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Il messaggio e le foto di Paolo Nespoli dallo spazio

proposto dalla Redazione

 

Memori della visita a Ponza di Paolo Nespoli (il 12 dicembre 2014: leggi qui [1]), ne abbiamo seguito con interesse le avventure fino alla missione recente, tuttora in corso di svolgimento: leggi qui [2].
È con piacere quindi che riprendiamo da “la Repubblica” di ieri un suo articolo corredato da foto uniche e lo proponiamo ai nostri lettori…
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La missione dell’Asi e le foto dalla Iss 

Paolo Nespoli, 60 anni compiuti il 6 aprile, dalla Stazione spaziale internazionale (Iss) ha fotografato scorci del nostro pianeta da oltre 400 chilometri di altezza. L’astronauta italiano dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea, è sulla Iss per la Missione Vita dell’Agenzia spaziale italiana (Asi). Partito a bordo della navicella Soyuz il 28 luglio scorso dalla base russa di Baikonur, in Kazakistan, tornerà sulla Terra nel mese di dicembre.

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IL RACCONTO
Bella e fragile la Terra da salvare tutti assieme
Testo e fotografie di Paolo Nespoli

Oscar Wilde diceva che l’incertezza affascina e che la nebbia rende le cose meravigliose. Da milanese la nebbia per me è un ricordo caro che appartiene all’infanzia, che si perde e riaffiora nell’indefinito periodo della vita dove i sogni sono lo strumento per scrivere il nostro futuro. Ma per avere un futuro bisogna avere un luogo, o più luoghi, dove realizzarlo. Ed è per questo che il domani del nostro pianeta non può essere lasciato all’incertezza. Tanto più sul tema delle dinamiche ambientali e climatiche: tempeste tropicali e uragani sempre più violenti, deforestazione e progressivo spostamento della fascia temperata con relativa desertificazione, sono fenomeni climatici collegati.

Le foto della Pianura padana che ho postato ultimamente sui social mi hanno reso un’immagine incerta e allo stesso tempo angosciante: quella che a prima vista poteva sembrare nebbia, probabilmente era in buona parte il prodotto di scarto della combustione di combustibili fossili, che noi umani immettiamo incautamente nell’atmosfera.

La foto è uno spunto simbolico che però parte da una riflessione che forse, dopo ormai tre mesi di vita extraterrestre sulla Stazione spaziale internazionale, sembra più ovvia che in qualsiasi altro posto al mondo: la Terra è incredibilmente bella ma anche un sistema fragile basato su un complesso e delicato equilibrio.
La cosa non ovvia, però, è che dopo un po’ che ci giri attorno capisci che non è la Terra ad essere fragile, ma lo è la nostra esistenza su di essa in quanto direttamente legata al mantenimento di questo delicato equilibrio. Alla fine, guardandola dalla nostra cupola, concludo che la Terra sia la più bella e complessa “astronave” in viaggio nell’universo.

Da tanto si discute della riconversione di una fetta importante dell’economia mondiale, e quindi del modello di sviluppo, attraverso un processo di progressiva eliminazione dei combustibili fossili. Cambiamenti di questa portata di solito accadono in due modi: o attraverso un disegno, una pianificazione che segue una visione globale strategica; oppure attraverso una libera evoluzione. Sfortunatamente per noi, il risultato più probabile della seconda opzione sarà quello di ottenere che la Terra ci tolga dalla sua formula dell’equilibrio.

Per la nostra sopravvivenza, quindi, non resta altro che organizzarci a livello globale in quanto la conversione ecologica non può che essere un ripensamento complessivo e condiviso. Un ribaltamento dell’approccio nell’affrontare tutta una serie di temi sempre più urgenti, di cui la crisi ambientale e climatica che il nostro pianeta sta vivendo è la spia d’allarme. C’è un dato che non bisogna dimenticare: il nostro modello di sviluppo si basa su una crescita economica infinita, ignorando che viviamo in un pianeta dalle risorse limitate e in equilibrio tra loro.

Sebbene il confronto sulle politiche ambientali sia incerto e complicato, bisogna tener presente i dati scientifici che devono guidarci sia nell’analisi dei problemi, sia nella scelta delle soluzioni. Il Global Climate Observing System (Gcos), istituito dopo la Conferenza mondiale sul clima tenutosi a Rio de Janeiro nel 1992, è un organismo internazionale che deve garantire che le osservazioni e le informazioni sulle tematiche legate al clima siano messe a disposizione di tutti.
Dal 2007 questo organismo dialoga con il Committee on Earth Observation Satellites (Ceos) che coordina le agenzie spaziali mondiali sul tema dell’osservazione terrestre. Ebbene, 26 delle 50 variabili fondamentali per l’analisi del clima sono osservabili dallo spazio con le costellazioni di satelliti per l’osservazione della Terra. Questi programmi come Copernicus, realizzato dall’Esa per l’Ue, o Cosmo–SkyMed, dell’Italia, sono utilizzati per un’analisi approfondita dei “climatizzatori” più importanti della Terra, come le regioni polari.

Quando si sta in cima a un razzo che lottando contro la forza di gravità ti catapulta nello spazio, si è ben consapevoli di proseguire una delle inclinazioni più importanti scritte nel nostro Dna: la necessità di esplorare.
È la caratteristica che ci rende unici tra tutti i viventi, caratteristica che sono convinto un giorno ci porterà a stabilirci su altri pianeti, primo tra tutti Marte. Ma quest’evoluzione in una specie multi- planetaria non può e non deve essere una necessità causata dall’incapacità di mantenere in buon ordine la nostra “astronave”. Le informazioni che la scienza e la tecnologia spaziali raccolgono ogni giorno sulle dinamiche climatiche saranno cruciali per definire le prossime politiche ambientali, e per avere una maggior comprensione del nostro meraviglioso pianeta.

File .pdf dell’articolo completo: Da Repubblica del 13 nov. 2017 pagg. 24-25 [5]

 

[Da “la Repubblica” del 13 novembre 2017, pagg. 24-25]