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Confinati in casa nostra

di Rita Bosso
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Sabato sera, al Winspeare, parleremo di Confinati in casa nostra.

 

I confinati, se potevano permetterselo, prendevano in affitto una casa o anche soltanto una stanza in condivisione con altri compagni e la utilizzavano nelle ore diurne per sfuggire all’affollamento dei Cameroni, per depositarvi le proprie cose, per non essere costretti a percorrere e ripercorrere la Via del Confino, posto che le condizioni atmosferiche lo consentissero.
Fittavano una casa le donne, che non potevano alloggiare nei Cameroni.
Fittavano una casa i confinati accompagnati da moglie e figli.
Restano parecchie tracce, nonostante la zona confinaria coincida con quella che, negli anni successivi, avrebbe subito l’invasione turistica più massiccia e le trasformazioni conseguenti; restano ad esempio alcune porte con spioncino (quella di Tito Zaniboni è nello studio di Isidoro Feola), il giardino del duca Camerini (casa Coppa), qualche foto, i biglietti; resta, soprattutto, la memoria, diretta o tramandata.
Chi abita o ha abitato nelle case che ospitarono confinati ha parecchio da raccontare, e lo farà nella serata di sabato al Winspeare; il titolo dato all’evento, Confinati nelle nostre case, ha però un significato duplice.

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“Eravamo confinati nelle nostre case”, rispose Maria Di Fazio quando le chiesi di raccontarmi della sua infanzia. All’azione di stalking a cui ho sottoposto negli anni i Vecchi di Ponza non sarebbe potuta scampare Maria che, infatti, ha contribuito a tutte le iniziative di Ponzaracconta da par suo, ossia da protagonista.
Che si parlasse di ricamo, di appriezzo o di cucina, Maria dava il suo apporto con racconti lucidi e briosi, andava a rovistare nelle borsette per recuperare una ricetta, una lettera… grande Maria soja! I ricordi del periodo del confino erano invece vaghi; Maria ricordava la sensazione di paura diffusa, i mille divieti che costellavano la giornata: il divieto di superare le garitte, il divieto di parlare con militi e confinati, il divieto a gesti o parole che avrebbero potuto compromettere la famiglia…

Divieti, paure come nell’episodio raccontato da Civita Scarpati: ha quattro anni e una folta capigliatura di cui va orgogliosa, la zia gliel’ha appena sistemata con un nastro di velluto rosso ma il consiglio di famiglia è inflessibile, bisogna disfare immediatamente, quel nastro potrebbe essere interpretato come segno di simpatia verso i confinati e arrecare fastidi.

Di Confinati in casa nostra parleremo sabato alle 21 al Winspeare.
Vi aspettiamo.