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Epicrisi 201. L’autunno dell’isola e dell’umanità

di Enzo Di Giovanni

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Nella scorsa epicrisi Luisa Guarino [2] ci ha confessato di non amare l’autunno. Stagione morta, di pochi slanci, scarsa partecipazione, con un manto di oblio che ricopre tutto e tutti. In effetti, girando tra il Lanternino e Giancos in questi giorni si fa fatica a cogliere uno spirito che dia atto a qualche slancio. L’estate è lontana, Natale pure, e Ponza galleggia in un vuoto cosmico apparentemente infinito.
Ed allora, quale miglior pretesto per una facile allegoria con le difficoltà umane, o meglio, con la in-capacità tutta umana di inseguire, senza successo, il ritmo del mondo in cui viviamo. Perché la natura ha le sue regole, a volte indecifrabili, ma le nostre risposte lo sono a volte ancora di più.

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Leggevo stamattina da qualche parte, persa tra i rivoli del web, la notizia delle difficoltà a ristabilire un minimo di comunicazioni tra le vallate dolomitiche devastate in maniera apocalittica dal maltempo recente.
Pare che i volontari del CAI accorsi per liberare le strade ed i sentieri di montagna, indispensabili non solo per i collegamenti ma anche per consentire quel turismo escursionistico necessario per l’economia locale, siano stati fermati dalle forze dell’ordine accorse. Motivo? Il taglio e lo spostamento di centinaia, migliaia di alberi caduti sulle strade demaniali, vanno configurati come danno all’erario: per cui, nessuna opera di bonifica su base volontaria, in attesa di quantificare valore ed entità del patrimonio forestale andato perduto.

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Non so se questa notizia è vera: non ho avuto modo e soprattutto voglia di appurare se nel marasma di informazioni sparate in rete ero davanti ad una fake o meno. Sta di fatto che è sicuramente vera, simbolicamente vera, la schizofrenia umana alla base di situazioni simili.

Come ci testimonia ad esempio Giuseppe Mazzella di Rurillo a proposito di Ischia e dell’ormai famoso decreto con due articoli (leggi qui [5] e qui [6]) in cui evidenzia l’assurdità di un territorio abbandonato, nonostante una accertata e ben definita area di sismicità, in cui le varie amministrazioni sono state incapaci di pianificare e programmare uno sviluppo organico, fino ad arrivare, per decreto, ad un condono che ignora, banalizza e mortifica.

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Una verità autunnale la possiamo dire: stiamo soffocando nelle trappole da noi stessi create. La natura fa il suo corso, noi no, intrappolati tra leggi, decreti, competenze ed interessi. Rivoli di carte, decenni di immobilismo ed improvvise accelerazioni, in un non-sense cadenzato.
Ed in autunno, lontano da clamori e distrazioni, la nuda verità è più appariscente, almeno questo.

Come i danni che un utilizzo sbagliato, non solo nel rapporto col territorio, ma con le risorse naturali in senso stretto, provoca. Lo testimoniano, sempre più spesso, fatti e misfatti di cui emerge coscienza anche sulle pagine di Ponzaracconta, in un continuo alternarsi tra porre attenzione, lodevole, sulle criticità del nostro mondo attraverso lo studio e l’informazione, e la difficoltà di operare su di esse.
Come ci raccontano Luigi Pellegrini e  Gaia De Luca in  Educazione ambientale alla base [8], Franco De Luca in Chi il mare vive il mare difende [9] e Adriano Madonna tornato dalla Patagonia [10].

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E come ci espongono (coinvolgendo tutti noi in una risposta) Franco Schiano in Zannone e Cala Acqua, il mio parere [12], e Vincenzo Ambrosino con la Lettera aperta a Franco Ferraiuolo e Gennaro Di Fazio. [13]

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Non entro nel merito delle problematiche esposte da Franco Schiano e Vincenzo Ambrosino, non è possibile sintetizzare un pensiero in questa occasione. Mi limito a rilevare e a condividere la necessità di una discussione, e di una successiva elaborazione, di temi fondamentali per il futuro della nostra comunità.
Non ci riusciamo, è un fatto. Non ci riusciamo perché saremo pure pochi, noi ponzesi, ma divisi da fratture tali da rendere difficile un dialogo non strumentale, ma anche perché utilizziamo linguaggi diversi. Spesso “non ci capiamo proprio”!
Lo pensavo, ad esempio, riguardo al video di Mimma Califano – ascolta qui da YouTube [15] – che qualcuno citava come esempio di non so quali posizioni sul porto di Le Forna: l’ho visto, quel video, e non vi ho colto nulla di “sconvolgente”.

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Su questo credo si debba lavorare: ricostruire una dialettica civile da cui ci siamo troppo allontanati. Ma per confrontarsi bisogna essere almeno in due, ed al momento si preferisce il più comodo dialogo tra sordi…

Ci sono storie di varia umanità anche in questa settimana novembrina: dai fatti di cronaca legati al Monte dei Paschi (leggi qui  [17]qui [18]), al bell’omaggio a Peppe Zucconelli [19], fino al ritratto di una nonna, in questo caso Restituta [20], di cui si sente forte la mancanza: mancanza di un mondo senz’altro diverso, senz’altro più vero.

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Perché un mondo che non riusciamo a proteggere, in cui non riusciamo più a comunicare, e dove inventiamo notizie false non riuscendo a realizzare quelle vere, la verità si cela nella forza evocativa di ciò che è immutabile, come i ricordi.
Come il levante che imperversa: è sera e da casa lo sento mentre si infila sbattendo ed ululando dietro la Parata. È persino rassicurante la sua potenza distruttiva, che rompe, scava, spezza.

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È un flash: penso all’improvviso che Ponza ci ammalia solo per questo, se non altro per questo.
Un luogo in cui la presenza umana è quasi un contorno e basta un ricordo, un rumore di tempesta, per rifugiarsi in una sorta di ventre materno incontaminato che cancelli per magia la nostra incapacità di organizzare il mondo. Detto di notte mi sembra un bel pensiero: domani chissà.
Ma domani è un altro giorno…