Landolfi Roberto

Storie di madri. (7). Ritratto

segnalato dalla Redazione

 

Proseguiamo con la serie di racconti sulla madri proposti dal sito madrigaleperlucia.org …ma i lettori di Ponzaracconta non scrivono?.
Stavolta chi scrive è un uomo, a sfatare il luogo comune che le donne hanno la penna più facile e sono più propense a lasciarsi andare ai sentimenti.
Buona lettura

Ritratto di madre
di Ivo Grillo

Da bambino, quando non riuscivo a dormire oppure ero agitato, mia madre mi passava a lungo le mani nei capelli, per tranquillizzarmi. Ora le mani di mia madre tremano un poco ed io sono diventato troppo alto per raggomitolarmi su due sedie accostate vicino a lei e dunque non si può più.

Sono io, oggi, a passare una mano nei suoi capelli, soprattutto se la vedo preoccupata o stanca. Ha i capelli sale e pepe, mia madre, come diventeranno anche i miei tra qualche tempo, e – sebbene non esca di casa da tanti anni, perché i suoi passi sono divenuti incerti – non rinuncia mai a farseli mettere in ordine dal suo parrucchiere di fiducia – Nicola – che viene a casa periodicamente oppure, a richiesta, per qualche occasione particolare.
Allora mia madre si siede in uno spazio comodo e illuminato, si lascia inumidire i capelli appena lavati, e mentre Nicola lavora con attenzione e pazienza, lei racconta qualche episodio della sua vita, quella di tanto tempo fa, di quando ancora usciva per fare la spesa ed incontrare persone. E mentre racconta, fuma.

Mia madre ha quasi sempre una sigaretta tra le dita, che fuma distrattamente, tirando boccate lente e profonde, che la lasciano avvolta in una densa nuvoletta di fumo.
Lei dice che è il suo unico vizio, il fumo, compagno sin dagli anni di gioventù delle lunghe ore di attesa o di solitudine, e che non ha alcuna intenzione di smetterlo. Ama anche leggere, naturalmente i classici, perché non riservano sorprese, e fare i cruciverba che l’aiutano a ricordare quelle parole che usa raramente.
Parla poco, mia madre, non perché abbia poco da dire o da raccontare, ma perché ormai non incontra più molte persone, e quelle che incontra hanno sempre un po’ di fretta o poca voglia di ascoltare.
Quando vuole distrarsi dalla sua routine e immergersi nel rumoroso mondo di fuori, si affaccia alla sua finestra preferita – quella grande, col davanzale, della stanza da letto – che dà su un angolo di Piazza Garibaldi. E da lì guarda la varia umanità in strada, immaginando – dal passo e dall’andatura di ciascuno – le storie, le attività e i legami di quegli uomini e donne sconosciuti.

Il quartiere in cui ha scelto di vivere mia madre è brulicante di vita e chiassoso: la gente parla a voce alta, il traffico è costantemente sostenuto, le sirene ululano in continuazione ed i cantieri stradali sono infiniti, ma lei durante il giorno non se ne lamenta, perché dice che quel rumore le fa compagnia. Di sera, però, se ne lamenta eccome, perché ormai ha il sonno leggero e forse avrebbe piacere di riposare in un luogo fresco e silenzioso, ma questo non lo direbbe mai, perché non cambia idea facilmente.

Così dorme sempre poco, mia madre, e non racconta quasi mai i sogni che fa, eppure io credo che abbia sempre sognato molto sia i sogni suoi che quelli di chi non c’è più.

 

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Umberto Boccioni –  1882 – 1916 – Ritratto della madre (1906)

 

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