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San Silverio. Chi ha interpretato meglio la fede?

di Vincenzo Ambrosino
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Riporto brani raccolti dal libro di Silverio Corvisieri “Un’isola”, perché trovo interessante come in una stessa Chiesa, due parroci – monsignor Dies e don Erasmo – abbiano interpretato il culto di San Silverio in modo assolutamente diverso.

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Il parroco Luigi Maria Dies fu il capo spirituale di Ponza per più di vent’anni.
Con lui San Silverio divenne una figura forte, autorevole capace di ispirare il suo gregge verso la santa madre chiesa. San Silverio quindi doveva essere rispettato e per questo temuto.
“Chi in suo favore ti chiama ottiene pronto il soccorso ma chi a te non fa ricorso incontra il male.”

Luigi M. Dies costruì la fama di un San Silverio benefattore con chi lo rispettava e assolutamente implacabile con chi lo ignorava. Per questo raccontava degli aneddoti di persone fulminate all’istante perché non avevano rispettato il giorno della festa in suo onore.
L’8 giugno 1950 raccontò: un barcaiolo disamorato di Dio e della religione, con grave scandalo dei presenti, aveva bestemmiato il nome di San Silverio. Morì all’istante sulla sua barca colpito da sincope. Il giorno dopo ci furono le esequie dello sventurato e nello stesso tempo cominciò con  la novena la celebrazione della festa di San Silverio.
Un procuratore del registro notoriamente ostile a Dio, affacciato al balcone del ufficio osservava quegli uomini donne e bambini in processione dietro la statua del Santo ebbe l’ardire di pronunciare questa frase: “Ma guarda questa gente onorano un pezzo di legno”. Questa frase fu ascoltata da molti che ebbero appena il tempo di alzare lo sguardo verso il balcone per vedere il “bestemmiatore” chinarsi su se stesso per morire all’istante. 

Ma San Silverio non solo puniva chi non rispettava il giorno della festa ma anche chi non rispettava le promesse fatte al Santo e se il peccato diventava collettivo anche la punizione diventava per tutti.
All’inizio del 900 i pescatori di aragoste e coralli erano soliti donare a San Silverio, la cosiddetta “quarta” cioè una parte del prodotto del pescato.
La loro corporazione si era impegnata a consegnare in una solenne cerimonia una aragosta d’oro simbolo del loro lavoro. Questa ritardava ad arrivare per cui  la cerimonia si era rimandata già varie volte.
Racconta Dies: una domenica tutti erano avvertiti e sicuri della cerimonia, il parroco, i chierichetti, i fedeli e il santo nella sua nicchia erano in attesa, mancarono inspiegabilmente solo i pescatori e il loro dono. Il parroco, rimase molto contrariato, i chierichetti tornarono in sagrestia e i fedeli delusi tornarono a casa. I fedeli non riuscirono neanche ad arrivare alle loro case che la terra sotto i loro piedi cominciò a tremare. Terrorizzati ritornarono in chiesa dove vennero accolti dal parroco che disse di chiedere perdono a San Silverio offeso dai pescatori irrispettosi. Il giorno dopo arrivò immediatamente il dono dei pescatori ai piedi del Santo.
È chiaro che anche i singoli cittadini facevano esperienze dirette con il Santo e le confessavano al parroco che le ascoltava con commozione e poi, benedicendo il credente, le raccontava a tutti i fedeli riempiendole di quell’enfasi narrativa che solo lui sapeva dare.

Il giorno 3 marzo del 1943 a causa della carestia che da tanti giorni colpiva Ponza, il  popolo arrivato all’estremo delle forze,  avvilito  si rivolse al parroco M. Dies che ricordò a tutti di avere fede nel santo “Chi in suo onore ti chiama ottiene pronto il soccorso chi a te non fa ricorso ottiene il male.” I fedeli cominciarono a pregare e poi a cantare l’inno di San Silverio e a gridare in coro “San Silverio aiutaci tu!”
Il giorno dopo con una enorme mareggiata arrivò nella rada del porto una nave da guerra americana piena di viveri guidata da un ponzese, l’armatore Antonio Feola. Il popolo festante corse a ringraziare il Santo.
Quel giorno nasceva con la benedizione del parroco Dies, la fama di Antonio Feola, che guidato dalla mano misericordiosa del Santo salvava il popolo di Ponza dalla morte sicura.

Nel 1943 mons. Dies insieme, all’eroe popolare Feola Antonio –  per liberare i ponzesi dalle grinfie degli usurai ai quali i ponzesi erano costretti a vendere  i propri ori di famiglia, per comprarsi da mangiare – fondarono il banco dei pegni di San Silverio.
Luigi Maria Dies scrisse anche lo statuto che regolava – nell’interesse dei ponzesi – la custodia dei beni dei cittadini, in cambio di denaro. Ai bisognosi nel momento del deposito dei loro beni, veniva consegnato del denaro e una  ricevuta, con il timbro di S. Silverio e S. Domitilla, faceva da contratto.  Da quel momento il Santo diventava custode oltre che del suo  tesoro anche dei gioielli delle famiglie. Questi beni dei cittadini bisognosi potevano essere successivamente riscattati restituendo la somma ricevuta. Un vero banco dei pegni ma conveniente per i cittadini, perché probabilmente lo scambio era senza grossi interessi da pagare a differenza di quello che succedeva incorrendo ai prestiti degli usurai.

