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Il Giovane e il Mare. Una storia vera di Coraggio, Fede e Speranza (3)

di Emilio Iodice

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Il mare aveva inghiottito tutti e tutto quello che esisteva fino a venti minuti prima. Le onde si riversavano violentemente contro il ragazzo avvinghiato alla roccia scivolosa. Era coperta di cirripedi affilati come lame ma, nonostante i tagli profondi che andavano formandosi sulle sue mani, gambe e piedi, nonostante stesse sanguinando copiosamente, si aggrappò alla vita. Il vento freddo ululava mentre l’acqua gelida continuava a scorrere sulla debole, eppure decisa, sagoma di Silverio. Sembrava come se il mare stesse cercando di strapparlo al suo rifugio per divorarlo come gli altri, come se fosse ancora affamato.

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Lui non lo sapeva, ma quattro dei suoi compagni erano ancora vivi. Alcuni galleggiavano aggrappati a dei pezzi di legno, altri erano su delle rocce o erano stati scagliati sul bagnasciuga.
Uno in particolare, Emiliano, il migliore amico di Silverio, della sua stessa età, era stato lanciato sulla costa sassosa. Il mare lo colpiva e cercava di spezzarlo contro i banchi di sabbia. Emiliano sapeva che doveva arrampicarsi oltre l’acqua per sopravvivere. I crinali della montagna erano scivolosi e pieni di crepe e sembravano impossibili da scalare ma lui, disperato, cercava ancora qualcosa a cui aggrapparsi per rimanere al di sopra del mare furioso. Se non ce l’avesse fatta, sarebbe stato ucciso dalle onde che lo sbattevano contro i lati della collina. Iniziò a pregare.

[2]

Inaspettatamente sentì quello che sembrava come un gradino sotto il suo piede. Lo toccò, e ne sentì un altro e un altro ancora. Le onde lo colpirono ancora e ancora e lui cadde momentaneamente, ma subito si ritirò su e iniziò di nuovo a scalare. Mentre saliva, guardò in basso: il mare continuava a ruggire sotto di lui. Gradino dopo gradino, nel giro di un’ora, raggiunse la cima della montagna. Era esausto e il suo corpo era preda del dolore e del logorio nervoso.

[3]

Si sentì svenire e quasi perse i sensi, quando una mano forte afferrò la sua spalla. Emiliano era sorpreso. Alzò gli occhi e c’era un uomo davanti a lui; era anziano. Indossava una tunica grigiastra e aveva una lunga barba argentata; sul suo capo c’era un semplice berretto; portava una piccola croce di legno intorno al collo e i suoi occhi sembravano brillare.

“Alzati”, disse e aiutò il ragazzo a rimettersi in piedi. Le sue mani erano solcate dal tempo ma forti. Portò Emiliano fino a un riparo, una capanna costruita dai cacciatori. Dentro c’era una piccola stufa accesa, la stanza era calda e accogliente. L’anziano uomo coprì Emiliano con una pesante coperta di lana.

Dell’acqua e del pane secco erano poggiati su una tavola. Il ragazzo bevve da una bottiglia di terracotta, mangiò e si stese; aveva bisogno di riposo. L’anziano uomo lo svegliò un’ora dopo. “Va fuori e accendi un fuoco”, disse. Emiliano obbedì. C’erano dei fiammiferi nella capanna, e fuori c’era una pila di bastoni, rami e pezzi di tronco d’albero; riusciva a vedere Ponza in lontananza. Con abbastanza fuoco e fumo, una barca di passaggio avrebbe potuto vedere il suo segnale. Si avvicinò all’orlo della scogliera e guardò in basso. Credette di vedere alcuni dei suoi compagni aggrappati alle rocce o a pezzi di legno, ma non poteva esserne sicuro.

Due ore dopo, il ragazzo aveva acceso un falò, il suo fumo poteva sicuramente essere visto da Ponza. Continuò a raccogliere legna e qualsiasi cosa riuscisse a trovare per mantenere la fiamma accesa nella notte. Infine, tornato alla capanna, si stese sul piccolo letto. Il materasso era pieno di foglie e paglia eppure, in pochi momenti, cadde in un sonno profondo.

[Il Giovane e il Mare (3) – Continua]

Per la prima puntata, leggi qui [4]
Per la seconda puntata, leggi qui [5]