Attualità

L’orchestra dei ragazzi che insegna l’armonia all’Europa, di Paolo Rumiz

a cura della Redazione

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Paolo Rumiz è la voce narrante del progetto European Spirit of Youth Orchestra (ESYO), l’orchestra giovanile europea che comprende circa 80 giovani musicisti provenienti da oltre 20 paesi europei selezionati dal maestro triestino-sloveno Igor Coretti-Kuret.

Non è la prima volta che ospitiamo sul sito articoli di Paolo Rumiz, scrittore di viaggi e di idee, tra l’Est europeo e il Mediterraneo, portatore di un’idea di concordia tra i popoli sperimentata in prima persona.
Come in questo brano uscito su la Repubblica di ieri 24 luglio, in cui racconta di un’orchestra molto particolare… “metafora perfetta di ciò che potrebbe essere l’Europa. Un “ensemble” che non può e non deve dormire sugli allori, ma rinascere continuamente (…)”

Se l’orchestra dei ragazzi insegna l’armonia all’Europa
di Paolo Rumiz

La lezione di 82 giovani che con la loro musica annullano tutte le frontiere.
L’ensemble Esyo, voluta da Igor Coretti–Kuret. Nella tournée italiana Paolo Rumiz partecipa come voce narrante

Appena li vedi, già ti viene il groppo a pensare che dopo un mese li lascerai. Benedetti ragazzi dell’Orchestra europea. Una banda di ottantadue splendidi masnadieri che non si sono mai visti prima, che parlano anche musicalmente lingue diverse, che diresti impossibile mettere insieme, e che invece in una decina di giorni diventano una cosa sola e affrontano una tournée.

Il clarinettista francese ruba lo stile a un oboista polacco che a sua volta viene influenzato dal flautista italiano che però sta ascoltando la fagottista bielorussa. Chi tiene in pugno una simile orchestra non è un direttore, ma uno sciamano. Igor Coretti-Kuret, figlio della mia frontiera d’oriente, allievo del violinista Friedrich von Hausegger, seduce e ipnotizza questa magnifica marmaglia e fa sentire anche me, voce narrante, uno strumento come gli altri.

Non conosco nessuna metafora più perfetta di ciò che potrebbe essere l’Europa. Un “ensemble” che non può e non deve dormire sugli allori, ma rinascere continuamente.

Che storie. Aleksandra Latinovic, 16 anni, nostro primo violino, nata in un paesino serbo sconosciuto. Fino a cinque anni quasi non parla. Poi un giorno vede il fratello suonare quello che diverrà il suo strumento, balbetta «voglio imparare anch’io», e si rivela bravissima.

Trasfonde sulle corde del violino ciò che fino ad allora non ha espresso con le corde vocali. Parla attraverso di esso. Si trasferisce a Belgrado, dalla nonna, per seguire i corsi al conservatorio. Oggi sta entrando nel grande giro. Quando suona, il mondo si ferma, cessa di esistere.

Alle selezioni per la nostra orchestra, a Belgrado, suona “Ziggeunerwiesen” di Pablo de Sarasate, un pezzo di bravura, senza il minimo narcisismo, con una semplicità che strega gli ascoltatori. Dice: «So che nel mio Paese c’è stata la guerra, ma la musica può cambiare le cose. Qui suoniamo tutti con lo stesso linguaggio. Suoniamo per l’Europa». L’Orchestra suona dagli anni Novanta, ma i ragazzi di ieri non la dimenticano. Tamás Major, oggi violino di spalla della Budapest Festival Orchestra diretta da István Fischer, dal 2010 torna ogni estate alla Esyo, a sua spese, come preparatore.

Racconta: «Piansi quando finì quella mia prima esperienza. Eravamo ad Assisi, e si era creato tra noi un attaccamento incredibile. Oggi ritrovo lo spirito di allora. Il maestro ha una carica pedagogica speciale, inspiegabile. I giovani lo amano e lo ripagano ricaricandolo di energia. Per me è la stessa cosa. Torno per ricaricarmi con loro. C’è uno spirito unico in questa compagine ».

Lo stesso spirito che seppe leggervi il grande Yehudi Menuhin, che la benedisse additandola a modello per l’Europa. E che oggi attira pure me in questa avventura.

