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Eventi. Mostra a Napoli e incontri culturali a Roma

a cura della Redazione
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Napoli – Grandi Mostre, da De Nittis a Gemito

Riscoperte. Palazzo Zevallos Stigliano, a Napoli, ripercorre la fortunata stagione degli artisti che trovarono una nuova fortuna nella Francia della seconda metà dell’Ottocento. E che, come De Nittis, rivaleggiarono con Degas e gli altri maestri

Quei napoletani impressionisti diventati parigini

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Il personaggio
Gemito, scultore folle e invidiato nella Ville Lumière
di Chiara Gatti

La gente di Napoli lo chiamava ’o scultore pazzo.
Un uomo difficile, folle ma attraente. Vincenzo Gemito (1852-1929) era un genio di natura, nato con un talento nelle mani. Modellare la terra cruda o la cera madre come fossero burro. Già a dodici anni, nelle botteghe dei maestri che lo accoglievano come garzone, plasmava nella creta personaggi fragili. Lavorati a pollice. I primi, piccoli eroi del suo popolo del mare. Pescatori, acquaioli, bambini accucciati con la lenza. Si narra che chiedesse ai giovani modelli di posare in bilico su rocce cosparse di sapone. Solo così poteva ritrarre davvero la tensione dei muscoli, l’equilibrio instabile dei corpi, la concentrazione nella pesca.

Per i ragazzi di Mergellina, orfani di affetti, simbolo di un’infanzia emarginata, non era uno svago, ma una lotta quotidiana per la sopravvivenza. Fu questa sua adesione al dramma degli umili, la capacità di catturarlo nella materia, a colpire il pubblico francese. “Plein de vie”, piene di vita, furono giudicate le sue opere dalla critica parigina quando, nel 1878, vennero presentate alla Esposizione Universale, nella sezione che documentava il progresso degli italiani nella ricerca plastica. Gemito fece discutere. Qualche mese prima, aveva esposto il suo ritratto di Giuseppe Verdi al Salon della Società degli artisti francesi. Un soggetto istituzionale, splendidamente intimo, toccante nell’indagine del volto assorto, ma non certo audace come poteva apparire invece il fisico nudo di un ragazzino appeso a uno scoglio.
Fioccarono sui giornali aggettivi come “laido” e “disgustoso”.
Ma la potenza del suo verismo superò ogni pruderie. E ottenne una medaglia d’oro. All’epoca, condivideva un appartamento, in rue de Rude, con l’amico pittore Antonio Mancini.

Trascorsero insieme un periodo di convivenza minato dal conflitto inevitabile fra caratteri forti. Fu tuttavia merito di Mancini se Gemito approdò alla Maison Goupil, celebre galleria, crocevia di nomi emergenti dell’arte internazionale.
Mentre i colleghi di Parigi guardavano con invidia alle sue abilità tecniche nella fusione a cera persa (ne lasciò la ricetta segreta agli scultori Dubois e Dalou), il girovagare per i salotti culturali della città lo portò a incontrare Giovanni Boldini, “the little italian”, il ritrattista più richiesto della belle époque, cui dedicò un busto bronzeo, oltre al vecchio maestro napoleonico Meissonier, il “peintre des garnisons” come lo aveva definito Baudelaire, alludendo alle sue famose scene di battaglia. Proprio a lui donò il Pescatore che tanto scandalo aveva raccolto all’Expo e che Meissonier amò intensamente per le sue forme sode, generate dall’argilla.
“Le statue di Gemito sono i passatempi di un demiurgo” – scriverà, in pieno Novecento, Savinio. Quel dio dei miserabili, dietro la sua lunga barba da stilita, era riuscito a fondere l’eredità della statuaria classica ammirata al Museo archeologico di Napoli con il sentimento vivido della natura.
Non stupisce che, lontano dal suo mare, si sentisse un po’ perduto. «Io sto qui per fare danari e conoscenze» confessava da Parigi; «questo è un Paese che uno di talento può divenire ricco!».E il successo lo gratificò infatti con altre menzioni “honorable” al Salon e con commissioni ben pagate. Ritratti, soprattutto.
Ma ogni ritorno a Napoli era lenitivo per la sua insania latente. Dolori, perdite familiari, inquietudini innate lo trascinarono presto lontano dalle luci di Parigi. In una lettera a Meissonier, vergata per chiedere consiglio su una richiesta regale arrivata da Umberto I, esplose il suo malessere. Era il 1886. L’inizio della follia.

