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Storie di animali. Uccelli e gatti (2)

di Rinaldo Fiore
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Per me e per Paola iniziò una nuova vita perché avevamo sofferto per la perdita di una gatta di diciassette anni e questo nuovo gatto ci dava una grande energia.
Passammo dei giorni incantevoli con questo gatto che viveva sotto il nostro portico e ci deliziava con le sue coccole.

Mancavano ormai pochi giorni alla partenza per le nostre vacanze a Palinuro e da qualche giorno non si vedeva Jerri: era questo il nome che avevamo dato al gatto.
Era mercoledì e sabato saremmo partiti per una settimana quando vidi scendere dal vialetto Jerri con passo felpato, anzi stentato: si muoveva con delicatezza ma sembrava avere difficoltà a camminare. Mi raggiunse mentre (da medico) pensavo ad una serie di possibilità e lo coccolai con tante carezze e grattini, ma Jerri sembrava non respirare bene. Lo lasciai vicino ad una ciotola con i croccantini e andai dal vicino:
Gianni senti… Jerri sta male bisogna portarlo dal veterinario!
– Ma noo, sarà il caldo non ti preoccupare!
Mi ritirai in buon ordine ma pensieroso e lasciai passare la giornata con il cucciolotto su un asciugamani posto sul nostro divano.

Il giorno successivo ci svegliammo presto e subito andammo a controllare Jerri che stava accoccolato ancora sul divano: respirava male, era proprio evidente.
Uscii di casa speranzoso di trovare Gianni nel suo vigneto: per fortuna stava già lì.
– Gianni, Gianni… il gatto sta male io lo porto dal veterinario; lo paghiamo metà per uno!
Di fronte alla mia forza decisionale Gianni disse subito di sì e così in fretta e furia andammo dal veterinario.
Jerri viaggiava in auto tra le braccia di Paola, accarezzato come un bambino e dopo un quarto d’ora il veterinario già iniziava a visitarlo.

La diagnosi ipotizzata era brutta, molto brutta: leucemia felina ma per essere certi bisognava fare un prelievo e una lastrina.
L’esame radiologico mostrò subito un versamento pleurico bilaterale che giustificava la sua difficoltà a camminare e la debolezza. Il veterinario ci disse che, evacuato il versamento, il gatto sarebbe stato subito meglio ma le possibilità di sopravvivenza erano molto limitate: lui avrebbe fatto tutto il possibile ma non c’era da aspettarsi grandi risultati.
Abbattuti, depressi facemmo le ultime carezze a Jerri e poi, sconsolati andammo via, avvertendo il veterinario che il vero padrone del gatto sarebbe venuto a trovarlo, per via delle nostre vacanze…

Tornammo a casa abbattuti, vuoti di energia ma la malattia era quella che era e, d’altra parte, i fratellini non si vedevano più e evidentemente erano andati in cielo. Grigetta, la mamma di Jerri era malata pure lei ma resisteva, e così il Barone rosso, il papà di Jerri. Venivano sempre da noi a mangiare qualche croccantino sapendo bene che noi volevamo loro bene.
Intanto la figlia della mia compagna, “gattara” da sempre, aveva deciso di prendersi in casa Grigetta curandola e donandole un sacco d’amore: lei era esperta perché aveva mantenuto bene la sua gatta, scomparsa a 17 anni con un grosso tumore della pancia, e così aveva così imparato ad assistere i gatti sofferenti. Il Barone rosso, così chiamato per via del colore della sua pellicciotta, era un gatttone con un capoccione che ci spostava quando ci sfiorava le gambe, bello con occhi azzurri e di una dolcezza infinita: lui aspettava sempre che Grigetta mangiasse dalla ciotola e solo dopo cominciava pure lui.
Il Barone rosso nella vicenda fu lasciato solo, nessuno lo prese in casa o in giardino ma non restò senza “vitto” perché le gattare in loco erano numerose.


Tornati a casa, dal veterinario, avvertimmo subito Gianni della malattia di Jerri e poi gli dissi che lui avrebbe dovuto andare a trovarlo perché noi l’indomani saremmo partiti per Palinuro… In verità l’amico era alquanto scettico per la malattia di Jerri ma resse il gioco non potendo fare figuracce con me.
Passammo una notte tranquilla dopo aver preparato le valige e il giorno dopo di buon’ora partimmo.

Il primo giorno lo passammo con il pensiero di Jerri ma dal secondo giorno ignorammo il problema per non rovinarci le vacanze, anche se chiamammo il veterinario per sentirci confermare la diagnosi.
Furono giornate molto belle e riposanti che trascorsero anche lentamente.
Il giorno precedente la partenza chiamammo di nuovo per sapere qualcosa di Jerri che sembrava stare meglio. Rasserenati, il giorno successivo prendemmo la strada di casa: arrivammo ai Castelli intorno alle 16 e telefonammo al veterinario: la situazione era stabile e così decidemmo che l’avremmo ripreso il giorno dopo.
In quella settimana avevamo fatto finta di non pensare a Jerri ma sapevamo perfettamente come sarebbero andate a finire le cose…

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Il giorno dopo andammo a riprendere Jerri che nella nottata si era sentito male, per il versamento che si era riformato: il cucciolotto stava cheto dentro la gabbia sopra un cuscino e ci riconobbe quando cominciammo ad accarezzarlo e a parlargli: ci guardava con dolcezza sollevandosi sul dorso con fatica: abbondammo con tutte le dolcezze del mondo e ce lo portammo a casa.
Lo portammo in braccio nella sua cuccia sopra il divano e continuammo la cura d’affetto e poi lo lasciammo libero di andare in giro per casa.

Un’altra giornata passò e Jerri aveva il primato delle attenzioni senza che per questo lo tormentassimo.
Dopo qualche giorno passato così e così, mentre Paola faceva la settimana enigmistica, io seguivo con lo sguardo Jerri che, sceso dal divano, era andato in cameretta sotto il letto del nipotino e, dopo averlo controllato, ero andato vicino a Paola.
Dopo un quarto d’ora Jerri venne in salone, si avvicinò al piede di Paola e vi si strofinò sopra e poi si diresse verso la porta d’ingresso che era aperta.
– Paola, Jerri è uscito, non lo controllo, tanto dove vuoi che vada.
– Va bene – rispose e continuammo a fare le nostre cose.
Dopo una ventina di minuti mi alzai dal divano per far rientrare Jerri e andai fuori casa che dava su un giardino e un oliveto su quattromila metri di terreno; mi guardai attorno ma Jerri non si vedeva e così cominciai a chiamarlo:
– Jerri, Jerri! Paola, Jerri non c’è.
Paola si unì a noi nel cercarlo. Andammo in giro per ogni angolo del terreno ma Jerri non si trovava. Era scomparso… era andato a morire per conto suo!
Cercammo dappertutto ma Jerri non c’era più!
Sconsolati ma consapevoli rientrammo a casa che era buio e prendemmo atto che quell’angioletto ci aveva lasciati con quella carezza al piede di Paola…

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