Ambiente e Natura

Piccolo cabotaggio. (11) Dalle Tremiti a Isola Piccola (terza parte)

di Tano Pirrone

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Ieri, la Capitan Koch si trovava a 36° 44’ di latitudine nord e a 15° 06’ di longitudine est del meridiano di Greenwich.

L’incipit è ricalcato da Un capitano di quindici anni [9a], di Jules Verne e mi serve come espediente per collegare questo episodio al precedente. Insieme i due episodi costituivano nelle mie intenzioni un unico lungo capitolo, amputato dal nostro insostituibile, inossidabile e immarcescibile Capo Redattore – chirurgo drastico e impietoso -, che, giustamente, valuta prioritariamente la leggibilità di un testo, badando alla sua lunghezza, di solito, ahimè, figlia di primo letto di Ego Ipertrofico e della Musa Logorrea.
Le coordinate geografiche sono quelle di Marzamemi, da dove ci muoveremo domani, intanto torniamo, dopo la breve digressione, là dove eravamo rimasti: parlavamo di Gabriele Salvatores.
Annotazione dell’Autore (T. P.)

Per la puntata precedente, leggi qui

Nel 1992 Salvatores ricevette l’Oscar per il miglior film straniero per Mediterraneo , in cui si raffigura la riflessione storica della sua generazione [10].

Nell’anno successivo (1993), con Sud il regista rivolge la sua attenzione alla questione meridionale, così com’era in quel momento e, per certi versi, ancora è. Lo fa con forzature e luoghi comuni (meridionali diseredati e fighetti milanesi ecc.), ma con l’uso sapiente di un ampio ventaglio di tecniche e indiscutibile abilità di direzione, conferendo alla storia un’atmosfera vagamente irreale e definendo quei luoghi – la piazza ed il palazzo – come metafora esplicita del Paese. Fa emergere, Salvatores, la profonda contraddizione fra un oggi intorcinato – nel migliore dei casi – e un passato in cui il Meridione era operoso, intraprendente, industrializzato, ricco di attività agricole, estrattive e manifatturiere, con forte vocazione all’esportazione.
Contraddittorietà che Salvatores marca con decisione, scegliendo un luogo, Marzamemi, che fa della duplicità e dell’antinomia la sua essenza metastorica. Il racconto è teso, emozionante, divertente e impegnato al contempo; gli interpreti danno il meglio con convincenti caratterizzazioni forti (compresa quella di Francesca Neri, doppiogiochista, difficile e, tutto sommato, riuscita); il tono è un po’ scontato forse a causa della sua anima da western politico (come disse il regista), ma è controbilanciato da indovinati tocchi di regia: la storia si apre e si chiude, ad esempio, con un passaggio dal sottosuolo, simulando entrata ed uscita di scena. Commento sonoro dei 99 Posse e degli Assalti Frontali: nei titoli di coda un invito al rispetto per tutti i centri sociali occupati. Datato? Forse. Ma rivederlo è d’obbligo [11].

Marzamemi ospita dal 2000 ad intervalli irregolari il Festival del Cinema di Frontiera [12], ideato e voluto dal regista Nello Correale [13], con proiezioni di film e cortometraggi provenienti dalle diverse zone del mondo, con una sensibilità appunto di frontiera. Ad esso sono anche associati premi cinematografici sia per l’opera che per attori e registi meritevoli.

