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Storie di Madri (17). La sua vita senza lei

segnalato da Sandro Russo
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Come si diceva in un’altra occasione, quando si definisce un tema, pare che tante storie che ci passano sotto gli occhi convergano su di esso; come in questo caso, tanto che è difficile “chiudere” la serie delle “Madri”.
L’articolo che segue, di stretta attualità – viene dal giornale dell’altro ieri -, ha innescato il ricordo di un film molto amato.
Li proponiamo entrambi.

 

Un dono per ogni compleanno da oggi alla maggiore età. La scelta di una mamma malata
Quei regali alla figlia prima di morire “Così ti accompagnerò fino ai tuoi 18 anni” 

di Enrico Ferro

Treviso. C’è una bambola con gli occhi azzurri, la bocca che sorride e i lunghi capelli biondi. Anna potrà spazzolarli nel giorno del suo terzo compleanno. A 6 anni, invece, dovrà cimentarsi nella ricostruzione di un puzzle con la foto del ponte di San Francisco. Quando ne avrà 16 c’è la prima trousse di trucchi che l’attende mentre per i 18 c’è un mappamondo di sughero in cui mettere le puntine per indicare i luoghi visti e quelli ancora da vedere.

Elisa Girotto ha pensato a tutto per la sua bambina venuta alla luce solo un anno fa. L’ha dovuta salutare troppo presto, è morta mercoledì scorso. Non potrà tenerla per mano durante i primi passi, né sentirle dire le prime paroline. Mamma però ci sarà sempre e ha già comprato regali per 18 compleanni e 18 Natali.

Scoprire a 40 anni di non avere più tempo, con una bambina appena nata e un marito che ti adora. La vita, a volte, è anche questo.

Mentre Alessio Vicenzotto lo spiega sforzandosi di trattenere le lacrime, fuori c’è un corriere espresso che suona il campanello.
«Ecco, un altro regalo. Chissà per quanti giorni ancora continueranno ad arrivare», sospira stringendo tra le mani la foto di una donna bellissima in abito da sposa.
«La mia Elisa li ha ordinati tutti via internet. Abbiamo dovuto fare tutto prima che se ne andasse».
Elisa Girotto è passata dalla gioia infinita di diventare madre allo strazio di una diagnosi che lascia poche speranze come quella del tumore al seno “triplo negativo”, uno dei più aggressivi.
«Sono prima di tutto una mamma e poi una malata», ha ripetuto ogni giorno in questi ultimi due mesi, mentre il corpo si consumava ma la testa continuava a fantasticare.
«Ha immaginato quali regali avrebbero fatto piacere alla nostra bambina, anno dopo anno» racconta il marito che ha radunato tutti i pacchi in un’unica stanza. Il primo gioiello a 13 anni, il diario segreto a 14, una cartina geografica dell’Italia a 17. E poi ci sono le lettere, una miriade di pensieri e sentimenti messi di getto in due quaderni, che Anna potrà leggere e rileggere per provare a immaginare chi era la donna che l’ha tenuta un grembo e che l’ha stretta tra le braccia nei primi mesi.

Ci sono immagini della vita di tutti i giorni che sanno di famiglia. Come le scarpe sistemate nello sgabuzzino in ordine crescente: bimba, mamma, papà. O i capotti in fila sull’attaccapanni. È difficile accettare che questo ordine venga stravolto da una tempesta che si porta via tutto.

Elisa era alla trentottesima settimana di gravidanza, quando una sera si è resa conto di avere un nodulo al seno.
«Siamo corsi al pronto soccorso e per un gioco del destino quella stessa notte ha partorito. Da quel momento la nostra vita ha iniziato a correre su due binari: la gioia per la nascita di una figlia e la dura lotta contro una malattia terribile. È come raggiungere un sogno e non poterlo vivere».

Elisa e Alessio, direttore di banca lei, impiegato lui. Entrambi improvvisamente impegnati in una corsa contro il tempo.
Il 12 agosto scorso hanno anticipato le nozze previste per il mese di settembre e si sono uniti in matrimonio.
«In luglio le hanno dato due mesi di vita» ricorda sistemando le carte. «Ci siamo sposati, abbiamo finito i lavori in casa con tutti i mobili. Siamo riusciti a fare tutto». Prima di andarsene Elisa ha nascosto biglietti e lettere per il marito in vari angoli della casa. Testi pieni d’amore e di raccomandazioni.
«Portala sempre con te, qualsiasi cosa tu faccia. E che prenda il tuo esempio, perché di te mi fido», queste le sue ultime parole prima di chiudere gli occhi.

Il progetto era che di incartare i regali insieme. Ma non c’è stato tempo. E adesso c’è quella stanza piena di scatole e scatoloni ancora imballati.
Alessio cercherà di collocarli sulla linea del tempo che scorre inesorabile. Proverà a dare loro calore e colore, per rendere ogni compleanno unico, così come ogni Natale. E poi c’è il compito più difficile: spiegare a una figlia che mamma non c’è più.
«Non ho ancora pensato come fare. Credo che inizierò a farlo osservando insieme a lei l’enorme angelo raffigurato in un poster della sua cameretta. Più lo guardo e più penso che ora lei è proprio così».

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Elisa con il marito Alessio in una foto scattata nelle ultime settimane La donna è morta mercoledì scorso per un tumore che le era stato diagnosticato un anno fa (foto da Repubblica)

[Da “la Repubblica” del 30 settembre 2017]

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La mia vita senza me è un film del 2003 diretto da Isabel Coixet, basato sul libro Pretending the bed is a raft (Facendo finta che il letto sia una zattera) di Nanci Kincaid (l’antologia consta di otto racconti brevi, uno dei quali è stato adattato per il film).

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Isabel Coixet, figlia spirituale di Pedro Almodovar, è una delle registe più sensibili e discrete nel mettere in scena il dolore; trattenuta, pudica, mai una scena di troppo per suscitare commozione, eppure vera e vibrante, come la protagonista Sarah Polley, canadese, attrice in questo film e anche regista di suo.

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La trama. Ann ha 23 anni. Una vita piena, con un marito che la ama e due figlie.

All’improvviso si sente male; va in ospedale per un controllo e qui fa un esame dopo l’altro fino a una diagnosi terribile: un medico senza neanche guardarla negli occhi le dice che le restano solo poche settimane di vita.

Ann non piange né si dispera; reagisce con distacco ed evita di trascinare i suoi ultimi giorni nella disperazione. Non parla a nessuno della sua malattia, né alla madre né al marito; pianifica il suo breve futuro con fredda lucidità e stila una lista di cose da fare (things to do before I die…). Nella lista anche la cura di far pervenire alle sue figlie gli auguri di compleanno fino al diciottesimo anno di età, incidendo la sua voce su delle cassette che il suo medico consegnerà loro anno dopo anno…

Nel bellissimo trailer da YouTube c’è tutta l’anima del film…

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