Ambiente e Natura

Luci negli abissi

segnalato dalla Redazione

 

Da la Repubblica del 15/2 segnaliamo un articolo su alcune caratteristiche della vita che si svolge negli abissi marini, argomento già trattato sul sito. Leggi:
– di Adriano Madonna – “Abissi”
– di Sandro Russo – “Curiosità abissali”
Pensiamo che interesserà i nostri lettori.


SCIENZE
Le creature degli abissi e la vita in un valzer di luci
L’esplorazione. Con i sottomarini hanno filmato lo show degli esseri bioluminescenti che cercano cibo, partner e si difendono dai predatori nei fondali oscuri
di Elena Dusi

Si scende negli abissi con un piccolo batiscafo. Si fermano le eliche. Si spengono le luci. Quando tutto è buio e silenzio, nel momento esatto in cui la sensazione di essere sepolti vivi comincia a dare i brividi, lo spettacolo inizia. Gli scienziati che l’hanno vissuto lo descrivono come una scarica di fuochi d’artificio, l’accensione improvvisa di un cielo di stelle, il passaggio di una galassia di fronte ai propri occhi, l’approdo in un mondo di alieni. È la scoperta che gli abissi del mare, dove mai è arrivato un raggio di Sole, pullulano comunque di luce. Merito della bioluminescenza: la capacità di alcune specie di emettere fotoni tramite una reazione chimica.

Grazie a lei le creature del buio perenne si parlano, si attraggono, si accoppiano, si mangiano, si spaventano e — paradossalmente — si nascondono. Il tutto usando la luce, come fanno (o facevano) le lucciole nelle nostre campagne.

Lo studio delle stelle dei fondali, nei suoi dettagli, è progresso recente. Il Monterey Bay Aquarium Research Institute in California ha da poco messo insieme le riprese effettuate con robot sottomarini dal ‘99 a oggi.
L’iniziativa “Our Blue Planet” della Bbc e la casa produttrice di video scientifici Alucia Production hanno puntato sul lato spettacolare del fenomeno.
Le ultime scoperte sono state riassunte due giorni fa da Scientific American.

«Ci si chiedeva da sempre perché le creature degli abissi hanno gli occhi, se a 200 metri di profondità non si vede più nulla e neanche un fotone arriva a 500» racconta Roberto Danovaro, che insegna biologia marina all’Università Politecnica delle Marche e presiede la Stazione Zoologica Anton Dohrn a Napoli.

Poi, nel 1932, l’esploratore americano William Beebe si immerse all’interno di una grande biglia di metallo e scoprì le stelle in fondo al mare. La “pallida luce che risplendeva sulla superficie” era stata notata in precedenza da Charles Darwin. Durante la Guerra Fredda sia Usa che Urss si industriarono per capire se il passaggio dei sottomarini causasse l’“accensione” del plankton bioluminescente.

«Lo Stretto di Messina, grazie al suo gioco di correnti, è uno dei luoghi ideali per studiare il fenomeno, in particolari periodi dell’anno» racconta Danovaro.
Ma è soprattutto grazie allo studio del Monterey Bay Aquarium, pubblicato l’anno scorso su Scientific Reports, che finalmente la vita degli abissi si è illuminata di fronte ai nostri occhi. Con 240 immersioni di robot fino a 4mila metri di profondità, i biologi hanno contato 350mila creature luminose. Bellissime. C’è la medusa che assomiglia a un’astronave, il pesciolino che si trasforma in una giostra, rane pescatrici che accendono la lanterna sopra alla testa per attirare le prede, squali dagli occhi color ambra fosforescente, vermi arancioni, verdi, blu o di tutti questi colori insieme.

«Alcune seppie — racconta Danovaro, che ha osservato le stelle degli abissi con robot sottomarini calati dalle navi — rilasciano uno spruzzo di luce esattamente come specie simili fanno con l’inchiostro.
Abbagliano il predatore, compiono una serie di piroette sfavillanti per depistarlo e poi tornano a rifugiarsi nel buio totale».

Se calcoliamo che la profondità media del mare è di 4mila metri, la vita arriva a oltre 11mila, il 90% delle creature marine abita acque completamente buie e che, infine, secondo i calcoli dei californiani il 76% delle specie che popolano l’oceano oscuro usano una qualche forma di bioluminescenza, si capisce quanto il fenomeno sia imponente e diffuso.
«Totani e calamari — prosegue il presidente della Anton Dohrn — a volte hanno occhi come fari, con una sostanza riflettente sulla parete posteriore. La luce può essere prodotta da una reazione chimica fra enzimi oppure da batteri che vivono in simbiosi con gli animali marini. E che possono perfino essere trasmessi da madre a figlio». Dimostrazione di quanto questo fenomeno sia radicato nell’evoluzione della vita. «Siamo abituati a guardare il mare dalla spiaggia» – commenta Danovaro – «Ma la vita viene dal fondo. Per capirla è utile a volte capovolgere la nostra prospettiva».


Bioluminescenza

Intervista a Edith Widder
“Sembrava uno spettacolo pirotecnico”
«Alcune specie marine attraggono i partner con particolari giochi luminosi. La rana pescatrice usa questa dote per catturare le prede»

Dal primo momento in cui è entrata in un sottomarino, Edith Widder ha iniziato a definirsi una “drogata” della luce degli oceani. Alla bioluminescenza la ricercatrice dell’Ocean Research & Conservation Association, in Florida, ha dedicato tutta la sua carriera scientifica. In molti video la si vede accoccolata in un piccolo veicolo subacqueo, immobile, con gli occhi spalancati e il taccuino in mano.
Dove troviamo le creature che risplendono?
«Soprattutto al largo nel mare. Sulla terra il fenomeno è raro, riguarda alcuni vermi e funghi. Negli oceani invece la maggior parte delle creature degli abissi emette un qualche tipo di luce».
Perché?
«Alcune specie attraggono i partner con particolari giochi di luce o organi luminosi. Altri, come la rana pescatrice, usano la bioluminescenza per catturare le prede. Un flash può servire ad accecare un predatore per poi battersela di corsa in ritirata».
Ci racconta cosa si prova negli abissi?
«La mia prima immersione risale al 1984. Sono scesa a 300 metri nel Canale di Santa Barbara e ho spento le luci. Sono rimasta a bocca aperta. Sembrava di assistere a uno spettacolo pirotecnico. Mi sembrava di essere di fronte a uno dei processi biologici più importanti degli oceani. Da quel momento non ho più smesso di studiarlo». – (e.d.)

Da la Repubblica del 15 febbraio 2018

File .pdf dell’articolo: Le creature degli abissi
Immagine di copertina: meduse bioluminescenti (da la Repubblica); le altre foto sono state inserite a cura della Redazione


La sifonofora bioluminescente Frillagalma vityazi, fotografata in mare (in alto) e in laboratorio (in basso)


Una medusa bioluminescente che vive in profondità nella Baia di Monterey

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