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Con Dies la statua del Santo – nel periodo dedicato alla sua commemorazione – veniva prelevata dalla sua nicchia e portata al centro dell’altare.
Il 20 giugno veniva addobbata – con una ritualità a cui partecipavano quelli del Comitato e ovviamente il parroco – con tutto il suo tesoro e così portata in processione. Prima e durante la processione, molti fedeli, scavalcando le tante persone accalcate sotto la statua, riempivano di dollari lo stendardo del santo.
Oltre all’oro e ai gioielli, il Santo custodiva anche i dollari americani. Ai tempi di Dies, una notte ci fu un incendio e molti dollari andarono in fumo.

Dies era entusiasta di questo tradizionale modo di festeggiare San Silverio e in un libretto “Da Frosinone a Ponza”  descrisse  le cerimonie in onore del Santo: con la statua che troneggiava al centro dell’altare durante le novene e poi il rituale dell’apposizione degli ori e una minuziosa descrizione del tesoro del Santo senza tralasciare l’elenco  dei nomi dei fedeli benemeriti e infine della processione solenne.

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Dopo Luigi M. Dies arrivarono altri parroci  sostanzialmente il rituale intorno al Santo rimase immutato.
Ma già  Don Salvatore  un giorno disse: “San Silverio non fa miracoli, è Dio che fa miracoli, San Silverio sicuramente intercede per i ponzesi verso il Padre Nostro.”

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Negli anni novanta arriva Don Erasmo
Don Erasmo mise in dubbio tutte queste manifestazioni addirittura definendole pagane. Voleva far riflettere i ponzesi sulla vera figura del Santo che aveva rinunciato al potere e al benessere per coerenza cristiana non abbassandosi ai voleri di Belisario e per questo aveva subito il martirio e l’esilio. Un esempio di coerenza cristiana.
Don Erasmo voleva recuperare i ponzesi ad una corretta professione di fede.
Il suo motto fu: Non ori ma opere di bene. Niente oro a San Silverio, niente festeggiamenti che rasentano il paganesimo.
Secondo questo prete andava abolita l’usanza di esibire la statua del Santo tutta ricoperta di ori e gioielli, così come qualcuno prima di lui aveva pensato bene di eliminare l’affissione “delle pezze”, dei dollari sul manto della statua durante la solenne processione del 20 giugno. Dollari e gioielli donati dai fedeli a volte a costo di penosi sacrifici per testimoniare la loro fede  e la loro gratitudine a San Silverio.

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Don Erasmo nel 1999 fece stampare proprio un volantino che fu “scandalo” per i ponzesi: “Non è forse  successo che si è scambiato il Santo per un ‘distributore’ di grazie, verso cui si ha un ‘debito’ aperto? Non è forse vero che il voler vedere gli ‘ex voto’ sulla statua può essere motivo di orgoglio, vanagloria… tanto da diventare loro stessi oggetti di venerazione?”.
Ai fratelli “deviati”, don Erasmo ricordava ‘la parola di Dio nel libro dei Salmi’: “Io so che grande è il Signore, il nostro Dio sopra tutti gli dei… gli idoli dei popoli sono argento e oro, opere delle mani dell’uomo… hanno bocca e non parlano, occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono… Sia come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida”.
Al contrario mise in luce la vera figura di San Silverio: “Quel  papa che aveva subito la deportazione e la povertà pur di non rinunciare ai suoi principi religiosi, di sicuro oggi non chiederebbe ‘oggetti’ (catene, mani, cuore…) di giallo metallo, ma i nostri stessi cuori di carne, pieni di fiducia e di amore, pronti a seguire il comando del Signore: amatevi gli uni e gli altri come io ho amato voi”.
Alla fine il suo appello terminò con una proposta: “Dare un significato di solidarietà alla festa di quest’anno (1999): l’avanzo economico, in accordo con i membri del Comitato, per 50%, verrà elargito a favore delle popolazioni disastrate dei Balcani tramite la Caritas italiana”.
Non oro ma opere di bene. Parole d’ordine ispirate a valori cristiani che tutti non dovevano faticare a comprenderle eppure esse apparvero irritanti se non addirittura blasfeme.
Ma “la goccia che fece traboccare il vaso” e creò la rivolta dei fedeli ponzesi fu quando Don Erasmo decise che durante le “novene” di giugno, la statua del santo non doveva essere posta sull’altare centrale della chiesa, essendo questo il posto riservato a Dio e non ai santi. Le reazioni furono furenti.
Don Erasmo in effetti voleva far riflettere i fedeli ponzesi: “Non state riducendo la fede religiosa a pura manifestazione esteriore, a semplice ritualità, a meccaniche ripetizioni di gesti e di parole? In epoca di materialismo economico e di relativo benessere non state rischiando di mercificare anche il rapporto con la fede cristiana e con lo stesso santo patrono in una relazione mercantile di donazione in cambio di grazie? Il culto di un Santo può essere accostato, sia pure per nove giorni ogni anno all’adorazione del Dio unico  dei cristiani? [7]

In tempi più recenti  addirittura lo stesso vescovo Bernardo disse ai fedeli che la Statua era solo un simbolo, un oggetto, ma la fede era un’altra cosa, bisognava credere in Dio e rispettare i suoi comandamenti.

San Silverio è stato un santo uomo che va sicuramente venerato e preso ad esempio di fedeltà indissolubile nei confronti del Dio padre.
Mai confondere il Santo con Dio, mai confondere una statua con il Santo Uomo: ma mantenere il suo ricordo con tutto il rispetto che merita da parte di tutti i ponzesi.

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