Festival del Cinema di Frontiera a Marzemeni

Abbiamo un pomeriggio ed una serata di riposo, che passeremo a bordo. Ho proposto a G. e S. un piatto straordinario di cui ho impresso a fuoco il ricordo, uno dei tanti piatti che cucinava mia madre in modo superbo.
Sì, lo so, la cucina delle mamme per i maschi italiani, e siciliani in particolar modo, è sempre la migliore del mondo, ma vi assicuro che mia madre cucinava benissimo e senza fatica, mediando con sapienza fra l’ortodossia della tradizione e le fisime di mio padre, che non mangiava, per esempio, l’aglio e ditemi voi come si fa a cucinare saporito senza aglio.
G. mi ha subito chiesto «Ma l’uovo ci si mette?»
G. è ossessionato dalle uova, forse perché per un certo periodo l’ovetto sodo era il suo pasto della domenica. Ora sta di nuovo bene e mangia tutto o guasi. Il nostro decano, la persona meno culinaria che conosca, è ossessionato dalle ricette. Non possiamo permetterci di parlare di cucina, senza che ci chieda cos’è o come si fa. Conseguenti, ineluttabili grandi prese per i fondelli.
Passare dai fornelli ai fondelli è ormai la specialità mia e di C., che in quanto napoletano e appassionato di cucina ci informa giornalmente di tutto quello che ha preparato il giorno prima e del programma che ha per la giornata.

Per rispettoso senso di amicizia non abbiamo mai osato fare un controllo per verificare se la lista del giorno dopo corrispondesse a quella del giorno prima.
S. da buon pariolino snob ci ha informato da tempo che lui a casa ha staccato il gas. Ne abbiamo preso atto. Informato G. che l’uovo nella pietanza di pesce che prepareremo non ci azzecca proprio, mi premuro a comunicare che mangeremo Tunnìna c’a cipuddàta [14], che in lingua si traduce in “Tonno con la cipolla in agrodolce”.

Avevo visto in mattinata che nei banchi di pesce c’era dell’ottimo tonno ed avevo chiesto a Carmine di acquistarne in quantità adeguata per ciurma e passeggeri.
Avevo anche provveduto, girando per botteghe, a costituire le provviste di vino per la cena e per eventuali ritorni di desiderio. Due delle bottiglie di Cerasuolo di Vittoria acquistate furono destinate all’accompagnamento del robusto piatto di pesce con cui avremmo festeggiato la partenza per la prossima tappa.
Il vino scelto è un vino DOCG [15], frutto della sapiente miscelazione di uve Nero d’Avola e Frappato. L’abbinamento col tonno è superlativo. Temperatura di servizio non superiore ai 16° né inferiore ai 14°.

Ceniamo in estasi, esperienza mistica che il tonno con la cipolla induce storicamente negli spiriti più sensibili. Fra l’imbarazzo dei commensali ogni tanto, con la faccia rivolta verso sinistra, il collo un po’ ritorto, ad occhi chiusi, mugolo «Mi veni di chianciri… mi veni di chianciri..!» [16].

La sera si spegne così, sera di estasi e di afflato. Il fumo e l’ultimo vino ci portano verso la notte. Domani, con calma, faremo rotta verso le Eolie, dove visiteremo un grosso scoglio, Lisca Bianca: Antonioni vi girò le scene più drammatiche de L’Avventura. Viaggeremo molto lentamente, facendo alcune soste. Sono a casa e voglio godermi la costa orientale, le spiagge dei Siculi dove galleggiano, in acqua e a mezz’aria i ricordi più lontani.

La nostalgia è una malattia nobile contro la quale non ci sono vaccini.

 

Note

[9a]  “Il 2 febbraio 1873, il brick-goletta Pilgrim si trovava a 43° 57’ di latitudine sud e a 165° di longitudine ovest del meridiano di Greenwich”. Un capitano di quindici anni di Giulio Verne, Viaggi straordinari (Premiati dall’Accademia di Francia), Milano, Libreria di Educazione e d’Istruzione, Paolo Carrara Editore, 1906.

 [10]    Mediterraneo (1991), liberamente tratto dal romanzo S’agapò di Renzo Biasion, Einaudi, (1953), è un film generazionale, ovvero un’opera che identifica, esprime e incarna la riflessione storica di una determinata generazione. Nello specifico, il regista si riferisce a quella che agli inizi degli anni novanta si ritrova orfana di impegno politico «in bilico tra un’utopia che sfuma e un realismo che incombe». Lo ha scritto Roberto Escobar su MyMovies e con lui pienamente concordo. Dopo il riflusso degli anni ottanta la caduta del muro aveva abbattuto teneri argini e vinto resistenze ormai indebolite. Nel sito, su “Mediterraneo”, leggi qui.

