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Il cammello di Michele Serra e gli esuli della sinistra

segnalato da Sandro Russo
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Già in altre occasioni – il più delle volte per mia iniziativa – abbiamo ospitato sul sito scritti di Michele Serra, attualmente una delle più prestigiose firme del quotidiano la Repubblica (dove tiene una rubrica fissa “L’amaca”).
Serra. In passato (1989 e segg.) direttore di Cuore – Settimanale di resistenza umana (inserto satirico allegato all’Unità e poi settimanale autonomo). Negli stessi anni scrive i testi delle apparizioni TV e degli spettacoli di Beppe Grillo.
In anni successivi – per dire la varietà degli interessi – è autore televisivo dei testi con Celentano per Rai1 (2001) e a più riprese (2002 – 2013) coautore con Fabio Fazio e Roberto Saviano per “Che tempo che fa” (su Raitre) e “Quello che (non) ho” (su la 7)… ma il curriculun sarebbe molto più lungo.

La mia ammirazione per Michele Serra nasce dal trovarlo perfettamente consonante con i miei pensieri su una quantità di argomenti (in particolare in campo politico) con la differenza che lui arriva – con qualche giorno di anticipo e con molta maggiore chiarezza – a scrivere, con originalità e a volte perfino in modo poetico, quel che io penso solo confusamente.

Lo sentiamo in tanti – noi persone che sinceramente, profondamente e con convinzione ci riconosciamo negli ideali della sinistra – uno di noi, a volte pre-politico, ingenuo, di buon senso, semplicemente “umano”. Come spesso noi siamo…

Quindi, che lui lo voglia o no, lo immagini o meno, nei momenti di sperdimento – come questo peri-elettorale -, più che ai fini commentatori politici o blasonati maître à penser è un suo articolo che andiamo a cercare sul giornale del mattino. Quando tutto manca, il trafiletto giornaliero de “L’amaca” (attenzione, il lunedì non esce!)

Ecco uno scritto di Michele Serra del 6 marzo, a due giorni dalle elezioni (riportato in file .pdf) e la sua Amaca di oggi 11 marzo, integralmente ripresa

Da la Repubblica del 6 marzo 2018. Michele Serra [2]

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Commenti
L’AMACA

di Michele Serra

Sembra di capire che per molti di noi il grande problema, nei prossimi mesi (anni?) sarà questo: come si fa a tenere fermo qualche buon principio, però senza farlo cadere dall’alto, e anzi discutendolo gomito a gomito e all’altezza dei marciapiedi dove tutti, ogni giorno, camminiamo? Come si fa a dismettere il tono predicatorio/spocchioso, senza però adottare, per ruffianeria o per convenienza, un tono becero e illetterato? Come si fa a difendere la cultura, la sua basica importanza (il pane e le rose), però senza farlo pesare a chi cultura non possiede, o ne possiede una quantità insufficiente? A difendere la gentilezza mettendo in chiaro che non si sta difendendo la forma, ma la sostanza della vita sociale?
A essere popolo, perché è ciò che tutti siamo (uno vale uno non l’ha inventato Grillo: è la democrazia, è il suffragio universale) però ricordando a noi stessi, in quanto popolo, che dobbiamo alzare il livello, non abbassarlo?
A dire che gli ignoranti devono potere imparare e i sapienti devono potere insegnare, senza per questo essere tacciati di essere “casta”?
Difficilissimo: ma è da quella cruna che dobbiamo passare, perché il vero cammello, in Italia e nel mondo, è diventata la sinistra.
Ecco, un cammello (che, poveretto, deve passare per quella cruna) sarebbe un eccellente simbolo, per la sinistra del futuro. Mettendo nel conto le accuse di essere amici degli arabi, oltre a tutto il resto.

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