Sabato sera, al Winspeare, parleremo di Confinati in casa nostra.
I confinati, se potevano permetterselo, prendevano in affitto una casa o anche soltanto una stanza in condivisione con altri compagni e la utilizzavano nelle ore diurne per sfuggire all’affollamento dei Cameroni, per depositarvi le proprie cose, per non essere costretti a percorrere e ripercorrere la Via del Confino, posto che le condizioni atmosferiche lo consentissero.
Fittavano una casa le donne, che non potevano alloggiare nei Cameroni.
Fittavano una casa i confinati accompagnati da moglie e figli.
Restano parecchie tracce, nonostante la zona confinaria coincida con quella che, negli anni successivi, avrebbe subito l’invasione turistica più massiccia e le trasformazioni conseguenti; restano ad esempio alcune porte con spioncino (quella di Tito Zaniboni è nello studio di Isidoro Feola), il giardino del duca Camerini (casa Coppa), qualche foto, i biglietti; resta, soprattutto, la memoria, diretta o tramandata.
Chi abita o ha abitato nelle case che ospitarono confinati ha parecchio da raccontare, e lo farà nella serata di sabato al Winspeare; il titolo dato all’evento, Confinati nelle nostre case, ha però un significato duplice.
“Eravamo confinati nelle nostre case”, rispose Maria Di Fazio quando le chiesi di raccontarmi della sua infanzia. All’azione di stalking a cui ho sottoposto negli anni i Vecchi di Ponza non sarebbe potuta scampare Maria che, infatti, ha contribuito a tutte le iniziative di Ponzaracconta da par suo, ossia da protagonista.
Che si parlasse di ricamo, di appriezzo o di cucina, Maria dava il suo apporto con racconti lucidi e briosi, andava a rovistare nelle borsette per recuperare una ricetta, una lettera… grande Maria soja! I ricordi del periodo del confino erano invece vaghi; Maria ricordava la sensazione di paura diffusa, i mille divieti che costellavano la giornata: il divieto di superare le garitte, il divieto di parlare con militi e confinati, il divieto a gesti o parole che avrebbero potuto compromettere la famiglia…
Divieti, paure come nell’episodio raccontato da Civita Scarpati: ha quattro anni e una folta capigliatura di cui va orgogliosa, la zia gliel’ha appena sistemata con un nastro di velluto rosso ma il consiglio di famiglia è inflessibile, bisogna disfare immediatamente, quel nastro potrebbe essere interpretato come segno di simpatia verso i confinati e arrecare fastidi.
Di Confinati in casa nostra parleremo sabato alle 21 al Winspeare.
Vi aspettiamo.