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Epicrisi 129. L’uso delle parole e quel che è giusto fare

di Vincenzo (Enzo) Di Fazio

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L’elaborazione dell’epicrisi domenicale rappresenta un momento di analisi delle cose scritte nel corso della settimana e di riflessione sui relativi contenuti. Tanti o pochi che siano gli articoli, ce ne sono sempre alcuni che si impongono rispetto ad altri per le vicende che raccontano, per i dibattiti che suscitano o semplicemente per il segno che lasciano. E qui si va a finire un po’ nella sfera della soggettività in quanto ciò che impressiona me può non necessariamente impressionare gli altri.

In questa settimana si sono raccontate poche cose, se si escludono i rimandi ai tantissimi articoli della Rassegna Stampa dove non mancano mai vicende e problemi che riguardano la vita delle isole e le isole stesse.
Tra le poche cose raccontate ce n’è una che si impone – almeno per me – rispetto alle altre e non si tratta nemmeno di un articolo. Mi riferisco, infatti, al video [2]che, girato magistralmente da Rossano, racconta dagli inizi alla fine la seduta del primo consiglio comunale della nuova amministrazione Ferraiuolo.
Ecco se cerco di fare una carrellata, come se fossi un drone, sulla settimana appena trascorsa di Ponzaracconta, e se la faccio anche più volte la mente è sempre immancabilmente catturata, per esserne rimasta scossa, da quel video ed in particolare da alcuni suoi momenti.

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Deve essere successo anche ad altri, visto che ne ha scritto Franco De Luca nell’articolo “Nuova Amministrazione. Primo Consiglio Comunale [4]”.

Ma c’è di più per quanto mi riguarda. Fin dalla prima visione ricordo il fastidio che mi hanno provocato alcuni passaggi e che ho avvertito sentendo certe parole. Per la loro inopportunità e lo stridore delle stesse con l’importanza del consesso in cui sono state pronunciate. Quasi in maniera automatica – e non so bene perché – la mente è andata a delle letture, fatte alcune in gioventù quando mi sono occupato di sindacato, altre più di recente. Mi riferisco in particolare ad alcuni scritti di Cicerone, come il De Officiis (sui doveri) o di Platone come la Repubblica, agli scritti di Don Lorenzo Milani e al libro  “La manomissione delle parole” di Gianrico Carofiglio.

Ho imparato molto da questi libri e dai relativi approfondimenti perché parlano di democrazia, di cosa è giusto fare, del rapporto degli uomini con sé stessi e gli altri, delle modalità di regolare le azioni della vita privata e di quella pubblica, dei mali politici, del riscatto di chi subisce ingiustamente angherie, di precettistica etico-politica. Si parla anche dell’uso delle parole.
E’ innegabile che la società in cui viviamo è deturpata dallo scarso senso di rispetto verso le istituzioni. Ne è pervaso tutto il paese. Spesso sembra che le persone che le rappresentano dimentichino che ricoprire un ruolo pubblico richiede un’attenzione continua nel modo di proporsi  e in quello di rapportarsi agli altri  siano questi avversari politici o compagni del medesimo schieramento. Il discorso vale per tutti e non circoscritto solo a certi contesti.
Assistiamo invece ad abusi dei propri ruoli e delle parole che si usano riempiendole di cattiveria e svuotandole di democrazia. L’utilizzo abusato di alcune parole, senza che se ne ponga un freno e senza valutarne il peso dell’offesa, determinano la violazione del rispetto che si deve alla propria carica, a quella dell’avversario politico e alla comunità che si rappresenta.
A maggior ragione se ci troviamo in un’aula consiliare che per un Comune è un po’ come il Parlamento per la Nazione.

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Peccato che di un consiglio durato circa un’ora e mezza si debba parlare anche di queste deviazioni e non piuttosto del futuro di Ponza e delle cose di cui ha bisogno.

La nuova giunta è stata schernita ed offesa ancor prima di insediarsi con parole improprie e irrispettose. Posizioni irriguardose anche nei confronti di alcuni consiglieri di maggioranza. Se non diamo importanza alle parole, che rappresentano l’elemento antropologico che fa la differenza tra l’uomo e l’animale nella sfera della comunicazione, corriamo il rischio di svilirne il contenuto e di destabilizzare la convivenza civile e la democrazia. Non dobbiamo mai dimenticare che le parole profferite appartengono non solo a chi le dice ma anche a chi le ascolta.

