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Propaganda elettorale anni ’50

di Silverio Lamonica

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Commentando l’articolo dell’amico Franco de Luca “Oé Avvoca’” di qualche giorno fa (leggi qui [1]), ho scritto che mi riservavo di raccontare, a mia volta e dall’altro lato della “barricata”, qualche aneddoto della “tenzone politica ponzese” del secolo scorso.

L’episodio che mi accingo a narrare, si riferisce alle elezioni politiche del 1953, quando il partiti di sinistra (P.C.I. e P.S.I) guadagnarono qualche posizione rispetto alla D.C. La campagna elettorale, dai toni molto accesi, si svolse in modo frenetico anche a Ponza all’insegna di comizi, fac-simile e manifesti che venivano affissi nei luoghi più impensati (gli spazi per la propaganda elettorale ancora non erano stati introdotti).

Così, di notte tempo, i compagni della sezione comunista di Ponza: Temistocle, Silverio Califano, Silverio Picicco, Vincenzo Bosso, Adalgiso Coppa e altri, muniti di scala, colla e, ovviamente, di manifesti, “decorarono” la facciata di un palazzo in via Sant’Antuono. Sull’architrave dell’ingresso principale incollarono un “poster” di un metro e mezzo per un metro circa con tanto di falce, martello e stella, di colore giallo in campo rosso vivo. Ai lati del portone, manifesti vari di dimensioni più ridotte, col medesimo simbolo e le scritte “Vota P.C.I.” “Vota Comunista”.

Il mattino successivo i passanti “gustarono” la scena che il bravissimo Silverio Mazzella (Al Brigantino) ha abilmente “ricostruito” con un suo magico acquerello, che qui di seguito potete ammirare.

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Come appare evidente, il palazzo in questione – appena edificato – era di proprietà del defunto notaio Giuseppe De Luca (attualmente di suo figlio, il quale ha ceduto in locazione il piano terra al Monte dei Paschi di Siena).

Uno dei passanti, un romano in visita a Ponza, di fronte a quella scena insolita esclamò: “Ao! Anvedi che sede importante se so’ scelta, ’sti comunisti de Ponza!”.

Di tutt’altro avviso era, invece, la suocera del proprietario, la signora Maria Pacifico in Rivieccio, la quale abitava nell’appartamento a piano terra, di fianco al bar Onda Marina, attualmente negozio di frutta e verdura. L’anziana signora, di cui ricordiamo in tanti la cura quasi maniacale per la pulizia e per l’ordine, di fronte a quello “scempio” sbottava con chiunque le capitasse a tiro: “He viste, he viste! Hanne mise ’i ccorne ’nfacci’u purtone d’u palazzo d’u ’iennere mie. Nuie corne nné tenimme, nné vulimme, nné facimme!”.

(Hai visto, hai visto, hanno appiccicato le corna sul portone del palazzo di mio genero. Noi, corna non ne teniamo, non ne vogliamo, non le facciamo!).

Evidentemente, a zi’ Maria ’i maste ’Ngiulille, così era da tutti conosciuta e stimata per la sua affabilità, la falce e il martello incrociati rievocavano le corna dei ruminanti.

Il giorno seguente il notaio, da Napoli, incaricò due operai i quali, muniti di barattoli di latta, inumidirono i “manifesti selvaggi” spruzzandovi acqua in abbondanza, ripulirono e successivamente ritinteggiarono. Subito dopo gli stessi provvidero ad incastonare sulle pareti dell’edificio le targhe in marmo con la scritta “Divieto di Affissione art. 663 C. P.”