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Silveri’u matt’

di Enzo Di Fazio
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L’ho cercata per un’infinità di tempo senza riuscire a trovarla. L’avevo intravista casualmente tra le foto della bacheca di Ponzaracconta dove cambiano continuamente a secondo gli articoli che leggi.
Avevo da fare quel giorno e mi son detto “non c’è problema, ci ritorno con calma e la trovo”.
Niente… poi non ci sono più riuscito. Ma non bisogna mai disperare… le risorse del sito sono infinite.
Mi riferisco alla foto che, riproposta a corredo dell’articolo sulla canzone Pacchiarotto di Nino Picicco (leggi qui) [2], ritrae in primo piano di lato ad una processione (sembra quella della Madonna di Pompei) Silveri’u matt’.

Perchè la cercavo? Perchè volevo raccontare di questo personaggio familiare presente nell’infanzia/adolescenza di noi ragazzi, soprattutto di quelli della zona degli Scotti.
Silverio mi era un po’ parente. Portava di cognome Conte come mia nonna materna ed infatti entrambi appartenevano allo stesso ceppo.

Silverio era affetto da sindrome di Down, era anche un po’ balbuziente e per capirlo bisognava avere pazienza. Oggi, nel tempo delle cose veloci, troverebbe difficilmente qualcuno disposto ad ascoltarlo. In più era rimasto orfano giovanissimo. Aveva un fratello, Pasquale, che si prendeva cura di lui. Vivevano infatti insieme nella casa dei genitori agli inizi degli Scotti di sopra. Non ricordo se avesse altri fratelli o sorelle, forse qualcuno sì, emigrato in America, ma a Ponza c’erano solo lui e Pasquale, peraltro irriducibile scapolo.
Silveri’u matt’, lo chiamavamo così. Era un appellativo bonario per distinguerlo, come si è sempre fatto ricorrendo ai soprannomi, tra i tanti Silverio dell’isola.

E poi lo sappiamo: i soggetti Down (disturbo genetico da cromosoma soprannumerario – trisomia del cromosoma 21 -NdR) sono dei semplicioni, hanno il cuore buono, dicono sempre la verità, sono persone libere e, a volte, anche rivoluzionarie per la forza  di andare contro corrente.

Nel pieno delle forze, tra i 20 e i 30 anni, Silverio cercava di rendersi utile offrendosi di portare le valigie, agli arrivi delle navi, ma alle persone che conosceva. E non chiedeva danaro. Non avrebbe saputo come spenderlo, non sapeva dargli il valore di chi va appresso al danaro perdendo umanità.
Chiedeva in cambio qualcosa da mangiare e qualche indumento dismesso da indossare.

Capitava che fosse perfino vanitoso… c’erano momenti che gli piacevano addirittura le cravatte. Diceva di volerle mettere alle processioni di San Silverio per emulare probabilmente i fedeli delle congreghe. Succedeva di trovarlo spesso  in chiesa quando questa era vuota. Da solo nei primi banchi bisbigliava parole incomprensibili, imprecazioni o preghiere non si sa, ma quello era il suo modo di comunicare con coloro cui chiedeva protezione. Fedele a modo suo come sarebbe piaciuto a don Lorenzo Milani o a papa Bergoglio.

Gli volevamo bene, mia madre era tra quelle donne (e ce n’erano!) che per farlo mangiare lo faceva entrare in casa e gli apparecchiava la tavola del piccolo locale dell’anticucina.

Amava la carne, ‘a ciacella, come in maniera infantile soleva chiamarla, che in quegli anni era presente sui tavoli solo la domenica. E noi spesso gliene riservavamo una porzione.
Non mi risulta che sia stato mai maltrattato né deriso.

Periodicamente Vastiano, il barbiere, lo sbarbava e lo profumava e, fin quando rimaneva lindo e pinto si vedeva che ne andava fiero.
Indossava di tutto per necessità e spesso lo si vedeva con indumenti di due/tre taglie superiori alla sua. Ma sapeva compiacersi se gli cadevano addosso a puntino.

Negli anni in cui sono stato in collegio (tra i 14 e i 18 anni) chiedeva sempre a mia madre quando tornassi. Sapeva di poter contare su qualche pantalone, camicia, maglione che, dismesso ancora buono, gli cedevo con piacere. Aveva più o meno la mia stessa misura e gli andavano a pennello..
Solo le scarpe non gli entravano. Per l’abitudine di camminare scalzo d’estate (altra forma di libertà) le piante dei piedi si erano allargate e deformate.

Insomma a Silverio volevamo bene e forse inconsapevolmente anche lui ha contributo a rafforzare in noi giovani che ci affacciavamo al mondo, quei valori che oggi sono tanto in crisi, come l’accoglienza e la solidarietà verso gli ultimi.

Aggiunta foto del 13 luglio (vedi commento di Isidoro Feola)

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