Ambiente e Natura

Un faro e… tanti narcisi

di Enzo Di Fazio

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Domenica scorsa avendo voglia di fotografare sono andato, con gli amici del circolo, a Rocca di Mezzo, paesino a 1300 metri slm. in provincia dell’Aquila, dove si celebrava la Festa del Narciso. Bellissima giornata di sole e alte le aspettative non essendoci mai stato,  ma mai  mi sarei  aspettato di trovare  un faro in un paese di montagna.
Un faro alto circa 9 metri coperto di narcisi…

A queste prime battute anche chi è dotato di buona fantasia difficilmente riuscirà a capire di cosa stia parlando. A meno che non sia abruzzese o di Rocca di Mezzo o viva dalle parti dell’Aquila.
A Rocca di Mezzo si celebra, infatti, ogni anno in questi giorni la Festa del Narciso e, domenica 28 maggio, il borgo ha vissuto il momento più esaltante con la sfilata dei carri adornati da migliaia e migliaia di questi profumatissimi fiori.

Quest’anno si è arrivati – pensate – alla 71^ edizione!

La festa (leggo su “Il Centro”, quotidiano aquilano on-line) nasce nel lontano 1947 come simbolo di rinascita e di speranza per far fronte alle ferite che la seconda guerra mondiale aveva lasciato. All’inizio i carri, trainati dai buoi, erano costituiti da rimorchi allargati con assi di legno e, ricoperti di erba e di muschio, decorati semplicemente con ramoscelli di salici e da migliaia di narcisi profumati. Col passare del tempo e lo sviluppo di ingegnosi meccanismi, la costruzione dei carri si è affinata, ma rispetto al passato i valori di questa manifestazione non sono cambiati.

Fino all’altro giorno non sapevo che in montagna la stagione di questi fiori esplodesse a maggio avanzato, quasi a ridosso dell’estate, abituato a vederli, a Ponza, sbocciare spontaneamente, al più tardi nel mese di febbraio, un po’ in giro o nel giardino vicino casa.

Semplici e delicati come li ho sempre considerati non immaginavo che avessero questa grande capacità di adornare sostituendosi alla carta pesta, ai tessuti, alle vernici.

Insomma, domenica, questi fiori mi hanno riservato un insieme di sorprese tra cui quella di farmi trovare di fronte ad un faro.
La cosa mi ha incuriosito non poco per via di quella riserva mentale che mi aveva indotto fino ad allora ad associare ai paesi di montagna, quando si fanno le sagre, solo scene rupestri con carri trainati da buoi, raccolti e mietiture e mai storie in qualche modo legate al mare.
La stranezza (almeno da mio punto di vista) mi ha portato, arrivato sul posto, a fare un sacco di domande a quanti  erano indaffarati, in un grande piazzale-officina, a “costruire” il faro.

I fari, si sa, hanno avuto sempre il potere di affascinare.
Eretti tra cielo e mare queste sentinelle della notte hanno una forza evocatrice che non è paragonabile a nient’altro. L’immaginario che li circonda è fatto di notti di veglia, di storie di solitudine, di tempeste, di navi in difficoltà che hanno recuperato la rotta grazie alla luce dei loro fasci luminosi, ma anche di momenti poetici, di meditazione e spiritualità.

Mi prefiguravo, perciò, risposte che mi parlassero di leggende legate magari a qualche contadino del luogo trovatosi coinvolto un giorno, per chissà quale scherzo del destino, in faccende di mare e di naviganti.
Ma niente di tutto questo… solo frasi sparse che dicevano di un mostro marino, del matto di un villaggio a cui nessuno credeva e della luce del faro, guida del paese, come se le parti del racconto che quel carro doveva portare in giro tra la gente fossero state spezzettate e affidate a questo o a quel cantastorie.
Mi dissero che la storia l’avrei capita meglio quando l’avrebbero raccontata i figuranti che si sarebbero mossi intorno al carro del faro, sfilando per le strade del paese assieme agli altri carri.
Mi sono accontentato e il tempo successivo l’ho dedicato a scattare foto soffermandomi sulla manualità di cui sono fatti questi lavori, sulla coralità, elemento indispensabile per portarli avanti e sulla passione senza la quale nulla sarebbe possibile.
I carri in sfilata erano cinque ma qui propongo essenzialmente le foto che riguardano il faro e la sua realizzazione.

tra le fauci del mostro marino

l’interno del faro


E la storia del faro? Ora la racconto.
Devo, però, prima ricordare che i carri di Rocca di Mezzo, da quello che ho letto, non sono mai solo carri allegorici ma cercano sempre di trasmettere valori e suscitare riflessioni importanti.

Due momenti della preparazione del carro “Non è tutto oro quello che luccica”
della Compagnia Nuova Generazione

Così è stato anche per questa edizione e per il carro sul faro che, preparato dall’associazione Pianezza e Compagnia bella, aveva per titolo “Che cosa ne sarà di me?”
La storia raccontata è quella di un paesino del Mediterraneo che, costruito intorno ad un faro, si trova a vivere un momento di sbandamento dovuto allo svilimento di alcuni valori essenziali in mancanza dei quali prende corpo il male rappresentato dal mostro marino. Ma la volontà di stare insieme e il recupero dei valori persi riescono a sconfiggere, grazie alla saggezza e alla guida degli uomini di equilibrio e di buona volontà (la luce del faro), il male e ridare speranza e vita al villaggio.


Una storia semplice, bella e sempre attuale ove il faro riesce a trasmettere anche in montagna emozioni e suggestioni al punto da portare il suo carro alla vittoria di questa settantunesima edizione della Festa del Narciso.

il guardiano del faro

Ho percepito nelle ore trascorse tra la gente di Rocca di Mezzo tanta solidarietà e partecipazione, grande legame con il territorio, sentimenti in cui ho visto coinvolte almeno tre generazioni. A dimostrazione di come la cultura delle tradizioni rafforzi l’identità territoriale e rinsaldi i rapporti tra la gente, tutte cose cui noi di Ponza teniamo e che da tempo sosteniamo.

 

2 Comments

2 Comments

  1. vincenzo

    2 Giugno 2017 at 10:29

    Enzo nel rivelare l’arcano messaggio del perché il faro in montagna dovevi aggiungere “ogni riferimento a fatti, persone e cose è puramente occasionale anche perché lì si parla: di paesino del mediterraneo costruito intorno a un faro; momento di sbandamento della comunità dovuto allo svilimento di alcuni valori essenziali; in questo contesto prende corpo il male che viene dal mare; ma la volontà di stare insieme e il recupero dei valori persi riescono a sconfiggere – grazie alla saggezza e alla guida degli uomini di equilibrio e di buona volontà (la luce del faro) – il male e ridare speranza e vita al villaggio.

  2. Luisa Guarino

    2 Giugno 2017 at 15:56

    Sono letteralmente ipnotizzata dai fari, l’ho detto in diverse occasioni. Ma uno fatto tutto di narcisi, un fiore profumatissimo, che nasce spontaneo e che tra l’altro ho sempre associato a mia madre, che da scuola ne portava fasci interi a casa, non me lo sarei mai aspettato. Grazie dunque caro Enzo per questa graditissima sorpresa… a un passo da noi. Inoltre, come giustamente sottolinea Vincenzo, la storia che è alla base di questa straordinaria tradizione si attaglia perfettamente alla realtà della nostra isola. Speriamo allora che tutta questa luce ci porti fortuna.

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