Attualità

27 gennaio. La Memoria non è un esercizio a vuoto

proposto da Sandro Russo

 

“Il Giorno della Memoria’ rievoca la data del 27 gennaio 1945, giorno in cui l’Armata Rossa, che attraversava la Polonia in rapido avvicinamento verso Berlino, si era imbattuta nel campo di concentramento di Auschwitz e aveva liberato i pochi prigionieri che i tedeschi vi avevano lasciato, dopo aver distrutto il possibile. Quindi a guerra non ancora finita”.

Sul sito, particolarmente significativa e ricca di informazioni sul tema, la rievocazione della Strage di Marzabotto al suo 7o° Anniversario, nel 2014: leggi qui.

Anno dopo anno rievochiamo su queste pagine “Il giorno della Memoria”.
Non è un esercizio formale; non lo è mai, in particolar modo quest’anno che marca la ripresa di movimenti dei estrema destra o para-nazisti in tutte Europa e anche in Italia.

Non siamo stati vaccinati dagli eventi dell’ultima guerra e dalla tragedia della Shoah, se su questi eventi c’è il disinteresse e la rimozione cui assistiamo oggi.
Avvilisce la nostra “umanità” e fa disperare il ripresentarsi di un’ideologia che ha fatto milioni di morti e palesato le crudeltà più atroci. Certo, nessuno la ripropone negli stessi termini, ma dove si ferma il consenso? Sulla soglia del lager? …delle “camere a gas”?

Perciò, anche se doloroso, non pensiamo di essere retorici o ripetitivi nel riproporre una poesia, rievocativa di quel tempo e di quelle emozioni, che sentiamo oggi più che mai attuale:

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Un paio di scarpette rosse, di Joyce Lussu (1944)

C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
Schulze Monaco
c’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buchenwald
più in là c’è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane
a Buchenwald
servivano a far coperte per i soldati
non si sprecava nulla
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas
c’è un paio di scarpette rosse
di scarpette rosse per la domenica
a Buchenwald
erano di un bimbo di tre anni
forse di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini
li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l’eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono

C’è un paio di scarpette rosse
a Buchenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole…

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Immagine di copertina: una scena dal film “Schindler’s list”, di Steven Spielberg del 1993.

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