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Giocavamo con le figurine Panini…

di Vincenzo Ambrosino

 

Pochi giorni fa parlavo con un mio coetaneo, e valutare la situazione dell’Italia in questa Europa, quindi dell’enorme debito del nostro Stato, delle banche d’affari  e del crollo dello Stato Sociale mi ha ricordato un episodio della nostra infanzia, quando sulla piazzetta di Sant’Antonio si giocava con le figurine Panini.

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Dopo aver comprate le figurine una parte di esse venivano raccolte e sistemate in un album: con i doppioni che avanzavano avevamo inventato diversi giochi.
Per uno di questi giochi si usavano le lattine dei pomodori, ovviamente vuote e pulite. Un ragazzo che fungeva da giudice di gara, raccoglieva da ogni giocatore 10-15 figurine che con calma e circospezione, senza farsi vedere, distribuiva sotto le varie lattine. Il giudice di gara decideva arbitrariamente la distribuzione delle figurine  da nascondere sotto i barattoli, per cui in uno c’era il malloppo più grande, mentre altre potevano addirittura essere vuote.
Completata l’operazione del giudice di gara i giocatori a turno, da una certa distanza dalle lattine, lanciando rasoterra una pietra piatta, dovevano tentare di colpire una lattina. Le figurine che erano nascoste sotto la lattina colpita diventavano sue. Un gioco sicuramente divertente: bisognava avere una buona mira e poi c’era la sorpresa del premio nascosto.
Inizialmente, per i primi giri, era la casualità a farti tirare per primo (la conta) e magari se avevi fortuna potevi colpire il barattolo che nascondeva più figurine, ma nei giri successivi aveva diritto a tirare per primo quello che si era accaparrato più figurine nel giro precedente.
Dopo i primi giri casuali succedeva che ad accaparrarsi più figurine era sempre lo stesso giocatore. 

Un giorno successe che dopo aver consegnato al direttore di gara la mia quota di figurine per partecipare al giro successivo, mi venne voglia di fare un bisogno fisiologico. Saltai il basso muretto che divideva il marciapiedi dalla spiaggia e mi nascosi dietro le baracche – dove venivano custoditi gli ombrelloni – per fare la pipì. Appena finito, dalla mia posizione esterna ai giocatori, vidi una scena: il direttore di gara faceva un cenno al giocatore che molto spesso vinceva.
Infatti il vincente del giro precedente, avendo il diritto di tirare per primo nel giro successivo, non sbagliava un colpo: lanciava, e la sua pietra colpiva senza indugio il barattolo che nascondeva più figurine.
E ovvio che il mio sospetto divenne una certezza: per me c’era un complotto tra il giocatore e l’arbitro. Poi, feci più attenzione, scoprii anche come funzionava: l’arbitro dopo aver sistemato i barattoli si piazzava ad una certa distanza ma verticalmente  dal barattolo vincente e lo indicava con il piede.

Quando denunciai il fatto, molti non capirono perònacque una discussione e il gioco venne sospeso per diversi giorni. Quando  riprendemmo il gioco imponemmo all’arbitro, che dopo aver sistemato i barattoli doveva stare accanto ai tiratori.
Ma anche con questa soluzione a vincere era sempre lo stesso giocatore.
Questa continua vincita truccata creava il “capitale”, e infatti presto gli altri giocatori finivano le loro figurine e per continuare il gioco se ne facevano prestare alcune dal vincitore che volentieri le dava con l’impegno di averle indietro con un interesse da pagare: per 10 figurine ne dovevano essere restituite 15. Ma siccome a vincere era sempre lo stesso giocatore il debito era inestinguibile.

Sospettai allora che evidentemente i due “compari” avevano studiato un altro trucco, infatti non tardai a scoprirlo. Il giudice di gara indicava “al socio in affari”  la posizione del barattolo da colpire con il pollice della mano destra sul dorso della mano sinistra.
Il vincitore, chiamiamolo il “capitalista”, di conseguenza influenzava tutti gli altri giochi con le figurine. Per esempio poteva chiederti quel tale giocatore introvabile – che tu conservavi gelosamente – che gli mancava per completare il suo album e tu, debitore, eri costretto a consegnarglielo.

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E poi il “capitalista” vinceva anche all’altro gioco con le figurine…
Vi ricordate quello che si faceva lasciando cadere  le figurine dal muro e si vinceva quando una tua figurina copriva quella dell’avversario? Bene, il vincente che aveva tante figurine inizialmente lanciava le sue lontanissimo e quando tu le avevi finite, per continuare il gioco, eri costretto a fartele  prestare con il solito interesse, ma poi siccome non avevi molte figurine cercavi di farlo giocare più sotto al muro: lasciavi cadere le tue figurine perpendicolarmente e lui ti fregava.
Il mio amico mi ha confessato che – per continuare a giocare nel tentativo di fare una grossa vincita per ripagare il suo debito  – è stato costretto anche a  rubare le figurine ad un altro ragazzo, il quale non si sa come pur essendo  perdente  era  sempre carico di figurine. Forse il borsellino della nonna era molto generoso.

Ma che ‘entra il gioco delle figurine con la situazione economica attuale?

Aggiotaggio: turbare le regole del gioco per favorire un cliente. Nel nostro gioco c’era chi turbava il gioco per favorire il compare.

Appropriazione indebita: procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto. Nel nostro gioco c’era chi si appropriava indebitamente delle figurine.

Usura: pratica consistente nel fornire prestiti a tassi di interesse considerati illegali, socialmente riprovevoli, e tali da rendere il loro rimborso molto difficile o impossibile, spingendo perciò il debitore ad accettare condizioni poste dal creditore  a proprio vantaggio. L’usura nel nostro gioco era più che praticata.

Concorrenza sleale: chi ha più capitali può drogare il mercato. Tutti i giochi con le figurine erano praticamente dominati dai due compari.

Induzione a delinquere: lo Stato, l’imprenditore, per rimanere nel giro deve non solo indebitarsi ma tiranneggiare un altro soggetto: spesso il più debole, più in generale il popolo. Per rimanere nel gioco qualcuno è stato costretto a rubare le figurine ad un altro sprovveduto.

Morale: per capire i giochi sporchi devi uscire dal sistema e avere un’altra prospettiva; in definitiva ti deve scappare la pipì.

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Foto di copertina e informazioni (dal web, a cura della Redazione)
1960. Ragazzi giocano con le figurine “Panini” della collezione “Calciatori”. Foto Walter Breveglieri.
Agli inizi degli anni ’ 60 Benito e Giuseppe Panini, che hanno fondato a Modena l’Agenzia Distribuzione Giornali Fratelli Panini, acquistano a Milano un lotto di vecchie figurine invendute delle edizioni milanesi “Nannina” e le mettono in vendita in bustine con due figurine ciascuna a 10 lire. Il successo è enorme e inaspettato: 3 milioni di bustine vendute. L’anno successivo i Panini decidono di fare tutto con i loro mezzi, stampando le figurine e creando anche il primo album per la loro raccolta. Le bustine vendute saranno 15 milioni. Era nata la collezione “Calciatori”.