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Su e giù per Ponza (2)

di Francesco De Luca

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Dov’era la calca ora è solitudine, dove gli angusti spazi a stento reggevano la ressa ora sono angoli in cui assaporare il lento passeggio del vecchio col bastone. E il silenzio, anche quello troneggia per l’aria, da un poggio all’altro, da Capo Bosco alla Montagnella, dal monte Aprea al colle dei Sacco.

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L’isola ora è questo lasciarsi nelle braccia del tempo. Clemente vagola in questo autunno, e il mare accoglie di buon mattino chi per gli scogli della Ravia tenta il polpo, e nel pomeriggio getta l’amo a calamari.

E’ la particolarità di Ponza: si abbandona ogni ansia di vendita e si chiude nella vita quotidiana. Dove i compaesani ritrovano il burbero fraseggio, l’aridità dei gesti, l’essenzialità degli scambi.

Ci si occupa dell’immediato, ci si intrattiene sull’oggi. La quotidianità sovrasta. C’è la mensa scolastica nelle lamentele della mamma assillante, il divieto di accendere la sterpaglia, la malattia nascosta della vicina di casa… C’è l’esistenza nella sua vita chiacchierata ed evanescente.

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L’interesse primario tocca ciò che cade sotto gli occhi. Così… colpiscono i voli degli aironi cenerini veleggianti nel cavo di Cala Feola, la coppia dei coniugi svedesi e i trolley rumoreggianti sui basoli della Piazza, l’attesa del ritorno dei pescatori. I merluzzi (naselli) risaltano nelle cassette, come il sorriso del venditore e il piglio accigliato del pescatore.

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Sono aspetti di una vita laboriosa non scevra da invidie e dolori, fuori dal tumulto della mondanità. Qui ci si intrattiene con l’acqua sulla spiaggia di Giancos, col mare agitato il viaggio è sofferto, col vicino non c’è da confidarsi, e il volto di sé riflesso nello specchio dimensiona l’animo e il suo valore.

Davanti e intorno e dietro ogni uomo è, nell’isola, se stesso. Poca cosa, si dirà, perché la dimensione singola si è perduta nella folla, nella moltitudine, nella globalità. Cosa vale il singolo!

Qui, sull’isola, negli occhi dei ponzesi si palesa la loro individualità. Nuda.
E’ difficile accettarsi così, nudi, e taluni non-isolani si coprono di alterigia, di saccenteria. Poveri dentro e vestiti di anticaglie.

Suggerisco l’ascolto del brano de I Muvrini, complesso musicale della Corsica, nella canzone Mi manca.

Ascolta qui da Youtube:

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Qui di seguito, il testo:

Mi manca u mare
E so sponde care
À l’imensità Mi manca u monte
Chì pesa u fronte
À l’eternità Mi manca di gode
A mio libertà
Duie ore di sole
Duie orette sole
À lu trapughjà

Mi manca a Santa
Issa fede tamanta
A ghjente chì cantà
È lu impruvisà

Mi mancanu quelli
Chì eranu zitelli
Attempu ch’è mè
E burle è a risa
A vera amicizia
E sere in caffè

Mi mancanu sani
È a sò perchè
I mio paisani
Parenti o luntani
Pè sentemi bè

Mi trica di vene
Strappà è catene
Fà ride l’avvene
È campà ind’è mè

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Manques

La mer me manque
Ses chers rivages

Ce peuple qui chante
En joutes improvisées
Me manquent tous ceux
Qui étaient des enfants
En même temps que moi
Les jeux et les rires
De vraie amitié
Les soirs au café