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L’albero della libertà. 14. La proiezione

di Francesco De Luca
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Sono andato a trovare zì Ntunino. Ricordate? Quello che sopra i Conti coltiva l’albero della libertà. L’avete dimenticato? Quell’albero metaforico, per dire che la libertà non è mai definitivamente raggiunta, che i suoi rami si innalzano sempre più in alto, a significare che la libertà è un traguardo sempre da agognare, nonostante le difficoltà.

“Zì Ntunì? Ma cosa vai dicendo? – esordisco. Non ti puoi permettere di dire fesserie…”.

“Che? – risponde – e perché mai?”.

“Ma come? Vai dicendo che il Comune è in dissesto finanziario…”

“Alt – mi stoppa – io non dico questo. E come potrei dirlo ? Mica sono andato a vedere i conti del Comune? E nemmeno ho amici fra gli Amministratori per confidenze del genere”.

“E allora – ribatto – com’è che si dice che tu stia malignando…”.

“No, no, aspetta un momento – dice Ntunino. Io ho solo fatto una proiezione immaginaria da quanto vado ascoltando”.

“E quale sarebbe questa proiezione?”.

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Ordunque le premesse sono che il Comune non ha disponibilità finanziarie. Il rischio del dissesto l’aveva ereditato dall’Amministrazione precedente al 2012 e quella subentrante non ha trovato il rimedio per uscirne indenni.
E perciò ha ideato un artificio.
Quale?
Presto detto: poiché la sua visione amministrativa era di favorire l’intromissione di capitali privati nell’isola – ricordiamo il porto di Cala dell’Acqua, il resort di Zannone, le 1000 boe da disseminare nelle cale, il dissalatore – altrettanto poteva avvenire nelle finanze comunali.
Come?
Vendendo i Beni Comunali.
Quali?
La zona ex Samip, il caseggiato della ex Sip, il caseggiato della ex scuola elementare.
Soldi fruscianti, soldi a profusione. Il Comune messo a nudo delle proprietà ma con disponibilità finanziarie, per governare al riparo dalle ristrettezze.
Che ne dici? Non ti sembra un bel progetto?”

“Certo – rispondo – che di immaginazione ne hai. Però… però…”

“Ma che però… – riprende Ntunino – se parti dal principio che quell’Amministrazione mirava ad apparire mondana, moderna, e non teneva in nessun conto i bisogni della comunità ponzese… allora il mio castello immaginario non ha i piedi fragili. La bancarotta del Comune era la scusa per immettersi nella necessità di ‘privatizzare’ tutte le risorse economiche dell’isola e fare dei Ponzesi dei manovali ”.

Rimango perplesso! Più ci penso e più sono soddisfatto della scelta politica dei Ponzesi. Di tutti, pure di quelli che hanno indossato casacche ‘strane ’.

Ponza è una e Ponzesi siamo tutti.

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Nota della Redazione
“L’albero della libertà” è una serie di scritti di Franco De Luca uniti da un filo tematico. Per recuperarli in ordine di pubblicazione digitare – libertà – nel riquadro “Cerca nel sito”, colonna di sinistra, in Frontespizio.