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Auguriamoci che si possa lavorare per il bene dell’isola e che non si debba sempre litigare.
Se la nuova amministrazione sarà capace di guidare il paese, di risolvere i problemi, di venire incontro alle aspettative giuste della comunità isolana lo dirà il tempo che passa, lo diranno i fatti, i provvedimenti, le azioni che saranno intraprese da qui in avanti nel corso dei prossimi cinque anni e che il sindaco ha anticipato nell’illustrare le linee programmatiche..
Molte le occasioni delineate dal programma che ruota intorno al principio portante e qualificante di frenare lo spopolamento dell’isola.
Come fare?
Tre i progetti essenziali che dovrebbero creare nuovi posti di lavoro e incentivare la residenzialità:
1) l’avanzamento del porto di Ponza e la realizzazione del porto turistico di le Forna;
2) la sistemazione dell’area ex Samip e sua riconversione alle attività turistiche, sportive e ricreative;
3) l’avvio delle attività museali e bibliotecarie.
C’è poi la definizione di una politica turistica integrata tra le isole ponziane e partenopee, che presentano caratteri culturali e storici comuni, mediante la costituzione di un distretto delle isole napoletane che potrebbe rendere possibile l’allungamento della stagione estiva.

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Intorno a questi ambiziosi progetti ruotano la difesa del territorio, il recupero, la valorizzazione e la promozione del patrimonio storico e archeologico dell’isola, l’attenzione verso la cultura isolana e le tradizioni.
Tutti temi che sulle pagine di questo sito trattiamo fin dalla sua nascita e che non mancano mai di richiamare l’attenzione dei lettori e di incuriosirci.

Come la simpatica metafora delle “fasce [8]” utilizzata da Pasquale Scarpati per descrivere gli abnormi vincoli attuali del PAI, altro cruciale problema di cui quanto prima la nuova amministrazione dovrà occuparsi.

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Ponza può vivere della sua storia nel senso che le vicende passate possono rappresentare, se recuperate, valorizzate e proposte il valore aggiunto del vivere quotidiano e il nutrimento della vita futura.

Le notizie relative al periodo del monachesimo di Raniero da Ponza (In tanta cronaca un po’ di storia [10]);
la ricostruzione delle vicissitudini, durante la guerra e il fascismo, di alcune famiglie ponzesi oltre i confini dell’isola con il dibattito e le puntualizzazioni scaturite (da Zara a Ponza [11]);
il ricordo di ciò che custodisce il nostro mare con il racconto delle abitudini dei pescatori di una volta e la descrizione dei piatti semplici della tradizione popolare (Cosa è il bisso? , prima [12] e seconda parte [13]), argomenti oggetto di alcuni articoli della settimana, dimostrano nella loro proposizione di quanta ricchezza sia fatta la storia di quest’ isola.

Rita ricorda, in occasione del 1° luglio, la Ponza Estate del 2013 [14], ricca in tutti i sensi, di eventi e di costi, organizzata ad un anno dall’insediamento di Vigorelli. L’estate 2017 sicuramente non sarà vuota grazie alle cose già programmate dalla pro-loco e a quelle che il poco tempo a disposizione dall’insediamento della nuova amministrazione consentirà, nei limiti delle risorse finanziarie esistenti.

Franco Ferraiuolo e la sua compagine appaiono molto sensibili ai temi della tradizione, della cultura e dei valori legati al territorio e attenti alle modalità di agire in trasparenza e con la collaborazione delle associazioni culturali locali. C’è da augurarsi che tutta la comunità isolana assuma atteggiamenti propositivi nella medesima direzione.
Affinché si possa scrivere in un prossimo futuro non più di un’isola ostica e scostante ma di un luogo ove trascorrere più a lungo e con piacere il proprio tempo.

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Immagine a inizio pagina: Raffaello Sanzio: La Scuola di Atene (ca. 1509-11); Stanza della Segnatura, Musei Vaticani