell’attualità, della filosofia, della narrativa e della storia che gli sarebbe stata molto utile nel corso della sua vita.

[2]

Little Italy nel Bronx, 1946
(per gentile concessione di Bronx Historical Society)

Il ragazzo consegnava anche la merce a dei clienti nel quartiere. Le casse con dentro la spesa erano pesanti per un ragazzo di 10 anni. Diventava una vera sfida quando doveva trasportarle per cinque o sei isolati sulle sue spalle. Non aveva una bici o un carretto per le consegne. Immancabilmente, i suoi clienti vivevano in appartamenti al quinto piano o più in alto in edifici senza ascensore.

Quando finalmente raggiungeva la porta e consegnava la merce, sperava in una mancia. Se era la padrona di casa ad aprire la porta, riceveva 5 o 10 centesimi. Se il marito era in casa, Frankie otteneva anche 25 centesimi. Anche a metà degli anni ’50, 10 o 25 centesimi erano pochi soldi.

Parte della clientela del quartiere era formata da ristoranti. Generalmente compravano casse di verdure fresche e sacchi di cipolle e patate. Un ristorante, in particolare, ordinava patate almeno tre volte a settimana. I sacchi pesavano in media 25 chili. Il ristorante si trovava a quattro isolati dal negozio. Ogni lunedì, giovedì e sabato pomeriggio, Frankie trasportava un sacco di patate fino alla porta sul retro del locale. Il proprietario pagava  1,25 $ per le patate. Il ristoratore non ringraziava mai né gli dava la mancia. Questa storia andò avanti per tre strazianti mesi. Alla fine, Frankie decise di averne avuto abbastanza.

Un freddo pomeriggio di dicembre, trascinò il suo carico di patate fino al ristorante. Nevicava molto e faceva molto freddo. Aveva i piedi umidi e congelati, così come le sue mani. Gli faceva male la schiena per il pesante sacco. Frankie bussò più volte, fino a quando il proprietario sentì. Aprì la porta ed entrò. Scaricò il sacco sul piano della dispensa. Frankie porse la mano e disse: “Il prezzo delle patate è aumentato. Ora costano 1,75 $”. Il proprietario lo guardò con il fuoco negli occhi. Gli affari andavano benissimo al suo ristorante, ma avrebbe venduto la sua anima al diavolo piuttosto che pagare 50 centesimi in più per un sacco di patate che gli avrebbero portato tranquillamente un profitto netto di 10,00$. Con riluttanza, tirò fuori la somma, contando nichelini, decini e penny. Le tasche di Frankie erano letteralmente piene di monete.

Quando tornò al negozio, si mise di fronte a Lucia: “Mamma, ho fatto qualcosa che probabilmente non avrei dovuto fare, ma non avevo scelta. Hai presente quel ristoratore taccagno che non mi ha mai dato la mancia? Oggi, ho deciso di fargli pagare il mio servizio. Ho alzato il prezzo delle patate di 50 centesimi, così da avere una mancia dignitosa. Mi dispiace, mamma”, disse. Lucia lo guardò e sorrise. “Hai fatto bene, figlio mio. Ad alcune persone serve una lezione, in un modo o nell’altro”, spiegò nel suo bel dialetto ponzese.

Tre volte all’anno la famiglia lavorava ancora più duramente del solito. A Natale vendevano alberi. A Pasqua e per la Festa della Mamma, proponevano piante da fiore. Più della metà dei loro guadagni annuali proveniva da queste tre feste. Frankie amava vendere. Era bravo a farlo. Sorrideva e parlava di qualsiasi cosa con i clienti, fino a effettuare la vendita. Gli piaceva servire e dare soddisfazione agli altri. Era così bravo che i clienti tornavano regolarmente per essere serviti da lui. Aveva una qualità unica che si distingueva da tutte le altre: sembrava sincero sia nell’aspetto che nelle parole. Frankie aveva un profondo senso dell’onestà che derivava dalla sua educazione cristiana e dai valori famigliari.

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Rododendro
(per gentile concessione di http://flowerinfo.org/rhododendron-flowers)

Nel giorno di un’assolata Festa della Mamma, l’integrità di Frankie fu messa alla prova. Venne al negozio una giovane donna. Aveva sui venti anni. Indossava un vestito bianco con bottoni di madreperla e una sciarpa color arcobaleno. I suoi capelli erano come fili d’oro. La pelle del suo viso era chiarissima, con sfumature rosa. I suoi occhi azzurri erano come gioielli. Era bellissima. Il suo profumo era una pozione magica che catturò Frankie con le sue note dolci di fiori d’arancio.

Si avvicinò al ragazzo e chiese: “Avete dei rododendri?”. Frankie si bloccò. Sapeva che non ne avevano, ma non voleva perdere la vendita. “Ti piacciono i rododendri?”, chiese. “In realtà, non ne ho mai visto uno, ma qualcuno mi ha detto che sono bellissimi e vorrei fare un bel regalo a mia madre”, rispose lei. “In questo caso, ti porterò i più belli che abbiamo”, disse Frankie. Corse nel retrobottega dove c’erano centinaia di piante in vaso.

Prese un geranio stupendo. Era di un rosa scuro con petali vellutati e larghe foglie di un verde sgargiante. Era fresco e aveva dei boccioli in fiore. Avrebbe continuato a fiorire per settimane. In pochi minuti lo incartò in un foglio di alluminio rosso acceso, mise un fiocco bianco intorno e lo portò alla sua cliente. “Questo è il migliore rododendro che abbiamo e l’ho incartato personalmente per te”, disse. “È bellissimo. Lo adoro, e sarà lo stesso per mia madre. Grazie mille”, esclamò. I suoi occhi si illuminarono con un adorabile sorriso. Frankie era ammaliato dal suo fascino. Pagò con piacere per la pianta e andò a celebrare la Festa della Mamma. Il suo profumo rimase sospeso nell’aria mentre girava l’angolo e spariva.

[4]

Geranio (gentile concessione di Pinterest)

Frankie rifletté sull’accaduto. Aveva venduto una cosa per un’altra, ma la sua cliente era felicissima. Questo giustificava l’essere disonesto? Non lo sapeva. Capì, nel suo cuore, che non era giusto, ma sapeva anche che era pronto a farlo di nuovo. Affrontava un dilemma personale che metteva in questione i suoi valori per la vendita di una semplice pianta in vaso. La logica di Frankie era semplice. La sua famiglia aveva difficoltà a guadagnarsi da vivere e un’opportunità persa non tornava mai indietro. Il suo ragionamento era che, fino a che il suo cliente era felice, tutto andava bene. Allo stesso tempo, sapeva di non essere nel giusto e avrebbe sempre provato a evitare di dover fare delle scelte simili.

[L’home run di Frankie (2) continua]


Emilio Iodice
invia il testo completo originale inglese del suo racconto e per l’occasione augura un felice anno nuovo alla redazione di Ponzaracconta, con questa bella formula inglese: Happy New Year and many of them – Felice Anno Nuovo e molti anni ancora.

I hope you and your family enjoyed a splendid Christmas. 
Please use the attached as the English translation for the article.  Thank you. 
Happy New Year and many of them
Emilio 
Il file .pdf è aggiunto al presente articolo a cura della Redazione: Frankie’s Home Run. Final [5]