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Il naufragio del San Silverio del 1928 (3). Da un giornale dell’epoca

segnalato da Paolo Iannuccelli
[1]

 

Da un racconto di Giuliano Deiana, pubblicato su www.olbia.it [2] e segnalato da Paolo Iannuccelli

Epilogo
Dal quotidiano “L’Isola” del 5 dicembre 1928


Il drammatico naufragio del “San Silverio” nel mare di Terranova.

Dell’annunziata scomparsa del motopeschereccio “San Silverio”, nessuna nuova che riesca, per un istante, a squarciare il fitto velo che pesa sulla sua sorte.
Oltre trenta orfani, otto vedove ne piangono la perdita.
A Terranova non si parla d’altro. I nomi dei componenti il valoroso equipaggio sono in tutte le bocche. Degli scomparsi si ricordano aneddoti, delle loro famiglie le misere condizioni. Il generoso cuore del paese non nasconde la sua angoscia, si impietosisce ad ogni nuova supposizione che s’accavalla alle altre mille già create ad esperienze di vecchi marinai o puramente tessuta dalla fantasia popolare che ama il sensazionale.
Ogni poche ore è una nuova probabilità che corre di bocca in bocca, un’ultima notizia, la vera che annulla le altre.
Sono stati ritrovati i cadaveri sulla spiaggia di Marinella.
E’ stato visto il legno sbattere sulle coste di Tavolara. L’equipaggio è certamente perito. Si dice che il legno sia al sicuro in qualche angolo della costa.
Intanto, mentre gli uomini esperti pubblicamente espongono la loro opinione e la fantasia popolare ricama in mille strani modi sulla sorte dei poveri naufraghi, passano i giorni. E ne sono passati otto ed essi non tornano.
E il mare è ritornato tranquillo e solamente esso, che sa il segreto, non parla.
Ed è così, come molti marinai anziani credono, il San Silverio è colato a picco.
E’ doloroso dirlo, ma dopo otto giorni, dopo che le regie torpediniere hanno solcato in lungo e in largo il mare, nei dintorni ove il San Silverio era solito pescare, senza nulla rinvenire (1), è mai possibile nutrire buone speranze?
Il terribile fortunale ha sopraffatto il piccolo e vecchio legno.
Trasportato in alto mare, il San Silverio si è inabissato dopo impari lotta contro i perfidi elementi.
Il suo eroico equipaggio, quasi tutto formato da padri di numerosi figli e da pochi giovani, a cui molto poco ha sorriso la vita, giacciono in alto mare, immensa bara azzurra, senza corone.
Essi godono di già il sonno dei giusti negli abissi inaccessi del mare neniati dalla voce eterna delle acque e dall’incantevole canto delle sirene. Sono andati a raggiungere i morti del Tripoli, anch’essi vittime di un santo dovere.
E il loro sacrificio non sarà certo l’ultimo.
Nel nostro piccolo golfo, dal giorno del disastro, tartane e barche, vele e vapori, senza sostare hanno rivolto un breve saluto ai caduti e hanno attraversato lo stesso mare.
Ma lo traverseranno ancora, ora e sempre.
Piangono le vedove i loro sposi. E piangendo stringono al collo i loro orfani per spingerli su altre vie del lavoro.
Non vi riusciranno!
Quei piccoli sono figli del mare! E al mare ritorneranno per vivere fino all’ultimo giorno della loro vita.
Forse per custodire la tomba dei loro padri o forse per immolarsi essi stessi nell’ampia distesa.
Tavolara, da millenni assiste imperterrita e muta a questo terribile gioco.
Esaltando ancora una volta i caduti del San Silverio, che raggiungono l’innumerevole schiera di eroi che in tutti i campi si immolano per la lotta quotidiana nel lavoro, ne pubblichiamo l’elenco.
Sia di conforto alle famiglie colpite la simpatia senza limiti della popolazione terranovese e l’interessamento delle diverse autorità per la loro condizione miseranda.
Un gruppo di benefattori è già all’opera!

I caduti sono:
– Capitano Pieroni di anni 31 di Terranova, lascia vedova e tre figli;
– Macchinista Deiana Giuseppe (2) di anni 47 di Terranova, lascia vedova e sei figli;
– Capopesca Gulmanelli Sallustio di anni 42 di Alghero, lascia vedova e nove figli di cui otto femminette;
– Fuochista Salvato (3) Deiana di anni 21 di Terranova;
– Fuochista Masu Angelo celibe di anni 17 di Alghero;
– Marinaio Masu Luigi di anni 29 di Alghero, lascia vedova e due figli;
– Marinaio Masu Francesco di anni 34 di Alghero, lascia vedova e sette figli;
– Marinaio Cherchi Girolamo di anni 33 di Alghero, lascia vedova e un figlio;
– Marinaio Del Rio Giuseppe di anni 33 di Alghero, lascia vedova;
– Marinaio Sciarrone Ciro di anni 28 di Porto Torres, lascia vedova e due figli.
Particolare pietoso: il macchinista Deiana, superstite da un recente naufragio nella costa corsa, il naufragio del Moselle (4), si era imbarcato nel San Silverio da pochi giorni (5). Il figlio Salvatore, fuochista, congedatosi dalla Regia Marina pochi giorni or sono, il giorno del disastroso viaggio si era nascosto in casa di parenti ove il babbo andò a scovarlo, non volendosi imbarcare quasi presagisse la sua immatura fine (6).
Il San Silverio era un motopeschereccio del Sig. Antonio Sotgiu di Tempio, cedutogli da poche settimane dalla Ditta Piro.
Mentre chiudiamo, invochiamo le Autorità competenti perché l’Assicurazione Infortuni provveda quanto prima.
I primi aiuti, intanto, saranno forniti dalla popolazione.


Note all’articolo del Giornale

(1). Non solo le “regie torpediniere” solcarono “in lungo e in largo il mare”, ma anche i mezzi e gli uomini -palombari- dei fratelli di Giovanni Deiana: Pietro e Giuliano.
(2). Deiana Giovanni, non Giuseppe. Non aveva 47 anni ma 56.
(3). Salvatore Deiana, non Salvato.
(4). Giovanni Deiana, mio nonno materno, era stato imbarcato, come ho già detto, sul piroscafo francese Mosella, lo stesso che partecipò, insieme ad altre imbarcazioni, ai soccorsi del transatlantico Principessa Mafalda affondato a poche miglia dalla costa del Brasile il 25 ottobre del 1927. In realtà, dopo non molto tempo da quella tragedia, il Mosella non naufragò, ma subì un grave danno alla carena per aver urtato contro uno scoglio in prossimità della costa corsa.
(5). Il Deiana si era imbarcato sul San Silverio “da pochi giorni” per compiacere la richiesta del suo dirimpettaio (abitavano entrambi in via La Marmora) Francesco Masu, di Alghero ma abitante ad Olbia. Il peschereccio, infatti, in quei giorni, era rimasto senza il suo macchinista perché ammalato.
(6). Il figlio Salvatore non era il fuochista del San Silverio ma era stato sommergibilista. Non risponde a verità, secondo il racconto di mia nonna, che si fosse nascosto per non andare col padre. Si trovava, invece, a casa degli zii paterni in via Cavour, ritrovo abituale di tutti i parenti per il buon carattere e l’ospitalità dei padroni di casa.

Giuliano Deiana, 2016

[Il naufragio del San Silverio del 1929 (3) – Fine]
Per la prima puntata, leggi qui
Per la seconda puntata, leggi qui [3]