Su Vincenzo Gemito sul sito, vedi anche la recensione di Rita Bosso al romanzo di Wanda Marasco “Il genio dell’abbandono” (leggi qui)

 

Informazioni utili sulla Mostra di Napoli “Da De Nittis a Gemito. I napoletani a Parigi negli anni dell’Impressionismo”

L’esposizione è aperta fino all’8 aprile.
A cura di Luisa Martorelli e Fernando Mazzocca, Gallerie d’Italia — Palazzo Zevallos Stigliano, Via Toledo, 185 – Napoli. Fino all’8 aprile Orari: da martedì a venerdì dalle 10 alle 18; sabato e domenica dalle 10 alle 20; lunedì chiuso. Aperture straordinarie:1e 2 aprile. Biglietto congiunto valido per la visita alle mostre temporanee e alle collezioni permanenti: intero 5 euro; ridotto 3. Informazioni e prenotazioni Numero verde: 800.454229 Mail: [email protected]

 File .pdf: Mostra di Napoli. Da la Repubblica del 10 genn. 2018 pp 40-41
  [5] Navi del II secolo in un mosaico conservato nel piazzale delle Corporazioni a Ostia Antica

“Roma e il Mediterraneo” viaggio nella storia antica
di Giuseppe Serao

La rassegna al teatro Argentina il 14 gennaio riprende il ciclo di appuntamenti “Luce sull’archeologia”.
Sette incontri con storici e studiosi dedicati all’Urbe Dal mito di Enea ad Annibale, dai commerci con i greci alla conquista dell’Egitto
Storici dell’arte, archeologi, studiosi di Roma antica danno nuovamente appuntamento al pubblico per un viaggio nell’Urbe delle origini. Dal 14 gennaio riprende al Teatro Argentina il ciclo di appuntamenti, oramai alla quarta edizione, “Luce sull’archeologia. Sette incontri di storia e arte: Roma e il Mediterraneo”.

Il mare Mediterraneo è un susseguirsi di mari, di paesaggi, di popoli, un crocevia antichissimo dove persone, merci, idee e diverse forme dell’arte generarono la diffusione di civiltà, culti, costumi e leggende.

A metà del II secolo a. C. la definitiva vittoria romana contro i cartaginesi, la presa di Corinto e l’eredità del regno di Pergamo, consegnarono alla Repubblica il dominio del Mediterraneo e tutti i territori di quest’area passarono sotto la sua autorità, favorendo l’assimilazione giuridica, linguistica e l’ellenizzazione della cultura romana.

L’esplorazione di questo mondo antico sarà guidata da studiosi ed esperti, i cui interventi saranno introdotti dall’archeologo Massimiliano Ghilardi, da Andreas M. Steiner direttore della rivista Archeo e dallo storico dell’arte Claudio Strinati.


Si comincia domenica prossima 14
gennaio con lo storico Andrea Giardina e con l’archeologo Domenico Palombi che nell’incontro dedicato a “Il viaggio di Enea” parleranno dei miti sulle origini di Roma.
Nel secondo appuntamento del 4 febbraio, gli archeologi Andrea Augenti, Carlo Pavolini e Fausto Zevi si soffermereanno sulle grandi città portuali dell’Italia antica nella conferenza “Da mare a mare”.
Il 18 febbraio l’incontro su “Roma e Annibale”: lo storico Luciano Canfora e l’archeologa Annalisa Lo Monaco dedicheranno i loro interventi alle guerre puniche e al viaggio di Annibale, l’avversario più temibile per la repubblica romana, genio di tattica militare che nel 211 a.C. giunse alle porte di Roma.
L’8 aprile con “Il lusso dall’Oriente” si parlerà dei commerci che fecero grande Roma in seguito alle vittorie militari sulle popolazioni greche e sui regni ellenistici (con Stefano Tortorella, Lucrezia Ungaro e Alessandro Viscogliosi).
Il quinto appuntamento del 15 aprile avrà per tema “Roma verso l’Egitto”, con Francesca Cenerini e Alessandro Pagliara.
I “popoli del mare nel Mediterraneo antico” saranno descritti il 22 aprile da Maamoun Abdulkarim, Massimiliano Ghilardi e Alessandro Naso.
Chiuderà il ciclo di incontri, il 13 maggio, la conferenza “Matera lucana tra greci e romani”: un fuori programma in omaggio alla capitale europea della cultura 2019.