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Taccuino (2). Il maestro

di Silveria Aroma
[1]

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Vi sono uomini che prendono a calci altri uomini, e che a ogni passo lasciano cadere i fiori del dirimere.
Ve ne sono altri che aiutano l’Uomo a trovare in sé la ricchezza di una stella che danza.

[2]

Nel 1975 Antonio De Luca, poeta e scrittore ponzese, incontra Tommaso Lamonica.

“Iniziai così ad interessarmi alla sua poesia. Un interessamento costante che mi consentì di penetrare lentamente in quel misticismo lirico che evoca ovunque la nostalgia della sua isola e in me diciottenne partoriva quell’acuto sentimento di amore e di commozione per la nostra terra comune: – Quell’infinita zolla di terra, arata dal sangue degli uomini, nascosta nel mondo, dove troviamo il nostro disperderci nel tempo” – mi disse al ritorno di un suo viaggio” [Ricordo di un mio maestro, Antonio De Luca – L’isola di palma che s’incela].

[3]


Rive Fatali

di Antonio De Luca

Niente mi rimane di te
dei giorni sul mare della tua casa
mi rimangono quei lontani tramonti
le notti di scirocco nell’estate a Itaca
e le fredde stanze nei levanti d’inverno
tra libri aperti sparsi come parole.
Niente mi rimane delle tue cure
di quella bocca di quelle gambe
niente mi rimane delle tue mani
dei piedi della faccia della rauca voce
niente mi rimane di te sciolti gli ormeggi
ai lidi e marine e scogliere e porti
se non i tuoi segreti l’abbraccio disperato.
Domina le fragili età il dolore
l’indirizzo sbagliato il lento naufragio
non Le rimane che il mio mare
tutto divora e sfinisce l’amaro abisso.
Non mi rimane che il suo martirio
che fa di me il legno di una croce
ora per queste solitarie spiagge
pensiero sudario sopra l’aurora smarrita
nella notte più lunga la sconosciuta.
Si disfano le primavere e poi gli autunni
il freddo inverno nelle strade gelate del nord
le moribonde estati mediterranee
e vagabondo mi fa il pensiero che rimorde
nelle sere tra dune e palmeti
qui dove il Sahel finisce e il mare mi attende
e Didone, sola ebbe gloria e morte.

 

[Taccuino. 2 – Continua]