- Ponza Racconta - https://www.ponzaracconta.it -

Non mi astengo. Io voto

di Francesco De Luca
[1]

 

Ponzaracconta offre l’opportunità di un proficuo dibattito e io lo voglio cogliere.
Dico la mia opinione sul diritto-dovere di votare quando lo Stato, nell’adempiere le sue funzioni democratiche, chiama il cittadino al voto. Io ritengo di dover votare. Così dicendo, appare chiaro, che mi assoggetto e dunque dò maggiore peso all’obbligo morale piuttosto che all’obbligo legale e politico.
E’ un diritto-dovere. Come diritto insiste nella sfera pubblica, sociale, legale, politica. È garantito, ma può essere eluso in tante maniere (voto nullo, voto in bianco, astensione). È la mente che decide le forme di manifestazione.
Come dovere attiene alla sfera privata, morale, individuale. È spinto da una pulsione interna. Ed è questa che decide la sua espressione.
Poiché l’essere umano è mente, cuore, stomaco ed anche ironia, dispetto, stupidità tutte le risposte alla chiamata elettorale, per me, hanno un senso. Nessuna vale più di un’altra.
[2]
Con tutti i distinguo che si portano dietro. Tutti legittimi e validi e nessun punto di vista può vantare la supremazia. Esempio: chi è sotto ricatto vota col paraocchi, e così anche chi si fa guidare dall’ideologia. Sono giudizi negativi. Perché ? Perché io ritengo che il ricatto e la soggezione ideologica siano disvalori. Ma è soltanto la mia la opinione.

L’astensionismo però si presenta come un fenomeno sociale di grande rilevanza. E dunque deve essere considerato come un fattore che va oltre l’aspetto individuale. Questa la tesi. Non condivido questa impostazione. Ogni espressione umana, prima di confluire nella dimensione sociale deve fare i conti con la sua condizione individuale. Non riesco ad ammettere l’alienazione della sfera individuale in quella sociale e collettiva. Chi si astiene lo fa per sue ragioni personali. Che poi si assommano ad altre e da astensione diventa astensionismo.
Può avere questo un’influenza sulla scelta del singolo ? Sì, se l’individuo lo vuole. No, se non se ne cura. Ciascuno interpreta il diritto-dovere al voto a modo suo.
Io considero tutte le argomentazioni di cui sono capace ma, ciò di cui mi curo maggiormente, è rispondere al mio imperativo morale. Anche alla luce di un altro principio che fa da faro alla mia vita politica: la Costituzione italiana e la sua dichiarazione democratica.
Orbene, se all’esecuzione del principio democratico è votato tutto il mio essere soggetto politico, allora non posso astenermi. La democrazia esige la partecipazione non l’astensione giacché nella partecipazione il soggetto politico afferma la sua idea di società e di organizzazione statale.

Lo Stato democratico è tale se si avvale del contributo di tutti i cittadini, in termini di ideazione, costituzione e realizzazione delle forme statali.
Lo so che su queste affermazioni possono essere costruite battute sarcastiche o giudizi al tritolo giacché nella pratica quotidiana si assiste al fallimento della partecipazione. Anche i referendum, che sono l’espressione diretta della volontà popolare, vengono disattesi ed elusi. Ma il marciume che è sotto gli occhi di tutti non mi farà retrocedere di un millimetro. I principi vanno affermati e vissuti anche se tutto intorno cade in malora. Ne va della mia dignità personale.
I provocatori facciano la loro parte, gli scettici si avvoltolino nell’indifferenza, gli oppositori si strappino le vesti: l’adesione al principio democratico come unico (difettoso e perfettibile) fattore per la realizzazione dell’essere politico non vacilla in me.

Queste le ragioni che mi portano a considerare il voto come espressione necessaria, legittima e salutare del mio essere cittadino.
Tutte le altre ragioni hanno le mie stesse possibilità per essere condivise. Se valutate e scelte.