[11]   Sud passa spesso in televisione. Per chi volesse acquistarlo c’è sempre Amazon, che lo porta a casa – ancora senza drone – a 7,43€.

[12]   Festival del Cinema di Frontiera. «…frontiera, non come territorio ai margini, ma come la parte situata di fronte… Cinema di frontiera, non cinema di periferia, cascame di un cinema dominante, centripeto, che si difende: bensì un cinema che si interroga, che guarda all’altro da sé, aperto al nuovo. Un Cinema che sia punta avanzata verso l’esterno, avamposto e non retroguardia. Cinema di Frontiera inteso nel suo valore simbolico, oltre che geografico, nell’accezione più ampia del termine. Frontiere territoriali, culturali, ma anche dell’anima e dei linguaggi; punto d’incontro fra passato, presente e futuro. Frontiera non come limite, confine, ma finestra sull’universo, sugli universi circostanti e opposti. Cinema interculturale che cerca i caratteri congiungenti tra i popoli più che quelli divisori. È questo il Cinema di Frontiera…» Nello Correale, ideatore e Direttore artistico, su http://www.cinefrontiera.it/

[13]   Aniello “Nello” Correale è nato a Napoli nel 1955. Autore e Regista Sceneggiatore, regista e autore di programmi televisivi. Nel 1997 ha scritto e diretto il suo primo film Oltremare. Ha collaborato a molte sceneggiature tra cui Journey of Hope premio Oscar come miglior film straniero nel 1991. Ha scritto e diretto numerosi documentari per emittenti nazionali e internazionali, tra cui I ragazzi della Panaria nominato al David di Donatello nel 2005, Wolf on the Drum per Kazakh Film (la prima coproduzione Italia/Kazakhstan) e di La voce di Rosa – Rosa Balistreri la cantatrice di Licata. Ha ideato e dirige dal 2000 il Festival Internazionale del Cinema di Frontiera (Marzamemi-Sicilia).

[14]   Tunnìna c’a cipuddàta (Tonno con cipolla in agrodolce). La diffusione delle ricette di tonno anche all’interno dell’isola è dovuta alla conservabilità ed alla economicità, in quanto non esistono scarti. In dialetto è túnnu, ma si fa un distinguo con la femmina, la túnnina, considerata di maggior pregio. A riguardo, alcuni indicano la il termine túnnina un taglio del tonno, verso il petto.
Ecco la ricetta, che ho trovato fra i miei appunti di gastronomia (il piccolo Moleskine nero contiene reperti che custodisco gelosamente) e vita varia. L’ho confrontato – per non incorrere in gaffe che non mi posso assolutamente permettere – con la ricetta riportata in Profumi di Sicilia, Giuseppe Coria, prefazione di Antonino Buttitta, Vito Cavallotto editore, II edizione 2006:
Passare le fette di tonno nella farina; farle rosolare in un capace tegame con olio d’oliva evo (non lesinate gente non lesinate!); salare con moderazione, prelevarle dal tegame delicatamente e metterle a scolare l’eventuale eccesso di olio. Tagliare a fette larghe ma non troppo sottili le cipolle dopo averle decorticate e tenute per un po’ in acqua. Appena dorate sfumare con l’aceto nel quale sarà stato sciolto lo zucchero. Aggiungere quindi le fette di tonno precedentemente cotte, infilarle nella cipolla e fare insaporire per 5-6 minuti.
Ingredienti: 1kg di tonno tagliato a fette abbastanza spesse (1 cm), 4 cipolle grosse, 1 dl di aceto bianco (1/2 bicchiere), 1 cucchiaio di zucchero bianco. Gradevolissima l’aggiunta di foglioline di menta.

[15]   Denominazione di Origine Controllata e Garantita.

[16]   Mi viene da piangere… mi viene da piangere..!

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