Ambiente e Natura

Mediterraneo da riscrivere. L’intervento di Antonio De Luca al TG 3

segnalato dalla Redazione


Al telegiornale delle ore 12 di ieri, 9 dicembre, è andato in onda una intensa testimonianza di Antonio De Luca sul Mediterraneo, sulla missione del poeta, e tra l’altro anche sul suo passato e i suoi rapporti attuali con l’isola.

Proponiamo il link al TG3, segnalando che l’intervento di Antonio va dal tempo 18′ 25″ fino alla fine del telegiornale (25′ 37″)

 

 

2 Comments

2 Comments

  1. Sandro Russo

    10 Dicembre 2017 at 17:30

    È del marzo 2015 – più di due anni e mezzo fa – un mio scritto: “Contro il Mediterraneo dei poeti”, cui questo sia pur incisivo e vibrante intervento di Antonio De Luca, direttamente mi ha rimandato.
    Del Mediterraneo Antonio parla, appunto, da Poeta, ma il mondo, il Mediterraneo e noi con essi, andiamo da tutt’altra parte.
    Ben lo vide anche Predrag Matvejevic, autore di quel “Breviario Mediterraneo” che è il padre di tutti i libri sull’argomento:
    È nella sua conclusione pessimistica: “Un’identità dell’essere, forte e radicata nelle nostre sponde, incontra una identità del fare inadeguata e poco sostenuta. La tendenza a confondere la rappresentazione della realtà con la realtà stessa si perpetua: l’immagine del Mediterraneo e il Mediterraneo reale non si identificano affatto…”.

    Si dirà – a parità di risultati – che alla paralisi operativa è preferibile la poesia, che almeno addolcisce il cuore; e che “una visione”, per quanto si vada facendo sempre più indistinta, è preferibile alla cruda realtà.
    Forse è per questo che ci stanno i poeti… per ricordare agli altri – a tutti gli altri – quel che avevano sognato!

  2. vincenzo

    12 Dicembre 2017 at 12:25

    “Prendetevi un istante, in silenzio, senza distrazione. Rispettate le parole, ma rispettate soprattutto voi stessi nel momento della poesia. Buona lettura, e buone suggestioni di mare.”
    [Simone Perotti]

    Breviario mediterraneo

    Ulivi secolari avete sangue nelle radici
    così nelle vene mie ogni illusione
    il tronco contorto è specchio al passante
    vite ti aggrappi a reggere gli acini lucenti
    e l’arcano tralcio spingi verso la luce
    come ossa umane al loro tronco
    tutta la mia vita è legata a voi
    eredità di emigranti nomadi
    che dall’Africa passarono per l’antica Persia
    e poi sulla terra ogni passo
    Tra grotte ipogee d’eremiti
    la vita mistica di contadini e pescatori
    animali e mestieri il gesto e il verbo
    la magia della terra natale
    qui banchi di pesce avvistati dall’alta scogliera
    transitano con balene e delfini
    per orizzonti indefiniti
    salgono gli abissi dalle radici del nomade
    navigheremo in eterno
    Resistono le isole tra i loro resti
    la materia evaporata non ha il tempo
    massi scagliati da mano divina
    inconsapevoli e smarriti
    galleggiano alla deriva tra le terre emerse
    così di noi il cammino
    Oh isole tristi e nobili
    tra le rive di Omero
    il porto aveva degli scogli alla bocca
    un tempio si ergeva dalla macchia di mirto e di lecci
    tra i cipressi sentivo il mormorio della cicala
    il battito d’ali di una cicogna madre
    s’affacciava sopra una palma
    ombra all’altare di Apollo
    poi resti di anfore e resine marmi sparsi
    una statua di un ignoto sapiente muschio
    tra colonne mozzate capitelli abbattuti
    dove sono ora Argo e Mitilene e l’isola di Paros
    le isole celebranti terre di mare
    Epidauro ed Olimpia
    i templi e il teatro gli oracoli
    i bianchi cortili all’ombra del fico
    dove gli amanti riposano
    bella la terra mediterranea!
    il mio approdo
    l’uomo che ero di molti secoli fa
    dialoga col tempo insulare
    chi scrive versi non ha regole
    labirinti di muri a secco muraglie
    costruzioni di pietra viva come basiliche
    la civiltà antica il rumore della terra
    un paesaggio immobile contiene ogni verità
    su questo suolo trovai il necessario a vivere
    condivisi l’acqua e il pane salai il pesce
    rompevo gli acini e fermentavo il succo
    il sole d’agosto appassiva i frutti carnosi
    la sera raccoglievo legna votiva agli dei
    padrone della povertà e della fortuna
    avevo il privilegio ricco dell’ozio
    e i divini doni della follia
    le viscere bagnate dal sale materno
    il Mediterraneo
    una musa venne dal mare
    la poesia anticipa la strada
    mi assolva il tempo
    la conchiglia dove il fato ha l’eco
    e il mare grida profeta
    solo il sogno ha la verità
    scivola allora ogni giorno il mio corpo
    nella culla mediterranea
    tra le rive delle lontananze
    in attesa dell’ultima barca
    la prua che non vedrà ritorno.

    [Antonio De Luca]

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top