Anche Stefano Pagliani, ex primo violino della Scala e oggi preparatore della Euyo, l’Orchestra giovanile europea adottata ufficialmente da Bruxelles, e dell’Ayo, orchestra giovanile asiatica, quando ha saputo di questo esperimento “di frontiera” portato avanti con pochi mezzi e molto entusiasmo, si è inserito sempre a sue spese anche nelle prove del maestro Kuret e ne è uscito entusiasta. «Il vostro — disse — è lo spirito giusto per inserire i giovani in un’orchestra ». In più di vent’anni la Esyo ha costruito talenti che oggi suonano in grandi gruppi sinfonici.

Personaggi come il serbo Dragan Sredojevic, primo violino del teatro Marinskij di Pietroburgo, il moldavo Dumitritza Viero, violino di spalla, che oggi suona con i Berliner o nell’orchestra di Ginevra. L’italiano Daniele Pascoletti, “concertino” alla Scala, o Sandra Kirschenhofer, austriaca, secondo flauto all’orchestra di Amburgo.

Tommaso Bisjak, preparatore dei flauti, anche lui tra gli “ex”: «Qui c’è un ambiente che veicola il messaggio. Diresti conformismo, e invece è il contrario. A nessuno viene chiesto di dimenticare chi è. Tu sei la tessera del mosaico che poi è l’orchestra». Davide Zaniolo, percussionista: «Qui l’insegnamento è improntato sull’ascolto. Il suono viene dopo. L’ascolto degli altri, come base dei rapporti fra uomini. L’orchestra come metafora della società». È quanto accade nel 2002 fra Slavenka, croata, e il serbo Zoran, che si innamorano dopo la guerra che ha diviso i loro popoli. All’inizio Slavenka dice al maestro: «Non posso accettare che qui vengano a suonare dei serbi», lui le dice che è libera di far le valigie ma la esorta ad «ascoltare ».

Finisce come deve finire. Il pregiudizio si rompe attraverso la musica. Gli ex nemici suonano, parlano, si conoscono, si capiscono, si amano. Un messaggio forte, che ha fatto sì che il polo museale del Lazio ci offrisse la terrazza del Vittoriano a Roma, che la Regione Piemonte ci invitasse per la prima sui monti partigiani d’Appennino, o che Elisabetta Sgarbi inserisse un concerto della Esyo come ultimo evento della “Milanesiana”, il 13 agosto a Camerino, in area terremotata.

Ma c’è la regione Campania, che ha supportato una nostra serata a Capua Vetere nel magnifico segno dell’Appia antica ritrovata, e ci sono le Fs che, per farci raccontare storie di treni, ci hanno aperto il rinnovato museo ferroviario di Pietrarsa. E ancora Trento, Bassano del Grappa, Zoldo alto in mezzo alle Dolomiti, i Sassi di Matera e Grottaglie sul retroterra tarantino. Una tournée che percorre l’Italia dal Piemonte al tacco dello Stivale.

Quest’anno parleremo di strade, ponti, ferrovie, sentieri, tracce che hanno consumato milioni di scarpe, per celebrare a voce alta i “cammini” contro il rinascimento dei muri, e ricordare chi ha migrato per lavoro, paura, curiosità, fame, amore o semplice inquietudine.

Un modo per cantare l’Europa, patria comune troppo male amata. Un viaggio in musica e parole dedicato a un universo unico di popoli, lingue, fiumi, mari, montagne. Un’orchestra per l’Europa. L’unica a rinascere ogni anno con giovani sempre nuovi, alla loro prima esperienza sinfonica. Saranno ottantadue giovani di undici Paesi, ospiti del Collegio del mondo unito di Duino fino all’anteprima di Trieste il 27 luglio. Ragazze e ragazzi giunti da Italia, Ucraina, Paesi dell’ex Jugoslavia, Austria o Polonia, con l’aggiunta — inedita — di tre violiniste libanesi, selezionate a Beirut per ricordare che Europa è anche Mediterraneo e il suo nome, secondo il mito, viene dall’Asia.

AMORE
La croata Slavenka e il serbo Zoran si innamorano dopo la guerra che aveva diviso i loro popoli

ASCOLTO
Si punta sull’ascolto degli altri, come base dei rapporti fra uomini L’ensemble diventa metafora della società

ESPERIMENTO RIUSCITO
L’ensemble Esyo, voluta da Igor Coretti–Kuret. Nella tournée italiana Paolo Rumiz partecipa come voce narrante

[Da “la Repubblica” del 24 luglio 2017. Dalla prima pagina, seguito a pag. 21]

 

Il file .pdf dell’articolo di Repubblica del 24 luglio: P. Rumiz. Se l’orchestra dei ragazzi insegna l’armonia all’Europa

 

[Da “la Repubblica” del 24 luglio 2017. Dalla prima pagina, seguito a pag. 21]

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